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Il ruolo dell'IRI di Pino Cosentino
1.05.2009

Il riferimento all'IRI temo possa fare confusione, perché il suo ambito di intervento non erano i servizi pubblici. Il controllo diretto da parte del "pubblico" non è garanzia di buona e corretta amministrazione, anzi è sicuro (basti vedere cosa accade nella sanità) che apra la porta a gestioni clientelari orientate all'interesse privato. La differenza è che in questo caso si tratta dell'interesse privato non di soggetti formalmente privati (azionisti o obbligazionisti), ma di soggetti formalmente pubblici (il ceto politico incistato nelle istituzioni elettive).

Tuttavia è altrettanto certo che la forma "società per azioni" per i servizi pubblici è ancora più negativa per l'interesse pubblico, sotto i profili della gestione economica, ma ancor di più della salute e dell'impatto ambientale. Il deficit democratico delle istituzioni elettive e la loro degenerazione in oligarchie privilegiate autoreferenziali (cioè la già avvenuta privatizzazione della politica) è un tema strettamente e tecnicamente "politico", non affrontabile come tale dalle associazioni ambientaliste. Queste giustamente si limitano a rivendicare la gestione interamente pubblica dei servizi come l'acqua, i rifiuti, il gas ecc.

Questa rivendicazione in effetti è trasversale, perché la gestione pubblica dei servizi è interesse di tutti i cittadini, di qualunque orientamento, che in tal modo hanno non più garanzie, bensì più strumenti, giuridici e politici, di controllo e di contestazione di "eventuali" (praticamente certi) scostamenti della gestione dal pubblico interesse.

E' trasversale però anche in un altro senso: è dimostrato (anche dalla vicenda genovese) che praticamente l'intero ceto politico, senza distinzioni di colore, si contrappone all'interesse pubblico e all'insieme dei cittadini, in quanto ceto privilegiato e colluso con gli interessi economici privati. Le eccezioni non strumentali (nessuno può credere che i voti contrari del PdL e dei due dell'Ulivo siano stati voti per l'acqua pubblica) sono talmente marginali (a Genova 1 voto contrario su 50 consiglieri) da confermare la regola.

Perciò non credo cheil voto di Genova sia una sconfitta della Lega Nord, come non credo sia una sconfitta del "federalismo", concepito come moltiplicazione dello Stato (se sul territorio "italiano" si installano 20 Stati invece di uno non vedo cosa cambi in meglio). Resto convinto che gli unici sconfitti in questa storia siano i cittadini, di qualunque parte politica, purché non appartenenti all'oligarchia o alla sua vasta rete di clientele.

La regionalizzazione dei beni comuni non mi pare un obiettivo valido in ogni caso. Dove possibile è meglio la gestione dei comuni. Solo nei piccoli comuni si riscontra effettivamente quella maggiore vicinanza dei cittadini alle problematiche amministrative, più conoscenza e partecipazione. La regione è lontana come lo Stato. Naturalmente "dove possibile", perché in molti casi è utile un ambito più vasto. Se però debbo pensare a questo, mi vengono in mente dei consorzi, come il consorzio intercomunale Priula, più che la regione. La regione è bene abbia una funzione di regia legislativa, piuttosto che la gestione diretta.

Buon Primo Maggio a tutti

Pino Cosentino

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