12.04.2009
ALBE SPEZZATE - LA TERRA TREMA - DIARIO DI VIAGGIO DI DINO VIANI 8 aprile 2009 h 9.30, decido di partire per le zone terremotate senza una meta precisa, sento che devo andare con la consapevole frustrazione di non poter fare nulla. E' una reazione isterica alla paura, come il cane che si mette a correre all'infinito dopo lo scampato pericolo. Percorro la statale che da Chieti porta a Popoli, tutto intorno è come se nulla fosse accaduto, la vita scorre con i ritmi di sempre.
Il cielo sopra
di me è azzurro liquido, il sole cala a picco, il termometro di una farmacia
segna 27 gradi. Lungo la strada, ai soliti posti, c'è il porchettaro che
vende i panini, il contadino con finocchi e verdure, una donna anziana con
mazzetti di primule e violette, un signore con piccoli fascetti di asparagi
selvatici. E' primavera, lo si percepisce forte dalla luce e dall'aria che
s'impone sul paesaggio ancora un po' sonnolento, reminiscenze lievi
dell'inverno appena passato. All'altezza di Bussi, in una area riservata,
una famiglia fa pic-nic. Attraverso velocemente la galleria e giungo a
Bussi, due ambulanze imbiancate di detriti si dirigono silenziose verso la
costa.
La loro improvvisa apparizione rompono l'incantesimo suonando funeste dentro
di me, come una nota cupa che al cinema prelude al tragico, alle scene che
mettono paura. Faccio finta di nulla e vado avanti distratto dalla bellezza
del paesaggio delle piane di Navelli, i mandorli in fiore mi riportano alla
valle dei templi di Agrigento. Trattori giganti solcano la terra con grossi
aratri, altri concimano, sulla strada le ambulanze impolverate si incrociano
sempre più frequentemente. All'altezza di Castelnuovo mi fermo, alla mia
sinistra c'è il ristorante " La cabina ", rinomata trattoria, famosa per i
suoi piatti allo zafferano, prodotto tipico di questo altopiano che rende
gli alimenti di un colore giallo inconfondibile e un aroma indescrivibile,
una bontà unica. A distanza di secoli, questo prodotto autoctono, alimenta
ancora l'economia agricola di questi luoghi. La polverina preziosa viene
estratta ancora manualmente dai pistilli del suo fiore, poi essiccata al
fuoco con dei setacci prima di essere confezionata in minuscole bustine.
Alzo lo sguardo, l'edificio è sventrato, imploso, sembra colpito dall'alto
da una "bomba intelligente": travi spezzate come costole, mattoni, pietre,
tavoli, forografie di momenti felici e una lampadina che ondeggia nel vuoto,
sola. Svolto a sinistra verso il borgo antico, all'ingresso del paese una
signora anziana sbarra la strada come una sentinella. La donna ha lo sguardo
rivolto altrove, nel vuoto, e parla a ruota libera pronunciando parole
incomprensibili come un relè impazzito. Rimango impietrito a poca distanza
da lei e non so che fare, mentre imperterrita continua quella litania
infinita, impassibile, senza minimamente curarsi della mia presenza. Sembra
una casa miracolosamente rimasta in piedi ma implosa dentro e piena di
macerie.
Parla a bassa voce facendosi domande e riposte in un misto di inglese e
dialetto, ripete spesso Brisbane, Australia; parla della sua home con il
prato all'inglese: lu drimmes (dream), lu carre (car)con accento dialettale;
in dialetto stretto parla di una nave che parte da Napoli,1950, i genitori,
gli amici di scuola che chiama tutti per nome, e ad ognuno ripete: viste ca
successe mo? Fotogrammi da salvare, frammenti di pellicola di un film da
rimettere disperatamente insieme, quando si è perso tutto e si fa fatica a
dire al mondo di esserci stati, perché ognuno è quello che ricorda. Mi
tremano le viscere, la testa mi scoppia, vorrei mettere una mano davanti
alla sua bocca per non farla più parlare, oppure scappare ma le mie gambe
sono rigide e piantate sull'asfalto. Poco distante da lei, seduto sulle
scalette di una casa che non c'è più, un vecchio osserva attonito il via vai
frenetico di quelle strane macchine rumorose che da quelle parti sicuramente
non si erano mai viste. Le case sono attraversate da lunghe crepe, per lungo
e largo, alcune sono adagiate sul fianco, come donne anziane sedute, l'una
al fianco dell'altra, dopo una lunga camminata, altre sventrate. Il centro
storico non esiste più, secoli di bellezza e di storia in cumuli di macerie
e polvere. Le rondini che hanno nidificato sotto i cornicioni screpolati,
l'anno prossimo non troveranno più nulla. Gli elicotteri solcano senza sosta
il cielo azzurro, mi sembra di essere dentro un reportage tv da un luogo di
guerra. Vago tra le macerie di questo luogo fantasma, tra le ombre e le
anime dei morti che mi parlano, come Ulisse in cerca della voce della madre.
Dino Viani
Chieti 9 aprile 2009
Due parole su di me.
Faccio il cinema perché è l'unico modo che ho per dare forma ai miei sogni
e, soprattutto, perché ho da sempre una gran paura di morire.
Esprimermi con le immagini mi permette di vivere una vita sospesa tra il
sogno ed il reale.
Le prime lezioni di cinema mi sono state impartire dalla mia bisnonna di
cento anni, che mi teneva in braccio ipnotizzandomi con i suoi racconti di
fate, folletti ecc.
Il mio primo cinema è stato il focolare della mia casa di campagna, le ombre
riflesse sul muro e quelle degli antenati che tornavano a farci compagnia
nelle infiniti notti invernali.
Sono nato vecchio, così vecchio da sentirmi ogni giorno un bambino buttato
con profonda meraviglia sul mondo.
Fare il cinema è per me un grande privilegio, la quotidiana possibilità di
verificare il senso della mia presenza su questo mondo, per questo mi
piacerebbe farlo fino all'ultimo dei miei giorni, fino all'ultimo respiro.
La vita e la morte come un sogno, una magnifica illusione.
ALBE SPEZZATE / 2 - LA PRIMAVERA - DIARIO DI VIAGGIO DI DINO VIANI
La primavera nell'Abruzzo aquilano oltre al terremoto ha portato con sé
un'altra novità , un fiore di colore blu mai visto prima d'ora, spunta qua e
là come funghi in tutto il paesaggio. Sono le tendopoli della protezione
civile messi a disposizione dei terremotati come alloggi provvisori. Questi
prati hanno riposato per tutto l'inverno in attesa della pasquetta per
accogliere tutte le famiglie per la prima gita fuori porta. Passare da
queste parti in quel giorno significa imbattersi in un' orgia di odori,
profumi, suoni di ogni tipo: l'agnello alla brace, gli arrosticini,
timballi, organetti e ddu botte; balli, partite a pallone e pallavolo,
bambini che scorazzano da un lato all'altro della campagna. Ora in questi
prati c'è solo un silenzio cupo, greve, interrotto solo da qualche sirena
che passa per la strada. Dentro i campi abitano creature fantasma spogliate
della loro storia, del loro sguardo. Nei loro volti c'è la rabbia e
l'incredulità per quello che hanno perduto e la paura per quello che può
ancora accadere, vagano per la tendopoli come anime in pena, come matti in
camicie di forza dentro un manicomio.
Oggi sono stato nella tendopoli di Camarda, una meravigliosa comunità sulla
strada che porta ad Assergi a pochi km dall'Aquila, in questo paese per
fortuna non hanno avuto vittime, per questo i riflettori televisivi da
queste parti non si sono accesi e il dramma di queste persone,
nell'immaginario televisivo, non risulta, non esiste. A camarda il terremoto
non è passato. La Televisione è uno strano animale, un vampiro che per
vivere ha bisogno quotidianamente di sangue fresco, quando è sazio va via
all'improvviso senza preavviso come il terremoto. Così quello che sembrava
un problema collettivo ricade più forte che mai sulla solitudine dei
protagonisti. A questo tipo di comunicazione siamo abituati e ormai
assuefatti da tempo, come non ricordare la prima guerra in Iraq che sembrava
un meraviglioso video games, la gente al bar ne parlava con lo stesso impeto
di una partita di calcio il giorno dopo; allo stesso modo abbiamo continuato
a pranzare e vivere la nostra vita come se nulla fosse con la guerra nella
ex Jugoslavia ad un passo da noi. La tv ci allontana dalla materia viva,
dall'esperienza e ci avvicina quello che più ci fa comodo, con la scaltrezza
di uno sciamano della modernità ipnotizza le coscienze svuotandole di ogni
capacità critica. Il cinema evoca presenze e cerca di salvare l'uomo dalla
sua solitudine di fronte alla morte. La tv ha bisogno dell'oggetto, il
cinema lo allude e in quest'allusione è in grado di restituire il dramma di
un evento in tutta la sua devastante violenza. Anna Magnani che cade in "
Roma città aperta " è la guerra in tutta la sua devastante crudeltà . Immerso
in queste riflessioni sono richiamato dal rumore di una motosega. A poca
distanza da me incontro un ragazzo sulla quarantina intento a costruire una
baracca di legno sul cassone della sua vecchia ape arancione. Servirà per
passare la notte insieme alla sua amica del cuore, una cagna bellissima di
nome Nuvola. I cani non sono ammessi nelle tende e Paolo, senza perdersi
d'animo, sorride orgoglioso come un pastore afgano e continua il suo lavoro;
sulla sua maglietta nera c'è una scritta profetica: " Che il destino ci
trovi sempre pronti e degni " Leon Degrelle.
Angelo, un signore sui sessanta, mi porta a vedere la torre antica:
l'orgoglio identitario del paese che ha resistito ai vari sismi, alle
guerre, ma non alla scossa delle 3,32 di lunedì mattina.
Mille anni di storia disintegrati come un castello di sabbia; - Tatone ha
resistito -, ha aggiunto con un pizzico di orgoglio. Tatone è un modo
arcaico in Abruzzo per nominare il nonno, a Camarda Tatone è una roccia a
forma di vecchio seduto sulla montagna che scruta il paese come le figure
dell'isola di Pasqua. Ci sono dei momenti in cui il dolore è così
direttamente proporzionato alla rabbia e all'impotenza che si vorrebbe
scappare. Perché ci ricordiamo della nostra storia, del valore del nostro
patrimonio solo quando la perdiamo? Perché dal dopoguerra ad oggi abbiamo
mandato a governarci dirigenti inetti, ingordi, che non hanno amato questo
paese? Perché abbiamo permesso, assecondato, questo sciacallaggio morale,
etico, culturale? Perché?
La storia, l'arte, è il petrolio, l'oro nero di questo paese, il volano di
una economia che in un epoca di globalizzazione delle risorse non avrebbe
temuto nessuna concorrenza. Con un mattone di queste macerie gli americani
o giapponesi avrebbero aperto musei in ogni luogo noi, molto probabilmente,
butteremo tutto in discariche abusive. L'Abruzzo è la terra dei Sanniti,
Vestini, Marsi, Marrucini, Romani, che nel corso dei secoli hanno lasciato
testimonianze di un valore inestimabile. Chieti, la mia città , è più antica
di Roma. Il pavimento di una boutique per il corso è un mosaico Romano.
Intanto il sole è sparito dietro la montagna e nella valle è già buio, giÃ
freddo; davanti a me ci sono i fantasmi, questi poveri Cristi, per dirla
alla Silone, che non hanno più nulla.
Le case non sono solo importanti per i vivi, ma soprattutto per i morti che
devono tornare a far compagnia ai loro cari nelle lunghe notti d'inverno.
Questo evento ha rotto un equilibrio antico: i vivi sembrano morti e i morti
non sanno più dove andare.
Dino Viani
Via Mater Domini 55
66100 Chieti Italy
Email dinoviani@hotmail.com
Skype: gauchoari
Berlino cell. +004915778462115
www.youtube.com/dinoviani
www.myspace.com/dinoviani
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Le notizie del terremoto in Abruzzo mi sono arrivate improvvisamente con
grande evidenza .via Internet . Ho colto immediatamente l'ampiezza della
tragedia .Ho pensato ai luoghi dove per tanti anni sono andato in vacanza al
mare ,quando avevo la bimba piccola. Ho pensato come tutti, agli amici
abruzzesi che avevo e sono arrivato immediatamente con il pensiero
all'amico Dino Viani di professione regista, per vocazione artista e per mia
e altrui convinzione poeta. Ho mandato prima un sms e poi ho
telefonato."Dino come stai?"."Bene mi dice ma sono sconvolto.paralizzato dal
dolore"."Dino - gli dico- ma non vai a documentare questa tragedia?....."Non
me la sento" mi risponde "sono troppo emozionato ..e poi non potrei lavorare
bene di fronte a tanta distruzione"- Dino - gli dico - trasforma le tue
emozioni in immagini,magari scrivile, in una sorta di diario.serviranno
soprattutto dopo..quando l'emozione del momento verrà sopraffatta dalla vita
quotidiana e quando si dovrà affrontare una lunga ricostruzione sia
materiale che morale ,soprattutto di chi ha perso tutto. Quando non ci sarÃ
più la tv.tutto potrebbe essere avvolto dal silenzio. Tu sei un poeta
dell'immagine e delle emozioni : anche tu puoi far molto per far rinascere
la tua terra l'Abruzzo.Io ti darò una mano con i nostri Portali Internet per
divulgare una immagine più vera e più profonda di questa tragedia" .
Da questa discussione è nata una corrispondenza di Dino Viani. La
dedichiamo a tutti gli amici abruzzesi nel mondo che con trepidazione
seguono le dolorose vicende della loro terra e che si stanno adoperando con
le nostre comunità italiane al'estero per aiutare i loro,i nostri fratelli
abruzzesi. Scrivete a Dino..leggetelo e sostenetelo..non è facile descrivere
la realtà di questa tragedia mentre la sofferenza delle persone,della tua
gente che incontri ti penetra nel profondo del cuore.
Daniele Marconcini
Presidente AMM ONLUS
ASSOCIAZIONE DEI MANTOVANI NEL MONDO onlus
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