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Scuola: dichiarazione di voto della sen. Finocchiaro (PD) |
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29.10.2008
SENATO DELLA REPUBBLICA - Mercoledì 29 ottobre 2008
I. Dichiarazioni di voto e votazione finale del disegno di legge: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 1° settembre 2008, n. 137, recante disposizioni urgenti in materia di istruzione e università (Approvato dalla Camera dei deputati) (1108)
FINOCCHIARO (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà .
FINOCCHIARO (PD). Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori
rappresentanti del Governo, forse la migliore definizione di questo
complesso di interventi sulla scuola e sull'università l'ha data la
presidente di Confindustria, la dottoressa Marcegaglia, che ha detto
che questa non è una riforma ma un taglio. Esattamente: si taglia.
Una disposizione destinata esplicitamente al contenimento della spesa
pubblica (l'articolo 64, comma 6, ma anche l'articolo 67, destinato
all'università , della legge n. 133): una norma ideata sulla scorta di
un'esigenza contabile diventa, direi per precipitato, riforma.
Qualcuno ci aveva lavorato prima? Non ci pare. Si erano riuniti
didatti, psicopedagogisti, insegnanti, presidi, direttori didattici,
docenti universitari e rettori per discutere della riforma necessaria
della scuola e dell'università italiana? Si sono convocate le
Regioni, gli enti locali, i sindacati? No. Si è sentito il parere del
Consiglio superiore della pubblica istruzione? Non pare. Otto anni di
sperimentazione per il modulo, nel passato non toccato dalla ministra
Moratti? Roba vecchia.
Colpisce la relazione del provvedimento, il modo con cui viene non
giustificato; un cambiamento così radicale introdotto nella scuola
elementare, la sesta al mondo, secondo le classifiche redatte dalle
agenzie internazionali. Chi l'ha detto che debba essere così? Il
ministro Gelmini. E perché? Perché il ministro Tremonti ha deciso di
tagliare proprio sulla scuola, proprio sulla scuola elementare.
E chi
ha deciso che l'università , la scuola, il sapere, la formazione e
l'apprendimento non sono una priorità per un Paese in difficoltà ? Chi
ha deciso che per superare la crisi non bisogna, come avviene altrove
nel mondo, anche nei Paesi emergenti, puntare sull'intelligenza, sui
talenti, sul sapere, sulla competizione di ciò che si sa, di quello
che si vale? Nessuno. Erano ragionamenti troppo complessi se si
doveva approvare una manovra in nove minuti e mezzo.
D'altra parte, a che serviva? Tanto agli italiani si ammanniva il
grembiulino, il sette in condotta e il maestro del libro "Cuore" e
questo sarebbe bastato ad ammansirli: saranno tutti contenti,
vedrete, finisce lì. Non è andata così, ministro Gelmini, non è
andata esattamente così.
Quello che colpisce di queste giornate complesse, difficili e
talvolta anche aspre, è questo disprezzo per le ragioni degli altri,
questo «non cale». Chi protesta, chi non è d'accordo è disinformato,
strumentalizzato, facinoroso, o è, come dice il presidente Gasparri,
un cretino in malafede.
Mi colloco spontaneamente nella categoria, anzi tutto il mio Gruppo:
tutti cretini in malafede! (Applausi dai Gruppi PD e IdV) E bugiardi
anche, sì, anche fascio-comunisti. Mentre là fuori, ovunque, nelle
scuole e nelle università , ci sono non solo studenti, ma anche tanti
docenti, tanti studiosi. Mi ha colpito molto l'atteggiamento dei 500
matematici a congresso la scorsa settimana qui a Roma. Matematici, si
figuri: non pericolosi eversivi, ma gente con la testa tra le nuvole,
che ragiona con i numeri e che fa tornare i conti. Ma non quelli che
lei intende, non quelli che intende il ministro Tremonti. Tutta gente
che chiede più scuola, non meno scuola; più sapere, non meno sapere;
più ricerca, non meno ricerca.
E poi c'è il suo silenzio, ministro Gelmini, me lo lasci dire,
indifferente, opaco, ma anche così esplicito. Ieri in quest'Aula lei
è stata incalzata dai nostri colleghi, ripetutamente le sono state
poste alcune domande dal senatore Rusconi, dalla senatrice
Garavaglia, dalla senatrice Soliani. Sono le stesse domande che si
fanno migliaia di famiglie italiane, le persone in carne ed ossa,
come si diceva una volta.
Gliene ricordo una per tutte, quella che riguardava il tempo pieno:
ma insomma, il tempo pieno c'è o non c'è nella scuola che lei
immagina? Se c'è, accogliete i nostri emendamenti: sono quelli che
mettono in chiaro l'ambiguità del vostro comportamento. Rispetto a
tali questioni lei ha taciuto, ministro Gelmini, e lo comprendiamo;
peraltro oggi su «Il Sole 24 ORE» un articolo molto informato e molto
competente ci spiega che il tempo pieno, se ci sarà , lo dovranno
pagare le scuole e i Comuni.
Colpisce, di fronte a questo silenzio, a questa afasia, mi lasci dire
a questa cupa determinazione, la parola degli studenti. Io ho qui
poche righe degli studenti del liceo classico "Orazio" di Roma, che
saranno ragazzi provenienti da famiglie diverse per collocazione
sociale e che probabilmente hanno anche ideali diversi, pensano
diversamente, si collocano diversamente sull'incerto scacchiere della
politica, se dovessimo definirlo secondo le trancianti e
inappropriate distinzioni che avete fatto voi in questi giorni. «Non
essendo stati ascoltati da nessuno riguardo a questa riforma sentiamo
il bisogno di portare la nostra voce all'interno dell'Aula del
Senato. L'Italia ha assistito in questi giorni alla discesa in piazza
di decine di migliaia di studenti di ogni ordine e grado. Persino
professori, docenti universitari, dirigenti scolastici hanno tentato
di difendere questa scuola che sino ad oggi è riuscita a garantire a
tutti i giovani un dignitoso livello di istruzione nonostante i
numerosi tagli di cui essa è stata spesso oggetto».
Non sono di parte: difendono la scuola pubblica. «Oggi il Ministro
della pubblica istruzione sta cercando di infliggere un colpo di
grazia alla nostra scuola che dalla fine della Seconda guerra
mondiale garantisce in modo paritario un'adeguata istruzione, perché
tutti abbiano la possibilità di inserirsi nel tessuto sociale del
nostro Paese, un Paese democratico».
Si dice, poi, in fondo: «Questo non è un semplice decreto, signori
del Governo, Presidente del Senato, onorevoli senatori: questo è il
nostro futuro, è il futuro del Paese. È a voi che rivolgiamo
l'ultimo, estremo appello perché qualcuno finalmente prenda
finalmente in considerazione il nostro parere, quello degli
studenti». Non sono parole di facinorosi, non sono parole di
eversori: sono le parole di ragazzi e di ragazze che possono essere
tranquillamente i nostri figli, gli amici dei nostri figli, i nostri
parenti; ragazzi e ragazze che avvertono questo rischio. Cosa c'è di
ingiurioso per tacere di fronte a questo, ministro Gelmini, e per
negare il confronto, una parola d'ascolto, una parola di dialogo?
Ho riletto in questi giorni il libro bianco, il patto per
l'università , la relazione della commissione per la finanza pubblica,
anche questa tagliata da Tremonti perché costava troppo. Mi hanno
colpito tre aspetti che, ministro Gelmini, farebbe bene a rileggere
perché sono assai interessanti: il rigore con cui viene analizzata la
situazione della scuola pubblica italiana e della pubblica
università , la tensione verso il miglioramento di tali istituzioni,
la competenza con la quale si lavora a questi temi; in più, la
necessità avvertita in ogni momento di tenere insieme le esigenze di
una sana contabilità pubblica e la massimizzazione degli effetti di
una scuola e di un'università che funzionino. Merito,
professionalità , competenza - le ho contate - sono le parole che più
volte ricorrono in quel testo e, insieme, la ricerca del confronto.
Penso a quante parole sono venute, anche questa mattina in
quest'Aula, sull'assenza di una nostra proposta. I giornali oggi
riportano le proposte del PD. Quante proposte erano contenute in quel
patto per l'università e in quella relazione e ancora nel libro
bianco! Mi chiedo altresì quanta strumentalità in questo continuo
j'accuse, visto che «proposta» significa anche capacità di
apprezzarla, di discuterla, di valutarla, e non mi pare che da parte
vostra ci sia stato un cenno, uno solo, che andasse in questa
direzione.
Voi pensate che una volta approvato questo decreto sia finita qui, ma
non è così per noi; credo che non sarà così neanche per il movimento
che si è acceso nel Paese. Fra poco ragioneremo in quest'Aula sul
decreto-legge n. 154 del 2008 sulla sanità , ed esamineremo la norma
che prevede il commissariamento delle Regioni che non ottemperino al
diktat di abolire alcuni istituti scolastici. Lo ricordo al
presidente Bricolo per due ragioni. In primo luogo perché questo
dimostra qual è la concezione della relazione fra Stato centrale e
Regioni, e mostra - mi perdoni - come la vostra battaglia sul
federalismo fiscale si sia ridotta a una bandierina agitata (Applausi
dai Gruppi PD, IdV e UDC-SVP-Aut).
Lei ha dichiarato poco fa in quest'Aula sulla territorialitÃ
dell'insegnamento: solo insegnanti padani in Padania. Non sapete che
vi perdete! (Applausi dai Gruppi PD, IdV). Ho l'impressione, almeno
per quanto mi riguarda, che queste parole peseranno come un macigno
sulla strada dell'approvazione del federalismo.
Signor Ministro, lei ha dichiarato «gutta cavat lapidem»: la goccia
del suo silenzio, della sua muta determinazione, della sua cieca
obbedienza al dettato tremontiano, del suo tapparsi le orecchie e
anche la bocca, ma le voci entrano lo stesso, Ministro (Applausi dal
Gruppo PD); entrano, turbano il suo silenzio e irrompono, disordinano
e poi ricompongono. Lei, che mi pare adusa alle Sacre Scritture, se
lo ricorda? En arché én ho lógos: in principio era la parola, prologo
del Vangelo secondo Giovanni. L'inno al lógos: in principio era la
parola. (Applausi dal Gruppo PD). Da lì, dal lógos, anche il dia-
lógos, il dialógos, più forte della pietra, ministro Gelmini, più
ostinato del suo silenzio, e pare una pietra tombale
sull'approvazione di questo provvedimento. Mentre fuori c'è la vita.
Ha ragione il Presidente Fini: fuori c'è la vita. Ricordi, l'afasia è
sempre stata cantata, già dalla Bibbia, come il momento più tragico
della sofferenza umana. Lo dice anche l'inno del Nabucco. Dice
Quasimodo che i poeti attaccano le cetre alle fronde dei salici
quando il piede dello straniero pesa troppo sopra il cuore. (Applausi
dai Gruppi PD e IdV).
PRESIDENTE. Senatrice Finocchiaro, la invito a concludere.
FINOCCHIARO (PD). Inoltre dice Montale: «Non chiedeteci la parola che
squadri da ogni lato, questo dirvi possiamo, ciò che non siamo ciò
che non vogliamo». Esattamente ciò che avete dimostrato, ciò che non
siete, ciò che non volete: una scuola libera che funzioni, che formi
nuove classi dirigenti, un'università che consenta a questo Paese di
entrare a pieno titolo nel futuro. (Applausi dai Gruppi PD, IdV e UDC-
SVP-Aut. Congratulazioni. Commenti dal Gruppo PdL).
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