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L’alluvione del 20/01/2009 del fiume Magra
24.01.2009

L’alluvione del 20/01/2009 del fiume Magra. Eccoci all’ennesima alluvione nel Magra, soprattutto in zona foce, figlia delle devastazioni e degli squilibri delle dissennate opere del passato, che ancora gravano pesantemente sugli equilibri idraulici, idrogeologici ed ecologici del fiume.

È vero che a causa dell’effetto serra le piogge cadono in sempre meno giorni e sempre più concentrate e violente soprattutto nel clima autunnale, o pseudo – autunnale come quello di questi giorni, ma la maggior parte delle colpe di queste calamità è sempre attribuibile ai cattivi interventi in loco del recente passato.

Dalle escavazioni in auge negli anni ’60-’70 ad opere di regimazione fluviale invasiva, come quelle che degli anni 80 (e ben diverse dalle opere assennate oggi previste dall’Autorità di bacino), al taglio della vegetazione che velocizza l’acqua, i problemi del presente hanno le loro radici in tali anni cruciali.

Gli interventi del passato sono oggi smentiti dalla moderna scienza della Riqualificazione Fluviale (RC), la quale rigetta il metodo delle escavazioni, delle regimazioni rigide e della devegetazione, che nel nostro fiume sarebbe ancora più devastante e controproducente oggi di ieri; infatti:

l'ipotesi di tornare a scavare nel fiume non avrebbe senso e sarebbe anzi nociva per diversi motivi; il fiume non è sovralluvionato, come dimostrato dagli studi di bacino, anzi, a valle del ponte della ferrovia di Sarzana, l'incisione ha raggiunto quote di 11-14 m. sotto il piano campagna, e quindi il fiume è profondamente inciso; un fiume inciso è profondamente squilibrato da un punto di vista idraulico, ma anche idrogeologico, abbassando la falda anche delle aree circostanti, il che nel basso Magra significa risalita dell’intrusione salina.

L'incisione prosegue anche più a valle, dove è solo in parte camuffata dal fatto che è scesa addirittura al di sotto del livello del mare, che ha invaso l’alveo per 8 km; l'incisione, come detto, crea diversi problemi, sia sulla falda, che si abbassa e per 14 km. è ormai salinizzata, sia sulle piene, visto che le aree esondabili naturali sono ormai divenute terrazzi fluviali, inondabili solo dalle piene massime trentennale e duecentennale, mentre la piena non così estrema, anche se straordinaria come quella del 20 Gennaio, nell'alveo inciso, si incanala in uno spazio ristretto, uscendo in prossimità della foce compressa e quindi potenziata, con le conseguenze di questi giorni.

la soluzione è quindi quella di rinaturalizzare più possibile il bacino, cominciando dal tratto terminale del Vara prima della confluenza (c'è già il progetto dell'Adb Magra, ma nessuno lo finanzia), con la creazione in quel sito di spazi per alveo in modellamento attivo (libera divagazione).

Reinnalzare, poi, l’alveo nel tratto terminale, sostituendo, almeno sopra la linea di navigabilità, all'acqua salata, che non viene scacciata dalle piene le quali su di essa "scivolano", del materiale solido inerte per il reinnalzamento alveo e il discaccio del cuneo salino.

Proseguire, infine, con la ricreazione, nel tratto terminale del Magra di un profilo meandriforme, Riqualificando anche i due rami morti di Camisano e Alberone, rendendoli nuovamente lanche, cioè rami secondari del fiume con un’entrata e un’uscita (questo significherebbe, per Alberone, sostituire due pezzi di terrapieno autostradale con due brevi viadotti, ma ciò, nelle more della realizzazione della terza corsia autostradale, è affatto impossibile da farsi).

Non tagliare la vegetazione in alveo, che ha l’effetto di frenare le onde di piena.

Altre soluzioni complementari, per le aree urbane, sono rappresentate dalle opere bio-ingegneristiche di messa in sicurezza delle aree abitate, previste dal’Autorità di bacino; infatti al Piano di Arcola, dove tali opere sono state realizzate, da dichiarazioni rese sulla stampa dello stesso Sindaco, risulta che i problemi creati dal fiume in piena sono stati insignificanti.

Il Cafaggio di Ameglia può essere messo in sicurezza dalla trentennale e dalla duecentennale, quindi a maggior ragione dalle piene, sia pure straordinarie ma non estreme, di quest'anno: basterebbe completare il terrapieno armato, di cui è stato costruito finora solo il pezzo centrale, per il solito motivo della penuria finanziaria; quanto a Bocca di Magra e Fiumaretta, ci risulta che l'Adb avrebbe già pronta la soluzione, in assenza di scolmatore: un argine basso,se si vuole mettere in sicurezza dalla trentennale, alto se si vuole scongiurare anche la duecentennale.

Se tale ipotesi non si è ancora realizzata la responsabilità è politica, di coloro non vorrebbero nemmeno l'argine basso per il timore, a nostro parere infondato, che ciò possa diminuire l’appetibilità turistica dei due Borghi; ora Bocca di Magra e Fiumaretta non sono Borghi Medioevali e nemmeno Liberty, quindi non vi sarebbero nemmeno vincoli della soprintendenza, e inoltre l'argine basso sarebbe comunque sufficiente a evitare un'esondazione nemmeno trentennale come quella di martedì.

In conclusione quindi, se si vuole salvare la foce del Magra le soluzioni sono due: rinaturalizzare il fiume e terminare le opere previste, dando la priorità prima all'incolumità pubblica e poi al turismo, che secondo noi, poi, non verrebbe così penalizzato nemmeno da argini alti che diverrebbero delle passeggiate panoramiche sopraelevate sul fiume.

Il Presidente di Legambiente Liguria

Stefano Sarti

Il Responsabile Aree Protette e difesa suolo di Legambiente Liguria

Alessandro Poletti

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