6.01.2009
Il centro storico di Genova e le periferie lasciate al loro destino.Il Centro Storico di Genova, come d'altronde le periferie della città , continua ad essere lasciato al suo destino ed al contempo usato - ma sarebbe meglio dire: abusato - per ottime campagne mediatiche e per la spartizione di un bel po di fondi pubblici, cioè soldi dei cittadini, che così si vedono beffati - ma sarebbe meglio dire: truffati - due volte...
Agli occhi dei cittadini ormai risulta chiarissimo che non si
vogliano risolvere i problemi. A partire da quello sociale. Se lo si
risolvesse non sarebbero più giustificabili i fondi che
sistematicamente vengono elargiti dalle pubbliche amministrazioni per
far fronte all'emergenza sociale (sempre con tante belle
dichiarazioni del "noi investiamo per il sociale"... "noi abbiamo a
cuore i problemi"... "noi facciamo scelte per il popolo"). Se lo si
risolvesse, inoltre, quella miriade di strutture "assistite" con le
elargizioni di denaro pubblico non avrebbero più ragione di esistere
e, quindi, di essere sovvenzionate. Comprendiamo che essendo,
fondamentalmente, della stessa "famiglia" chi da e chi prende le
sovvenzioni per gli "interventi sociali"... risolvere il problema
significherebbe gettare sul lastrico la "famiglia" stessa, con i
politici-amministratori che non possono più puntare sul cavallo di
battaglia (la questione sociale del loro cuore, sic!) e gli amici ed
amici degli amici che operano con i soldi pubblici dovrebbero
dedicarsi ad altro. Se il "giochetto" si rompe sarebbero guai per
tutti loro... quindi non si risolve il problema sociale, così che
tutti loro possano avere un futuro garantito.
Attenzione, questo non vuole dire che non ci siano le competenze,
soprattutto nella rete sociale, per risolvere il problema,
tutt'altro... le competenze e le risorse ci sono tutte, ma lo spirito
di autoconservazione dei "professionisti" della politica e del
sociale, è la prima causa del perpetuarsi del disagio sociale,
dall'emarginazione alla devianza. L'assistenza e non quindi
l'inclusione sociale è il fallimento delle politiche sociali, in
quanto è finalizzata a creare meccanismi non di soluzione ma di
perpetuazione di intervento. Il problema è: si prende coscienza di
questo o no? Coloro che dovrebbero essere i beneficiari degli
interventi sociali, vogliono o no "liberarsi" anziché venire da un
lato emarginati e dall'altro usati - cioè sfruttati -
dall'assistenzialismo? Questo può essere ancora tollerato? Noi
crediamo di no.
Vediamo un esempio concreto. La questione prostituzione e tratta. Il
sindaco Marta Vincenzi-Marchese e l'assessore alla Sicurezza
Francesco Scidone, hanno promosso una campagna mediatica
straordinaria sulla questione del bassi. Hanno tra i primi in Italia
usufruito di quanto stabilito nel famoso "pacchetto siciurezza"
varato dal Governo. Hanno promosso un'Ordinanza che proibisce l'uso
dei bassi per la prostituzione. Quindi: un provvedimento che ottiene
soluzioni effettive, concrete, nella direzione esattamente opposta a
quella del contrasto alla tratta, e quindi allo sfruttamento... che
non risolve alcun altro aspetto della questione "prostituzione", anzi
lo aggrava!
Nel centro storico di Genova, come altrove, la prostituzione si
divide fondamentalmente in due: quella forzata (sfruttata) e quella
scelta (o subita per necesita, ma senza sfruttamento).
Chi sfrutta la prostituzione ha a disposizione ingenti disponibilitÃ
di denaro, denaro sporco, da riciclare e non ha problemi (come hanno
già fatto!) ad acquisire immobili, appartamenti, dove costringere
alla prostituzione le vittime della tratta, e quindi può quindi
eludere tranquillamente l'Ordinanza sui bassi... e la prostituzione
si sposta ai piani alti.
Chi per scelta o per necessità si prostituisce, senza protettore, per
poter continuare finirà nelle mani dei boss che hanno già una
consolidata disponibilità immobiliare nel centro storico (e non
solo!) e che saranno ben fellici di allargare la cerchia della loro
"merce".
In più, fatto che dimostra l'assoluta (e si potrebbe dire
'pervicace') assenza di volontà di soluzione della piaga dello
sfruttamento della prostituzione è che se la prostituzione si sposta
negli appartamenti, diviene praticamente impossibile quell'azione
(assai efficace!) di presa di "contatto" tra quelle realtà sociali
effettivamente e concretamente impegnate nell'azione di
accompagnamento alla "fuoriuscita" dalla rete di sfruttamento. Negli
appartamente i volontari, gli educatori, gli operatori di starda come
possono attivare il "contatto"? Ma questo non ce lo si è domandati
nel momento in cui si è fatta l'Ordinanza, perchè quello che conta,
per i politici-amministratori non è risolvere i problemi (anche
quelli drammatici delle vittime della tratta), bensì solo quello di
ottenere visibilità attraverso titoli da prima pagina sui quotidiani
e servizi tv di sicuro impatto. Il problema lo si sposta, dove è meno
visibile, dove lo sfruttamento può essere perpetuato e accentuato,
dove le possibilità di "liberazione" sono ridotte ai minimi termini
e, dove l'occhio della cosiddetta "morale" non vede... dando la
sensazione, la percezione (parola che la politica, non a caso,
adora), che il problema sia stato risolto come da titolo di giornale
e servizio trasmesso dal tubo catodico. Quindi, alla fine di tutto,
lo sfruttamento, anche di minori, sia maschile che femminile, può
continuare senza problemi lontano da occhi indiscreti, come possono
anche essere quelli di "sentinelle" della legalità , ovvero di
cittadini, ad esempio, che vedono il mafioso passare a ritirare
l'incasso e decidono di segnalarlo alle autorità preposte che invece
che ringraziare le "sentinelle" le aggrediscono, ovvero anche lontano
dal controllo del territorio che le forze dell'ordine, come i reparti
investigativi, possono attuare.
In parallelo a tutto questo, come dicevamo, chi ha "liberamente"
scelto di prostituirsi è costretto ad avvalersi del supporto
logistico delle organizzazioni mafiose che gestiscono la tratta e
possono "ospitarle" nei loro spazi, coprendole con la loro ala
"prottettrice".
Da vittime di un esclusione socio-economica devastante divengono così
anche vittime di quello sfruttamento mafioso... da cui non è, lo
sappiamo, facile sottrarsi. Anche qui: perchè non si adottano
interventi diversi? Perchè non si promuove un inserimento sociale di
quanti e quante ad esempio scelgono questa strada per necessità di
sopravvivenza? Perchè non si riconoscono, come in altri Paesi i
diritti - e quindi le tutele! - a chi invece sceglie questa come
professione? Cerchiamo di uscire dall'ipocrisia di un moralismo che
rischia solo - come sta facendo - di creare danni devastanti e nuova
esclusione sociale!
Vediamo un altro esempio dell'aspetto sociale che viene affrontato
troppo spesso a slogan e per puri fini di bottega dalla politica e
dalle amministrazioni senza il minimo intento di concretezza. La
questione dei migranti, cioè di una grande parte della popolazione
del centro storico genovese.
L'eslcusione sociale da un lato non fa altro che alimentare, giorno
dopo giorno, tensioni e quindi conflitti, e dall'altro va ad
alimentare le fila della manovalanza per le mafie italiane che, così,
possono liberamente gestire i loro traffici ed affari con la
sicurezza che tanto a venir beccati sono quegli 'ultimi' che il
"sistema" ha spinto inesorabilmente tra le braccia dei boss, prima
con la gestione dell'immigrazione clandestina e poi con lo
sfruttamento per i lavori sporchi, rischiosi, quelli sulla strada ed
il caporalato.
Negare che questo sia un aspetto della realtà dei migranti non aiuta
all'integrazione e condanna ad essere servi delle mafie chi cerca
solo un affrancamento dalla povertà .
Affermare che i migranti siano, in quanto tali, criminali, è una
gravissima generalizzazione che non fa altro che alimentare
ignoranza, esclusione, conflitto e, quindi, lo spingere questi, di
nuovo, tra le braccia dell'unica fonte di "protezione"... cioè le
mafie. (A Ventimiglia, i venditori ambulanti stranieri sono spariti
dal giorno alla notte; sembra che il problema della loro presenza sia
stato risolto con l'intervento di alcuni "figuri" saliti dalla
Calabria che hanno provveduto nel ricordare chi comanda
"effettivamente" sul territorio. E' questo il modello a cui ci si
vuol rifare? Pare proprio di si, ma forse lo si capirà meglio dopo,
al termine di questa analisi della situazione).
In questo quadro la mancanza del riconoscimento, ad esempio, del
diritto pieno alla libertà di culto significa alimentare quanti tra i
migranti vogliano promuovere conflitti, radicalizzazioni,
rafforzamenti delle sottoculture del clan! Anche qui si parla e
straparla spesso della necessità del rispetto delle regole, che poi
si è i primi a calpestare, per opportunismo ed egoismo, cioè per
quelle stesse ragioni per cui gli immigrati vengono bene per i lavori
"sporchi", per essere "servi", della nostra civiltà . Ci dimentichiamo
che nel settore edile, ad esempio, come anche in altri tra cui
l'assistenza, vi è un uso diffuso di lavoro nero che constringe
essere umani a condizioni di lavoro e vita profondamente lesive sia
dei diritti dei lavoratori sia della dignità umana. Qualcuno potrebbe
dire ed il Sindacato? Quale? Quello che si ricorda delle vittime sul
lavoro, dei lavoratori in nero sfruttati e massacrati, solo dopo i
fatti drammatici come incidenti o morti, ma normalmente, volta il
capo dall'altra parte, pur riempendosi la bocca di parole come "no al
razzismo" ed "accoglienza", durante il resto dei giorni?
Concretamente anche qui, quindi, politiche di integrazione efficaci
non se ne vedono, nonostante fondi elargiti e progetti si susseguano
da decenni. Fondamentalmente per la stessa ragione del primo aspetto
affrontato: si vuole dare assistenza, rendere comunque "dipendenti" e
non invece "liberare" i migranti, nel perpetuarsi di quella cultura
dell'oppressione che unifica ormai, nei fatti, la cosiddetta destra e
la cosiddetta sinistra, che non a caso sostiene come ragione
dell'"accoglienza" non l'uguaglianza bensì l'"utilità " degli
immigrati per la nostra economia.
Andiamo avanti? Vogliamo parlare di altri aspetti, di quelli tanto
enunciati dai politici ed amministratori, come la questione
vivibilità e sicurezza? Vediamo, brevemente.
La questione vivibilità del centro storico genovese è spesso
alimentata dalla discussione sulla cosiddetta movida. Cioè, in
realtà , sulla questione della possibilità negata di dormire la notte
per gli abitanti e della possibilità di avere spazi di aggregazione
aperti. Ora partendo dal presupposto che c'è una questione di fondo
che sarebbe bello affrontare e cioè: gli spazi di aggregazione sono
solo attività commerciali (tipo pub, bar, locali vari), spesso
mascherate da "circoli"? Una visione un po' consumistica dello spazio
di aggregazione, secondo il nostro parere. Infatti per noi spazio di
aggregazione è dove vi è interazione, dove vi è spazio per la
creatività , l'incontro culturale oltre che "il bere" qualcosa. E'
l'opposto del consumismo. Uno spazio di aggregazione non può avere
costi proibitivi per grande parte dei giovani, dagli studenti ai
precari... Uno spazio di aggregazione dovrebbe educare a non abusare
di alcolici e superalcolici, e non invece promuoverne, come avvine,
l'abuso con offerte e superofferte! Ma questo per chi amministra non
conta, sono bazzecole, visto che non si vuole affrontare il problema.
Anche qui l'ipocrisia regna sovrana e la capacità , come la volontà ,
di affrontare seriamente il problema non appare concretamente
all'ordine del giorno delle scelte della Pubblica Amministrazione.
Infatti si cerca di barcamenarsi con un colpo al cerchio ed uno alla
botte che non risolve un bel niente di niente, mascherandosi dietro
ad affermazioni tipo: "ma se si chiudono i locali, torna la droga",
come se la droga non ci fosse ugualmente, oppure "ma non si possono
lasciare i giovani senza spazi di aggregazione", come se, ripetiamo,
le Istituzioni possano mascherare l'assoluta mancanca di spazi
pubblici, accessibili, con il rilascio di licenze commerciali o
surrogati per pseudo-circoli mascherati. Tutto questo mentre i
soggetti preposti al controllo da parte della Pubblica
Amministrazione hanno la parvenza di carrozzoni di acquiescenza,
nella migliore delle ipotesi, se non di corruttela, nella peggiore,
che permettono a chi unge di avere la chiamata preventiva annunciante
i controlli, ad esempio. Siamop davanti ad Autorità che di fronte a
prove inconfutabili di violazioni, reiterate e gravi, affermano "il
non luogo a procedere", tanto da permettere a chi viola le leggi ed è
amico dei politici-amministratori, di ricordare ciò in pubblica
adunanza a prova della propria impunità ed al contempo minacciare,
indicandolo apertamente, chi ha osato indicare gli illeciti commessi,
sotto lo sguardo indifferente (e quindi complice) dei pubblici
amministratori.
E non si parli poi dell'ipocrisia sulla "Genova, città turistica".
Questa vocazione è innata in Genova, ma non se ne vede conceta
traccia, se non per un turismo mordi e fuggi concentrato tra Porto
Antico - Piazza De Ferrari - Via Garibaldi. Se Genova fosse una cittÃ
turistica il lungomare di Corso Italia sarebbe vivo, ad esempio, e
non terra deserta. Così sarebbe la passeggiata di Nervi... Sarebbero
i parchi che invece sono lasciati in condizioni pietose ed alla sola
cura dei volontari. Sarebbe il recupero del Parco dei Forti e dei
forti stessi. Sarebbe che, magari, ci sarebbe un Ostello accessibile
e adeguato. Se lo fosse non sarebbe "pulita" e promossa solo nella
suo salotto buono, tutto concentrato in una porzioncina del centro.
Se lo fosse non sarebbe impossibile, come è, promuovere eventi e
spettacoli al di fuori dei grandi eventi pubblici, ed i settori che
si occupano di eventi potrebbero finalmente lavorare. Il turismo che
oggi giunge a Genova è prevalentemente puro turismo di età avanzata,
da comitive che girano per musei ed alla sera tutti svaniscono in
albergo. E' un tursmo che non coinvolge i giovani, perchè quella che
viene offerta è una città che al tramonto è morta. Una città della
noia, dove, pur nonostante la presenza, da sempre, di un grande
fermento creativo, soprattutto tra le giovani generazioni, non vi
sono spazi per esprimerla. Quindi non ci si renda ridicoli sostenendo
che la "movida" è il volto della "città turistica", ci vuole ben
altro e soprattutto un'altra cultura di cui oggi non vi è traccia,
tanto meno nelle menti degli Amministratori pubblici tutte
concentrate esclusicamente a consolidare la propria corte clientelare.
Nel frattempo nel centro storico genovese, dopo Ordinanze e annunci
eclatanti, cosa è cambiato? Nulla! E dalla città vecchia continua la
fuga di residenti, continua ad alimentarsi tensione e conflitti!
Tutto secondo il copione di quanti vogliono il perpetuarsi di una
situazione in cui gli immobili vengono venduti sottocosto da chi
scappa, così chi si possa speculare senza ostacolo, mentre il tessuto
della comunità viene smembrato passo dopo passo!
La questione sicurezza del centro storico genovese non è alla fine
molto complessa, in termini di analisi della realtà .
Ne abbiamo già parlato a lungo ed il problema fondamentale è che il
centro storico di Genova, (come è avvenuto per le altre periferie
urbane) è stato diviso in due settori. Da una parte quello che deve
essere e restare "pulito" e dall'altra quello che è territorio
lasciato agli affari delle mafie. Un "equilibrio", intoccabile, che
dovrebbe garantire che ognuno possa agire senza conflitti palesi e
senza che scorra sangue... (per i regolamenti di conti vi è
naturalmente il nulla osta, tanto la mentalità collettiva questo lo
ha sempre accettato con la logica del "finchè si ammazzano tra
loro"). La situazione prediletta dalle mafie che se possono fare
quello che vogliono non hanno bisogno di rendersi visibili,
tutt'altro, possono liberamente coordinarsi perchè ce n'è per tutti,
senza troppi rischi (che poi si scaricano sugli 'ultimi' a partire
dalla manovalanza straniera). Si vuole negare questa constatazione?
Difficile, si dovrebbero negare i fatti, la realtà tangibile!
Restando ai fatti del centro storico, non possiamo non vedere - e
come noi chiunque voglia guardare ai fatti reali - che vi sono due
zone. Quella del cosiddetto "quadrilatero" dove tutto deve filare
liscio, dove tutto deve essere in ordine e pulito, dove sono stati
investiti milioni su milioni (di euro) per costruire quella
cosiddetta "immagine" di città turistica da prima pagina delle
riviste patinate. E dall'altra parte tutto il resto del territorio,
ad est come a ovest, la zona di San Bernardo da un lato e quelle
della Maddalena e di Prè dall'altro. La "salubrità " del
"quadrilatero" è garantita dal lasciare "liberi tutti" nell'altra
zona. (Persino via Barbi, la zona universitaria, di giorno è viva, la
sera terra di nessuno, come ogni carruggio che scende a mare).
Peccato che nel "liberi tutti" chi vince è la violenza e prepotenza
mafiosa, che si sostituisce di fatto (secondo i 'patti' indicibili)
alle Istituzioni. Le regole civili, la legalità è garantita al
"quadrilatero" quanto l'illegalità è libera di perpetuarsi al di
fuori di questo. Un equazione perfetta e perversa, alla faccia dello
Stato di Diritto e della tanto richiamata vivibilità !
La realtà devastata del centro storico genovese non fa altro che auto-
alimentarsi. Infatti ogni tentativo di attivazione di maggiori
controlli del territorio non fanno altro che spostare il problema nel
vicolo più vicino, quando non addirittura, come è successo alla
Maddalena, dopo l'Ordinanza sui bassi, non lasciano libero spazio a
"prove di forza" da parte della criminalità organizzata che
permettono - quando non promuovono direttamente - episodi di
cosiddetta micro-criminalità , come ad esempio gli scippi, finalizzati
al lanciare ineqivocabilmente il messaggio: se ci lasciate fare
quello che vogliamo nessuno vi tocca, se limitate la nostra libertÃ
d'azione allora potete essere vittime di scippi o altro. I segnali
che le mafie lanciano sono sempre chiari: se noi controlliamo il
territorio e l'omertà protegge i nostri affari e traffici potete
vivere tranquilli, altrimenti la pax svanisce!
Ecco che così si hanno intere zone destinate alla prostituzione,
altre allo spaccio, altre al gioco d'azzardo, altre
all'organizzazione della tratta e dei traffici illeciti. Zone e
personaggi ben conosciuti, a cui viene lasciato campo libero nel nome
di quel 'indicibile' patto, di quell'equilibrio, che è lo stesso che
poi permette di fare il pieno di voti, in quelle stesse zone ai
personaggi politici, dell'una e dell'altra parte, che nei momenti di
decisione non fanno altro che lasciare che le cose restino così come
sono! I proclami, le belle parole sono da prima pagina, mica devono
tradursi in provvedimenti effettivi ed efficaci, altrimenti, torniamo
al punto di partenza: i problemi si risolverebbero e non ci sarebbe
più spazio per la logica del ricatto, del clientelismo, "del favore"
anziché "del diritto"... non vi sarebbe più spazio per la cultura
mafiosa che non è più solo quella delle cosche, non è solo più quella
dei boss ben conosciuti e protetti, ma è ormai propria del "sistema"
di Potere che gestisce la cosa pubblica.
Se il problema si risolvesse non ci sarebbe più bisogno di elargire
fondi per sostenere le "rinascite" (sic!) di questa o quella parte
della città vecchia, come alla Maddalena o Prè. Se il controllo del
territorio fosse quello dello Stato, cioè delle Istituzioni, non ci
sarebbero vicoli dove "non è opportuno passare", non ci sarebbe la
necessità di chiudere angoli e crocevia con "cancelli",.... vi
sarebbe vivibilità e quindi sicurezza. Ma questa soluzione significa
rompere quel patto "indicibile", spezzare quell'equilibrio, e quindi
vorrebbe dire arrivare allo scontro con quelle mafie che via via si
sono infiltrate nell'economia legale, inquinandola e
condizionandola,... significherebbe rompere la garanzia di pacchetti
di voti che con il voto di scambio sono garantiti ai personaggi
dell'oligarchia politico-amministrativa che da decenni fanno in
questa zona il pieno ad ogni elezione,... significa fare pulizia tra
i funzionari delle Autorità e degli Enti pubblici che si sono
mostrati inclini al compromesso ed omettono di compiere il loro
dovere, o, nella migliore delle ipotesi si piegano davanti alla
minaccia e intimidazione.
Ed allora anche qui... l'ipocrisia dei Presidenti di Municipio che,
ad esempio, applaudono alle iniziative e rivendicazioni dei cittadini
ma poi si mostrano reverenti e chini agli altri oligarchi del Potere
locale... perchè una cosa è la propaganda... un'altra è il fare... ed
il fare fa correre qualche rischio. Ancora, di nuovo, l'ipocrisia di
un Comune che sapendo tutto questo non fa nulla, se non quando viene
"spintonato" - e quindi costretto - per alcuni piccoli "contentini",
ma che poi non sceglie di attuare le scelte radicali necessarie.
Ancora, nuovamente, l'ipocrisia dei "professionisti" del sociale che
non possono non conoscere questa realtà ma che fanno finta di nulla,
perchè, in fondo, questa situazione garantisce il "bisogno" di loro
per perpetuare progetti inutili volti, come visto, al perpetuarsi di
una situazione devastatante.
L'esempio del "Patto della Maddalena" è emblematico. Un progetto con
finanziamenti da paura che era conosciuto dalla sole segrete stanze
che l'hanno partorito (nemmeno l'assessore alla Sicurezza del Comune
o il Reponsabile Ufficio Stampa del Sindaco lo conoscevano!). Un
progetto che non è stato scritto con il coinvolgimento dei cittadini.
Un progetto che può essere il più perfetto di questo mondo ma che se
non è affiancato da un intervento sociale, cioè da un intervento
complessivo per garantire che il controllo del territorio sia
sottratto alla criminalità organizzata, non servirà proprio a
nulla... ancora, di nuovo! Dire questo è essere contrari alla
"rinascita"? Per nulla, è essere per la "rinasciata" vera che si
fonda sulla rinascita di una "comunità ", contro le logiche
assistenziali che, con sperpero di risorse utilissime, lasciano
intatto il problema, la radice del problema che così potrà riprodursi
senza freno, mentre gli Amministratori pubblici si vanteranno di aver
stanziato un milione di euro qui, un milione la ed un altro milione
per un'altra area ancora, ringraziati e riveriti da certi giornalisti
asserviti e da militonti ben indottrinati.
Inoltre se una delle nostre richieste è stata accolta, facendo sì che
ogni richiesta di contributi a fondo perduto per la "rinascita" della
Maddalena e di Prè venisse mandata alla DIA per le opportune
verifiche, per affrontare il problema questo, lo ripetiamo, non
basta. Non si può infatti pensare che l'unica soluzione per
ristabilire la legalità nel centro storico sia quella repressiva e
giudiziaria. Chi lo pensa è un folle! Infatti, ad esempio, se i
contributi per la "rinascita" vengono elargiti solo a qualle realtÃ
non in difficoltà ... ci si prende in giro! Chi è in difficoltà non
accederà ai sostegni del "Patto della Maddalena" e quindi è
condannato a chiudere i battenti, così come hanno chiuso uno dopo
l'altro i negozi storici della Maddalena in questi anni, nella totale
mancanza di attenzione da parte della Pubblica Amministrazione. Chi
non è in difficoltà e potrà quindi accedere agli aiuti, deve avere un
bel gruzzoleto per integrare il contributo pubblico... e chi può
farlo? In una situazione di devastazione socio-economica come questa
solo chi non ha alcun problema di fondi... e tra questi chi si
schiera in prima linea? Quella zona grigia, fatta di prestanome della
criminalità mafiosa, che ha disponibilità ingenti di denaro sporco da
riciclare, oppure quanti si rivolgeranno ai boss per entrare nella
loro corte. Questo anche perchè, non dimentichiamolo, le stesse
banche che riciclano tranquillamente il denaro sporco, senza
segnalare i movimenti sospetti, e che concedono mutui ed ipoteche ai
mafiosi senza alcuna garanzia, sono le stesse banche che non
concedono mezzo euro a chi non si presenta con protettori, padrini o
santi! Vogliamo parlarne?!?
Questa è la realtà del centro storico genovese. Vogliamo affrontarla
seriamente o vogliamo continuare a prenderci in giro? Gli unici che
stanno affrontando seriamente questa situazione sono i Liberi
Cittadini della Maddalena, con i rappresentanti dell'associazione
Centro Storico Est. Loro hanno preso coscienza della relatà , non
hanno sposato alcuna iniziativa o campagna, bensì hanno assunto, con
la loro capacità critica, consapevolezza di quale sia la realtà che
li circonda ed hanno capito che occore agire come "comunità " perchè
le cose possano davvero cambiare. Ma le Istituzioni ancora latitano,
fanno la lista della spesa delle bazzecole ad ogni incontro...
incontro dopo incontro. Poco si vede, e soprattutto mai si notano
quegli interventi effettivamente necessari e risolutivi! Esempio
emblematico di questo, oltre alla questione dei beni confiscati a
Cosa Nostra in Vico delle Mele - di cui abbiamo ampiamente parlato -,
è il famoso Centro Interforze delle Vigne. Aperto e diventato
stazione della Polizia Municipale, perchè era impensabile con un
qualsiasi minimo ragionamento logico, che funzionasse. Nessuno, sotto
gli occhi degli scagnozzi dei boss mafiosi, sarebbe mai entrato per
fare segnalazioni e denunce! Non è difficile da capire... ma tant'è
si sono sperperati soldi, forze e tempo. Altro esempio concreto? Bene
iniziamo da destinare la Loggia di Banchi, come i beni confiscati di
Vico delle Mele, al gruppo dei Cittadini Liberi del centro storico,
perchè vi sia un uso polifunzionale e pubblico concreto (e non
mediatico e di facciata, magari sotto qualche sigla di "moda"), dove
si possano promuovere, con la collaborazione di tutte le realtÃ
sociali e culturali, con le comunità straniere, quelle attività che
ad esempio al Cep di Prà sono state promosse dal volontariato con il
Consorzio Pianacci, dimostratesi capaci di ricostruire il senso di
appartenenza ad una comunità solidale e libera (non assistita e
quindi non ricattabile!).
La rinascita passa dalla cittadinanza attiva... certo questa crea
problemi seri alla credibilità dei cattivi amministratori pubblici,
ma è una risorsa straordinaria per le Istituzioni che volessero
davvero risolvere la questione alla radice!
fonte:
Ufficio di Presidenza Casa della Legalità di Genova
http://www.casadellalegalita.org
sabato 03 gennaio 2009
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