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Ora anche noi ricchi in America ritagliamo i buoni sconto»
2.01.2009

«Ora anche noi ricchi in America ritagliamo i buoni sconto» di Corrado Binacchi . La villa immersa nel verde di Flossmoor, sobborgo chic alla periferia sud di Chicago, è al sicuro. Pagata fino all’ultimo cent, con un mutuo a 15 anni estinto in poco più di 8. E anche il reddito non è a rischio, perché il datore di lavoro è la Chicago University. Ma gli effetti della crisi finanziaria che è partita dagli States per arrivare a stritolare il mondo intero, si fanno sentire anche in una famiglia tipo dell’upper class americana. Lui, Stefano Guandalini, 61 anni, è un professore di gastroenterologia pediatrica di fama mondiale. Lavoro duro, posizione sociale prestigiosa, stipendio molto robusto e una vita in giro per il mondo per partecipare ai migliori convegni di medicina. Lei, la moglie, Greta Furlani Guandalini, 59 anni, è una mantovana che ha lasciato la città trent’anni fa per seguire il marito nelle diverse tappe di una carriera avvincente costruita prima in Italia e poi oltreoceano. Un diploma da maestra messo frettolosamente nel cassetto per dedicarsi esclusivamente alla cura dei figli e della famiglia, e un lavoro da casalinga lontano anni luce da termini come subprime, stagflazione e rischio insolvenza. Eppure... «Eppure - racconta la donna in visita a Mantova per incontrare parenti ed amici - scopriamo tutte le sere, a cena davanti alla tv, di essere diventati più poveri». Le breaking news che diventano un bollettino di guerra, gli indici di borsa che si trasformano in fendenti, le immagini dei risparmiatori in coda per ritirare i soldi davanti agli sportelli bancari chiusi che toccano dritte le corde del cuore. «Un pezzetto del nostro gruzzolo, dei risparmi che dovrebbero servirci quando mio marito andrà in pensione, diminuisce ogni giorno che passa, si sgonfia ad ogni movimento all’ingiù dei mercati internazionali». E’ il sistema perfetto che rischia di far danni, molto seri, anche dentro le case di chi è ricco. Il villaggio del golf. La continua altalena di Wall Strett, il tempio della finanza mondiale, oggi si è impadronita del futuro di casa Guandalini. La coppia, negli Stati Uniti da oltre dieci anni, ha scelto il villaggio di Flossmoor per mettere radici. E’ un sobborgo di Chicago, novemila anime che vivono nelle ville in pietra e in legno, sviluppatosi negli anni attorno ai numerosi campi da golf. «Quando abbiamo comprato la nostra casa - racconta Greta Furlani - abbiamo fatto un mutuo della durata di 15 anni ma con un po’ di risparmi che avevamo messo da parte, una piccola eredità e con lo stipendio di mio marito, siamo riusciti ad estinguerlo in soli otto. Ricordo ancora l’interrogatorio rigoroso che ci fecero quando andammo in banca per avere il finanziamento. Ed una delle cose che ci siamo chiesti spesso, negli ultimi mesi, è come abbia fatto il sistema americano a dare credito a tante, troppe persone che forse non avevano la capacità di pagare rate così elevate, per di più in un periodo di tassi di interesse crescenti». La risposta, oggi, è sotto gli occhi di tutti, anche nel quartiere chic immerso nel verde. «Anche dove abitiamo noi è pieno di case in vendita - continua la donna - molte belle ville erano di proprietà di giovani manager che, evidentemente, hanno fatto il passo più lungo della gamba». L’erba del vicino. Sarà anche più verde, ma di certo, a casa Guandalini, non invidiano il prato del vicino. Questione di dettagli, si dirà, ma che fanno capire come anche la ricca borghesia americana sia costretta, in questa fase, a tirare la cinghia. «Da un paio di mesi anche la mia vicina di casa, moglie di un neurologo, ha cominciato a tagliare il prato da sola - racconta la donna mantovana emigrata negli Usa - sulle prime non mi spiegavo perché passasse così tanto tempo a passare avanti e indietro il tosaerba, poi ho realizzato che anche il giardiniere può essere un lusso superfluo in una situazione di crisi come quella che stiamo vivendo». Anche la moglie del professore, adesso, sta bene attenta ai conti. «A dir la verità non sono mai stata una spendacciona - sottolinea - certo, in passato ho fatto fare diversi lavoretti domestici ad un contractor (un tecnico che si occupa di tutte le manutenzioni n.d.r.) che adesso pretende 60 dollari all’ora. Sì, è molto preparato, ma per alcuni lavori oggi è meglio aspettare». A rischio anche il contratto della donna delle pulizie. «Quando la benzina è salita oltre i 4 dollari al gallone mi ha chiesto un aumento, dice che non ce la fa più a mantenere l’auto. Vedremo». Occhio alle spesa. Il taglio alla spesa online - comoda per la consegna della merce a domicilio ma decisamente troppo cara - è stata la prima strategia ‘difensiva’ adottata dalla casalinga di Flossmoor. «Da qualche tempo abbiamo organizzato la spesa dividendo gli acquisti in tre diversi mall - continua la Guandalini - da una parte compro solo la carne e il pesce, nell’altro la roba fresca, mentre il terzo, più piccolo, va bene per la merce ingombrante. Certo, fino a qualche mese fa con 80 dollari riuscivo a riempire un carrellone tra rotoli di carta, detersivi e prodotti per la casa, oggi per la stessa spesa devo sborsare tra i 120 e i 130 dollari. Pazzesco». L’ultimo rilevamento prezzi risale a pochi giorni prima della partenza per l’Italia. «Due tranci di tonno, nemmeno mezzo chilo, per 20 dollari. Mio marito, uno che adora il pesce, mi ha detto che avrei dovuto lasciare il pacchetto in pescheria. Forse aveva ragione». Altra novità, per casa Guandalini, è spulciare l’edizione domenicale del quotidiano alla ricerca dei buoni sconto da ritagliare e da spendere nei supermercati. «Prima neanche sapevo esistessero, sfogliavo distratta e buttavo il giornale, ora li conservo con cura e non mi perdo un’offerta speciale». Anche l’upper class americana taglia poi le spese per i divertimenti. «Qualche sera fuori a cena ce la concediamo ancora - dice - ma anche noi abbiamo cominciato a sostituire la trattoria italiana o il ristorantino etnico con il McDonald’s. In giro vedo invece ancora molti giovani che spendono senza porsi troppi problemi, convinti forse della bontà dei messaggi che arrivano dai commentatori di tv e giornali». Anche nella metropoli, però, si avverte l’aria di crisi. «Le vetrine di alcuni dei migliori negozi di Chicago chiudono - spiega la donna - e il sindaco, che tiene la città come un gioiello, ha già annunciato l’intenzione di aumentare le tariffe dei parcheggi per far quadrare i conti. Ovviamente i commercianti non ci vogliono sentire, convinti che così si spingerà la gente ancora di più nei mall». Il ciclo economico. «Ai giovani dicono di star tranquilli, tanto i mercati torneranno a correre e le quotazioni a salire - racconta la Guandalini - dicono che il ciclo economico sia così. Il vero problema, per noi, è rappresentato dal fondo pensione di mio marito. In novembre andremo a rinegoziare i benefit concessi dall’università ma il gruzzolo che abbiamo accantonato negli anni, e che il fondo ha investito in azioni, continua a diminuire». Un’angoscia quotidiana, che pone interrogativi seri sul futuro. «Mio marito ha 61 anni, potrebbe già andare in pensione anche se gli esperti dicono che in questa fase è meglio restare al lavoro». Greta sa bene cosa voglia dire avere a che fare con il sistema previdenziale e sanitario degli Usa. «Abbiamo una polizza assicurativa che copre tutto e che ci costa una fortuna - dice - eppure quando mi sono ammalata al cuore, rischiando di morire, la compagnia ha subito respinto la pratica. Secondo loro non avevo diritto al rimborso per la terapia sperimentale con le cellule staminali, ed è servito un ricorso per spuntarla». Senza la copertura assicurativa la famiglia avrebbe dovuto spendere 190mila dollari in cure e terapie mediche. «Per questo dico a tutti gli italiani di tenersi ben stretto il sistema di welfare che c’è. Avrà anche tanti buchi ma non lascia nessuno senza assistenza». La speranza. I Guandalini sono cittadini americani, e già nel 2004 votarono per i democratici. «Noi tifiamo per Obama, un uomo retto, ‘pulito’, che dà l’impressione di essere in grado di portare una ventata di aria nuova. E tutti noi sappiamo quanto ce ne sia bisogno negli Usa».

 

In Romagna l'incontro col marito Adesso la nuova vita a Chicago

 

 

 

Greta Furlani Guandalini nasce a Mantova cinquantanove anni fa, nella casa di famiglia di via Montanara a Curtatone. Il padre è avvocato, la mamma si dedica invece alla famiglia. E’ nel 1966, durante una vacanza estiva con i cugini in Romagna, a Torre Pedrera, che Greta incontra Stefano Guandalini (la sua famiglia è originaria di Reggio Emilia, da parte di papà, e di Messina da parte di mamma). La classica storiella estiva tra la studentessa delle magistrali e il futuro professore di pediatria inizia quasi per gioco, ma in breve tempo il legame sentimentale diventa saldo. Due anni dopo Greta è pronta infatti a lasciare la città per seguire il fidanzato, che a Messina muove i primi passi verso un’importante carriera nel campo della medicina. Nel 1969 il primo viaggio negli States, dove Guandalini, su invito di un professore universitario che ne intuisce il grande talento, svolge un anno di ricerca. Negli Stati Uniti nasce intanto il primo figlio, Marco. Nel 1970 la coppia torna in Italia. Il marito di Greta si laurea in medicina ed inizia la sua specializzazione in pediatria, spostandosi da Messina a Catanzaro, e quindi a Napoli. All’ombra del Vesuvio la famiglia (che nel frattempo si è allargata: è nata la seconda figlia Liliana) mette radici. Nel 1983 un primo contatto con l’Università di Chicago sfuma mentre nel 1994 l’operazione Usa va in porto. E nel 1996 Stefano Guandalini prende servizio come professore di pediatria e capo del dipartimento di gastroenterologia, epatologia e nutrizione pediatrica della Chicago University (oggi il professore dirige anche il Celiac Desease Center dell’Università). Durante la permanenza a Napoli Greta si dedica per diversi anni alla cura della famiglia. Poi, quando i figli iniziano le scuole medie, inizia a lavorare prima come contrattista per il centro di coordinamento della malattia celiaca e poi come segretaria dell’endocrinologia chirurgica dell’Università di Napoli. Negli Stati Uniti d’America la donna deve affrontare anche la prova più dura della sua vita. Combatte infatti contro una rarissima malattia al cuore con un trapianto di cellule staminali. Una terapia sperimentale, che le salva la vita. Oggi sta bene e può fare una vita normale. Da Chicago collabora con l’associazione Mantovani nel Mondo.

di Corrado Binacchi

Gazzetta di Mantova del 27.10.2008

( in collaborazione con l’Ass. Mantovani nel Mondo Onlus

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