25.10.2008
Ricordo di Vittorio Foa di Pietro Marcenaro. Intervento pronunciato ai funerali mercoledì 22 ottobre 2008 . 1. C'è stato un tempo nel quale i comizi erano ascoltati. Parliamo di un'altra epoca. I leaders politici li preparavano con cura e i ragazzi come me li andavano a sentire tutti, quelli dei partiti più vicini e quelli degli avversari, per conoscere e imparare, anche così, qualcosa di più.
Era il giugno 1965 e a Genova c'erano le elezioni amministrative, alle quali il PSIUP partecipava per la prima volta dopo la sua costituzione.
In Piazza Verdi, davanti alla stazione, parlava Vittorio Foa.
Era una giornata calda, di sole ormai estivo. Non ho mai dimenticato quella figura in canottiera bianca e bretelle rosse che parlava in modo chiaro e stando all'essenziale, per non più di mezz'ora.
Il pubblico era ammirato, ma anche un po' insoddisfatto e alla fine sembrava dire : ancora.
E' il primo ricordo personale che ho di Vittorio.
2. Non si può capire né conoscere Vittorio senza Torino e senza la Valle d'Aosta e le montagne che di quella Torino sono parte.
Anche l'esperienza del carcere - a Regina Coeli o a Civitavecchia - se si leggono le sue lettere sembra in realtà svolgersi a Torino.
La formazione e gli studi, la cospirazione, la resistenza e poi l'impegno sui grandi temi della condizione operaia come condizione umana e del rinnovamento del sindacato e della costruzione dell'unità , hanno Torino come scenario.
Ma negli ultimi quindici anni Torino ha invaso anche Formia : per quanto tempo ai primi di novembre si è svolto quel curioso trasporto dal nord al sud di cardi e tapinabò per preparare nella cucina di piazza dell'Olmo colossali bagna caude?
E poi quel bisogno fisico e intellettuale della montagne, un bisogno di respirarne l'atmosfera anche quando i suoi occhi gli rendevano molto difficile vederle e il viaggio da Formia, prima a Cogne e poi a Morgez, diventava ogni anno più faticoso.
Torino e le montagne non erano solo un luogo reale di incontri, di amicizie, di affetti : erano anche il ricorrente ritorno alla sua giovinezza, un rinnovamento della memoria e con essa la ricostruzione di una energia intellettuale e umana.
3. Prendete due fotografie. La prima ritrae, dall'alto di un aereo, un vasto panorama.
La seconda dentro lo stesso paesaggio fotografa in primo piano un fiore.
Chi mai penserebbe di stabilire tra esse una gerarchia e sostenere che nella prima c'è più conoscenza che nella seconda e non riconoscere semplicemente due conoscenze diverse?
Così tra la memoria di un vecchio e quella di un giovane non c'è una relazione gerarchica tra il più e il meno, ma il confronto tra due memorie diverse.
Molti hanno ricordato lo straordinario rapporto di Vittorio con i giovani : alla base penso ci sia questo riconoscimento che è quello che rende possibile una comunicazione tra eguali. Non credo di esagerare parlando di una diversa epistemologia.
Vittorio era al centro di una rete di relazioni vastissima e nell'ascolto, nella reciprocità che distingue la comunicazione dalla propaganda, non perdeva ma acquistava autorevolezza. La sua curiosità era in primo luogo per le persone e fino quasi agli ultimi giorni non solo ha rivisto vecchi amici ma ha risposto positivamente alla possibilità di nuovi incontri.
4. Si è spesso parlato dell'ottimismo di Vittorio contrapponendolo, ad esempio, al supposto pessimismo di un suo grande caro amico come Norberto Bobbio.
A me, in questi anni è sembrato di vedere una cosa molto diversa : una profonda fiducia nelle persone e nella loro irriducibile libertà .
Nulla era più lontano dalla cultura di Vittorio della rappresentazione dei meccanismi sociali come meccanismi dispotici che annichiliscono l'uomo e la sua possibilità di scelta. Che si trattasse del lavoro vincolato alla catena di montaggio o del condizionamento dei sistemi dell'informazione Vittorio ha sempre pensato che, alla fine, ci fosse uno spazio incomprimibile di autonomia delle persone.
Alla libertà si può solo rinunciare e anche in carcere - paradossalmente ma non troppo - si può vivere come la persona più libera del mondo. La libertà e l'autonomia sono state il centro del suo pensiero politico e sociale, della sua visione della democrazia. Su questo c'è stata una straordinaria sintonia con un uomo come Bruno Trentin.
5. Ieri e oggi molti si sono stupiti di un tributo così ampio e corale a Vittorio e alla sua figura. Io non credo che si tratti di un omaggio rituale o ipocrita.
Forse c' è un bisogno profondo che unisce in uno stesso sentimento parti diverse e che si esprime in occasioni come queste.
Un bisogno di serietà , di coerenza e di onestà . Un bisogno di punti di riferimento morali. Un bisogno di esempi.
In Vittorio - che da molto tempo ci ripete che bisogna prima chiedersi cosa è giusto e cosa sbagliato e non cosa è di destra e cosa di sinistra - molti hanno trovato questo esempio.
Mi chiedo perché questo bisogno emerga solo in così particolari circostanze e non possa invece vivere, come Vittorio sperava, come tratto quotidiano della nostra democrazia.
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