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Pd: 6 regole per renderlo dinamico (di Stefano Ceccanti) |
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19.01.2009
Quali principi per un corretto ed efficace rapporto tra Pd ed eletti?
Primo:
ricordarsi che entrambi sono al servizio dei cittadini. Il primo come
associazione; i secondi, dentro le istituzioni, oltre che rispettare le
leggi e rispondere ai propri elettori devono tener particolarmente conto
dell'insieme della popolazione. I conflitti sono fisiologici perché non ci
sono compartimenti stagni, ma il rispetto reciproco non può venir meno.
Secondo: il Pd non può proporre la restaurazione del passato, sia pensando a
diktat sugli eletti, sia proponendo di regredire dall'elezione diretta, che
condurrebbe all'impotenza decisionale, il contrario di ciò che serve.
Terzo:
gli eletti non debbono credere di essere infallibili. Nella Chiesa cattolica
il singolo vescovo è il successore degli apostoli, ma nessuno lo ha mai
pensato infallibile e, se gli si riconosce il "carisma della sintesi", cioè
un ampio potere di decisione, ciò non significa che egli sia "la sintesi dei
carismi", il tutto che assorbe ogni altra istanza. Nel nostro caso i gruppi
consiliari esistono: anche l'approvazione di una mozione di sfiducia da
parte loro porta ad elezioni.
Quarto: rispettare le diverse logiche. E'
giusto che chi governa un'amministrazione si preoccupi di dare risposte
immediate, ma un partito deve ragionare anche sul medio-lungo termine.
Quando un'amministrazione sembra aver chiuso il proprio ciclo chi governa
può decidere di proseguire, ma chi dirige un partito ha il dovere di
preparare già il ciclo successivo, ancor più se chi si trova lì
all'opposizione non dice granché. Aldo Moro, in una situazione in cui
l'alternanza non era possibile, affermò che il suo partito doveva dimostrare
di essere "alternativo a se stesso". Non è lesa maestà riproporre oggi
quella stessa indicazione.
Quinto: evitare di perdere tempo con falsi capri
espiatori come attribuire le difficoltà del Pd a fattori esogeni come un
presunto complotto della magistratura (neanch'essa infallibile) o endogeni,
come la scelta di organizzare il Governo Ombra, che rappresenta una modalitÃ
moderna, ancorché migliorabile, di combinare lavoro parlamentare e lavoro di
partito.
Sesto: un partito federale si affida alle autonomie, ma se esse si
dimostrano non in grado di realizzare le finalità comuni non esita ad
utilizzare incisivi poteri di commissariamento. Federalismo non fa rima con
omissione, con accettazione passiva di un'anarchia localistica.
Il Pd ha giÃ
pagato a sufficienza in termini elettorali per la balcanizzazione della
coalizione dell'Unione contro l'apparente uniformità della Pdl; ci manca
solo che diventi al suo interno come l'Unione.
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