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Pensioni...Bastano gli incentivi?
27.08.2003

Bastano gli incentivi"

L'unica certezza è che giovedì il Consiglio dei ministri fisserà una data per la fatidica riunione ristretta in cui il governo - rappresentato dai ministri Tremonti, Maroni, Buttiglione e Alemanno - dovrà cercare una posizione unitaria sul tema pensioni. Per il resto, ormai siamo al brainstorming: solo che, invece di chiudersi in una stanza e innescare una tempesta di idee, i vari pezzi più o meno grossi del centrodestra preferiscono esternare individualmente, chi in un'intervista, chi in un filo diretto coi radioascoltatori, chi in una nota diramata alla stampa. Il risultato è che la confusione è alta, tanto quanto il rischio che si scateni il panico tra i lavoratori (come ha paventato qualche giorno fa Savino Pezzotta), con conseguente corsa ai prepensionamenti.

A proposito di interviste, oggi il ministro del Lavoro Maroni ne ha rilasciate due, al Corriere della Sera e a Repubblica, per difendere ancora una volta l'impianto della "sua" delega sulla previdenza da interventi più drastici.

"La legge delega - dice il ministro al Corriere della Sera - stabilisce che chi decide di rinviare la pensione riceva in busta paga almeno il 50% dei contributi non più destinati alla previdenza, ed è una quota decisamente superiore a quanto previsto nella norma del centrosinistra. La quota che va al lavoratore si potrebbe ora aumentare ancora portandola al 100%. Lo stipendio di chi resta al lavoro salirebbe così del 32,7%, cioè di quasi un terzo". "Il risultato di allungare l'età media effettiva di 2-3 anni - prosegue Maroni - si può ottenere solo sulla base degli incentivi. Detto questo, si può anche prevedere una verifica, per vedere se il sistema funziona oppure no, e se non funziona si può sempre modificare". "L'unico modo serio per far partire la previdenza complementare - aggiunge - è quello di utilizzare il Tfr. Non si tratta di dire se è obbligatorio oppure no. Semplicemente, l'istituto del Tfr si trasforma da trattamento di fine rapporto a investimento nella previdenza complementare. Magari con alcune eccezioni. Non si può pensare che il lavoratore a cui mancano pochi anni di attività debba mettere la sua liquidazione in un fondo pensione, perché non avrebbe senso. Si potrebbero quindi mantenere le eccezioni attualmente previste per l'anticipo del Tfr per motivi di salute e per la prima casa. Poi, visto che il Tfr dà un rendimento stabilito per legge, si potrebbero discutere forme di garanzia".

Nell'intervista a Repubblica, invece, Maroni apre ai sindacati: "La riforma previdenziale passa inevitabilmente per il dialogo sociale, l'unica via percorribile e socialmente sostenibile, anche se a volte può risultare difficile". Maroni parla anche del doppio binario: "Perché le pensioni dei dipendenti privati sono calcolate sugli ultimi cinque anni e quelle pubbliche solo sull'ultimo mese?". Prima di intervenire sull'età - sottolinea Maroni - "bisogna eliminare gli abusi, come alcune pensioni di invalidità al Sud. In una città del Meridione, gli invalidi sono il 20 per cento. A Bergamo solo l'un per cento. E' evidente che ci sono degli sprechi".

Insomma, dopo lo stop di Fini a intervenire sull'anzianità (ricordiamo che Berlusconi aveva proposto un aumento di 5 anni dell'età pensionabile), anche gli uomini della Lega pongono i propri paletti. Anche il sottosegretario al Welfare Alberto Brambilla, infatti, critica l'ipotesi di intervenire sull'anzianità. 'Il problema vero - dichiara alla Padania - non riguarda l'età pensionabile ma l'allontanamento forzato dei dipendenti dal mondo del lavoro. Oltre il 55% di tutti coloro che sono andati in pensione quest'anno sono stati allontanati volontariamente dalle aziende... Su 58 mila persone che sono andata in pensione di anzianità, il 55% non vi ha fatto ricorso volontariamente ma è stato espulso dal sistema produttivo per fare fronte a crisi, ristrutturazioni...' 'Incentrarsi solo sulle pensioni di anzianità - aggiunge Brambilla - significa fare una riforma estremamente parziale perché una regione come la Lombardia che è vicina all'autosufficienza tra contributi e prestazioni (...) verrebbe penalizzata'. 'Le riforme che sono state fatte - conclude il sottosegretario - hanno garantito i risparmi che dovevano dare ma hanno un difetto: andranno a completamento a regime intorno al 2020-2022. (...) E' ora che si cominci a porre in essere qualche misura'.

(26 agosto 2003)

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Pezzotta e Angeletti: sì agli incentivi.

Per la Cgil invece non bastano

La proposta del ministro del Lavoro convince i leader di Cisl e Uil e si guadagna invece la bocciatura della Cgil. Roberto Maroni, in una doppia intervista a Corsera e Repubblica, ha proposto di impostare gli interventi sul sistema previdenziale solo sugli incentivi, senza prevedere forme di disincentivazione e senza alzare i tetti d'anzianità, semmai aumentando la quota ricevuta dal lavoratore che posticipa il pensionamento portandola al 100% dei contributi non più destinati alla previdenza. In questo modo le buste paga aumenterebbero di oltre il 30%. Per il segretario confederale della Cgil, Morena Piccinini, la proposta di Maroni non è sufficiente perché il prolungamento dell'attività lavorativa dovrebbe avere effetti anche ai fini pensionistici. "Abbiamo sempre sostenuto che per ragionare di invecchiamento attivo sia importante parlare di incentivi che permettano la volontarietà della scelta - spiega Piccinini in una nota - Siamo naturalmente contrari ai disincentivi. Gli incentivi per essere usufruiti devono essere vantaggiosi: in questo senso non ci sembra sufficiente parlare di un aumento della retribuzione per il periodo di prolungamento del lavoro. Riteniamo che quel prolungamento debba anche servire ai fini pensionistici. Inoltre gli incentivi si devono collegare ad una diversa politica del mercato del lavoro, perché non dimentichiamo che ora sono le imprese che sollecitano il lavoratore ad accedere al pensionamento, appena raggiunto il requisito, in un processo di espulsione diffuso che si accompagna alla espulsione con le mobilità". Secondo Piccinini, poi, "non sono invece condivisibili tutte le altre proposte del ministro Maroni, sia per quanto riguarda il pubblico impiego che per quanto riguarda il resto della delega previdenziale sulla quale confermiamo la nostra richiesta di modifiche radicali (vedi decontribuzione e prelievo obbligatorio del TFR."La linea di dare degli incentivi con la salvaguardia dei diritti acquisiti è una linea che si può perseguire. Poi se è il 30% o il 35% possiamo discutere", questo invece il commento di Savino Pezzotta (Cisl). "Se lo strumento è quello di salvaguardare i diritti acquisiti - ha detto Pezzotta in un'intervista a Radio Radicale -, di mantenere la volontarietà e incentivare la permanenza, mi sembra che sia un strada che si può perseguire". Quella degli incentivi è l'unica misura sulla quale il segretario generale della Cisl è disposto a trattare. Sugli altri interventi ipotizzati in questi giorni (parificazione pubblico-privato, anzianità...) Pezzotta è categorico: "Prima di arrivare al pubblico impiego ci sono altri privilegi da toccare'. Mentre riguardo all'aumento dell'età pensionabile, Pezzotta ricorda "che bisogna smettere di continuare a fare proposte alternative diverse all'interno del governo, perché questo crea una situazione di panico, per cui l'obbiettivo che tutti vorremmo raggiungere attraverso gli incentivi e la volontarietà, che la gente permanga di più al lavoro, viene annullato da queste dichiarazioni. Basta vedere quante sono le domande per andare in pensione che si sono accumulate proprio sulla base di queste dichiarazioni. Sarebbe meglio che il governo, se ha un'idea, se ha una proposta, la facesse - aggiunge -. Poi se la proposta mi piace gli dirò di sì, visto che non ho pregiudiziali. Se la proposta non mi piace, come sindacato farò le mie battaglie per fargli cambiare opinione. Però occorre uscire da questa situazione di indeterminatezza che sta facendo danni al sistema previdenziale italiano".

 Anche Luigi Angeletti condivide la proposta di Maroni. In una intervista a RadioRai il segretario generale della Uil ha definito gli incentivi una "scelta intelligente, moderna e liberale" che ottiene il risultato di aumentare l'età pensionabile attraverso la decisione volontaria delle persone di restare al lavoro. Angeletti ha ribadito che per quanto riguarda l'età pensionabile "non esiste una anomalia italiana" perché l'età media di uscita dal lavoro nel nostro Paese è di 59 anni e cinque mesi, pochi mesi al di sotto della media. No infine all'ipotesi di blocco delle finestre di uscita per anzianità attraverso un decreto. "Non risolve i problemi - ha detto - ci opporremo".

Di tutt'altro avviso, invece, il vicepresidente della Confindustria Guidalberto Guidi, che sempre a RadioRai ha sostenuto che "gli incentivi non sono sufficienti". Guidi ha sottolineato come la questione non sia una "bandiera della Confindustria" ma un "problema del Paese". Se si vuole ridurre la pressione fiscale e il costo del lavoro - avverte Guidi - si deve incidere sulla spesa corrente e quindi sulle voci che la compongono (sanità, pubblico impiego, pensioni).

 Nel frattempo, di fronte alle ipotesi di intervento sulla previdenza dei dipendenti pubblici, si registra la levata di scudi dei sindacati di categoria. Oggi, in una conferenza stampa, il segretario generale della Funzione pubblica Cgil, Laimer Armuzzi, ha confermato che il suo sindacato è pronto alla mobilitazione contro ipotesi di intervento che manomettano le attuali regole per il pensionamento dei dipendenti pubblici. Armuzzi ha spiegato che le proposte in circolazione nascondono in realtà "la volontà di stravolgere il sistema previdenziale del nostro Paese". I due sistemi (pubblico e privato) secondo la Fp-Cgil sono sostanzialmente equivalenti. Se infatti è vero che per l'anzianità maturata fino al 1992 il calcolo retributivo prevede per i dipendenti pubblici che si tenga conto dell'ultima retribuzione percepita (invece che della media degli ultimi cinque anni) è anche vero che in questa non si tiene conto del salario accessorio (circa il 30% del totale). "Non ci sono motivi - ha detto Armuzzi - di toccare il sistema pensionistico. L'obiettivo di questo governo è sbaraccare gli elementi solidaristici del sistema sociale. Si vuole fare cassa per fare fronte al disastro dell'economia'. "Ci mobiliteremo a fronte di qualsiasi tentativo di manomissione del sistema - ha detto Armuzzi -. Non escludiamo il ricorso allo sciopero. Il governo piuttosto - ha avvertito - dovrebbe attivare per i dipendenti pubblici la previdenza complementare, questo sì un antidoto alla fuga verso le pensioni di anzianità".

(26 agosto 2003)

fonte: http://www.rassegna.it

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