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In movimento per l'umanità..Breve storia del GATT e del WTO
5.09.2003

Cari Amici, Cari Compagni,

come sapete, tra pochi giorni si aprirà a Cancun in Messico un nuovo "round" dell'ancora poco conosciuto ma sempre più potente WTO (World Trade Organization), l'Organizzazione Mondiale del Commercio.Questo ennesimo vertice di un organismo privo di controllo democratico e responsabilità sociale che si arroga il potere di decidere sulla vita di milioni di individui e di interi popoli, avrà come oggetto l'incentivazione di ulteriori politiche di mercificazione incontrollata e privatizzazione sregolata di beni comuni essenziali dell'umanità e di beni e servizi pubblici fondamentali su scala planetaria.In questi giorni, con il Forum Alternativo "per un'Europa Sociale" a Riva del Garda (4-6 settembre), tappa italiana-europea della settimana mondiale di mobilitazione contro il WTO, la Società Civile Globale del Movimento dei Movimenti prosegue invece il cammino di costruzione di un altro mondo possibile, fondato sulla globalizzazione dei diritti, della solidarietà, della pace.In questa circostanza - sperando di fare cosa utile - come contributo alla riflessione e alla mobilitazione vi proponiamo di seguito una "Scheda Informativa critica sul WTO", volutamente semplice e sintetica ma sufficientemente argomentata, prodotta dalla nostra associazione.

A presto rivederci, in Movimento per l'Umanità!

fraterni saluti arci nuova associazione comitato territoriale di cremona

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"W.T.O" Organizzazione Mondiale del Commercio Scheda Informativa

prodotta da ARCI Nuova Associazione

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Il WTO (abbreviazione di World Trade Organization) è l'Organizzazione Mondiale del Commercio nata nel 1995 in sostituzione del GATT (General Agreement on Trade and Tariffs ovvero Accordo Generale sul Commercio e le Tariffe).

Breve storia del GATT e del WTO

Il GATT nasce dalla volontà dei paesi vincitori della seconda guerra mondiale (USA primi fra tutti) di creare un organismo dotato di una serie di norme volte alla regolarizzazione del commercio mondiale.

È importante sottolineare il fatto che il GATT sia nato sulle "ceneri" dell'ITO (International Trade Organization) che al contrario non ha mai visto la luce. La differenza è importante in quanto l'ITO sarebbe dovuto essere un organismo interno alle Nazioni Unite mentre il GATT, nell'idea degli USA che l'hanno fortemente voluto, nasceva proprio con l'intento di "aggirare" tutti i vincoli cui deve sottostare un organismo dell'ONU.

Originariamente il GATT fu firmato da 23 paesi ma con il tempo questa quota è arrivata a circa 190 (il più delle volte, soprattutto nel caso dei paesi piccoli e poveri, con adesioni più o meno forzate!) con i recenti ingressi di colossi economici come Russia e Cina.

Per quasi 50 anni il GATT è stato complessivamente un insieme di regole volte a promuovere la liberalizzazione del commercio mondiale fondata sull'idea che la promozione del commercio estero sia sempre benefica per l'economia di un paese (questione tutt'altro che verificata empiricamente).

Ovviamente questa liberalizzazione è stata tutt'altro che multilaterale, come invece sbandierato dai suoi fautori. In realtà si è trasformato in un sistema che spingeva i paesi poveri ad abbassare le tariffe sull'esportazione dei loro prodotti (soprattutto materie prime e manufatti semplici) mentre difendeva le esportazioni dei paesi ricchi (alta tecnologia e beni intellettuali).

Dimostrazione ne è il fatto che tutt'oggi le merci dove i paesi poveri sono fortemente competitivi (agricoltura e tessile) godono di una forte protezione nei paesi ricchi che penalizza fortemente lo sviluppo economico del Sud del mondo, questo a discapito del concetto di liberalizzazione. Come è sempre stato il commercio segue di pari passo i rapporti di forza economici.

 

La transizione dal GATT al WTO

Verso la metà degli anni '80 i paesi dell'OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, ovvero il club dei paesi ricchi) hanno spinto per la trasformazione del GATT in un organismo che fosse dotato di norme coercitive e che, soprattutto, avesse il potere di influire sulla legislazione nazionale di ogni membro.

La differenza è grande rispetto alla situazione precedente e il passaggio importante.

Se è vero che il GATT è sempre stato una promozione del commercio che svantaggiava i poveri e avvantaggiava i ricchi, è vero anche che questa situazione era limitata all'abbassamento delle teriffe doganali che dovevano tendere ad annullarsi.

Il WTO, invece, è caratterizzato da alcune norme generali cui devono sottostare tutti i paesi membri, e questo indipendentemente dalla legislazione nazionale.

Ciò vuol dire che un paese membro non può approvare una legge contraria ai principi del WTO pena il rischio di essere chiamato in giudizio da un altro paese che si sentisse danneggiato da queste leggi.

Inoltre, contrariamente al GATT, il WTO è dotato di un organo giudiziario interno (il Dispute Settlement Body, ovvero Organo di Risoluzione delle Controversie) che può imporre sanzioni reali al paese chiamato in causa. Queste sanzioni possono essere risarcimenti da pagare o in certi casi addirittura l'autorizzazione a ricorrere a ritorsioni commerciali contro il paese che perde la causa. Se, almeno teoricamente, questo tribunale dovrebbe essere imparziale, nella fattispecie succede che la sola minaccia di un paese forte contro uno economicamente più debole è sufficiente per evitare il ricorso al giudizio. Per fare un esempio, se gli Stati Uniti si lamentano di una legge approvata dal parlamento di un piccolo paese africano, questi farà di tutto per modificarla ed evitare il rischio di un giudizio avverso dato che cercherà di difendere le sue esportazioni verso gli USA. Al contrario, nessun paese che dipende economicamente dalle esportazioni verso un paese ricco si azzarderà mai ad andare contro una qualsiasi legge americana.

In sostanza, quindi, il WTO si impone su ogni paese membro come un insieme di leggi e norme che hanno la priorità assoluta sulle leggi approvate dai parlamenti locali.

Tutto è Merce

Una delle caratteristiche più importanti, nonché più pericolose, del WTO è il principio non scritto secondo cui tutto è merce e non è possibile discriminare tra due prodotti secondo nessun criterio.

Un pallone prodotto da bambini sfruttati e sottopagati e un pallone prodotto in una fabbrica tedesca da operai sindacalizzati e ben pagati non possono essere discriminati in alcun modo, sono entrambi due palloni punto e basta.

Qualsiasi principio di precauzione (ovvero il principio secondo cui anche se non è dimostrata scientificamente la nocività di un prodotto, come per gli organismi geneticamente modificati, in caso di incertezza è necessario tutelare la salute dei consumatori vietando la commercializzazione del prodotto) non trova spazio in una logica che non distingue tra i prodotti.

Oltre a questioni relative alla salute, nel WTO non c'è neanche spazio per le clausole sociali, quelle clausole, cioè, che vincolano la commercializzazione al rispetto di alcuni diritti fondamentali dei lavoratori come il diritto a una paga dignitosa, il diritto di associazione sindacale, il divieto di ogni forma di schiavitù, il divieto del lavoro minorile ecc., in quanto, secondo il WTO, queste clausole discriminano ingiustificatamente tra prodotti che invece vanno considerati uguali.

Infine, anche le clausole di salvaguardia ambientale sono fortemente ostacolate dato che impongono oneri alle imprese che non si vogliono assumere con gravi conseguenze per la salute del pianeta e, perciò, dell'umanità.

La Globalizzazione del Neoliberismo

Un'altra questione di grande importanza è l'allargamento dei principi del "libero" commercio ad aree precedentemente tutelate dalla legislazione nazionale.

In particolare, tramite l'accordo GATS, uno dei tre pilastri del WTO (gli altri due sono l'accordo TRIPs e l'accordo GATT), si sta cercando di trasformare i servizi in beni commerciabili al pari dei beni manufatti.

Il rischio è grosso per tre motivi fondamentali:

1°- i servizi, essendo tradizionalmente un settore ad alto capitale umano (ovvero un settore che impiega quote rilevanti di personale), sono sempre stati regolati da una legislazione sul lavoro abbastanza particolareggiata. Questo tipo di legislazione è messo in pericolo da una logica secondo cui i servizi sono merci al pari di tutte le altre e, quindi, non c'è motivo di tutelarli diversamente nonostante impieghino in maniera abbondante il lavoro umano.

2°- i servizi rappresentano nei paesi industrializzati quote del PIL nazionale vicine al 60%: è uno dei motivi per cui le lobby americane hanno spinto per la sottoscrizione del GATS. E' chiara l'intenzione delle grandi multinazionali di mettere le mani su questo settore strategico che ha un giro di affari che nel 1999 è stato di 1340 miliardi di dollari.

3°- i servizi passibili di liberalizzazione sono spesso servizi pubblici come acqua, depurazione, raccolta e trattamento dei rifiuti, elettricità, trasporti, gas, servizi sanitari, educativi, di prossimità (assistenza alla persona, asili nido.), sicurezza, telefonia, poste. Questi sono un indispensabile elemento di garanzia dei diritti fondamentali della persona e degli strumenti di coesione economica sociale e territoriale. Poiché sono indispensabili al benessere degli abitanti e, a seconda della loro modalità organizzativa, possono anche essere fonte di considerevoli profitti, la posta in gioco economica è colossale. Per questi motivi i servizi pubblici sono beni e servizi che la società dovrebbe sottrarre alle strette regole del mercato poiché nessuno deve esserne escluso: ma, ancora una volta, la volontà dei poteri forti del WTO va proprio nella direzione opposta.

Infine, è importante segnalare il fatto che è molto difficile se non impossibile retrocedere da una liberalizzazione. Il paese che, per esempio, si accorge che la liberalizzazione dei servizi idrici ha provocato aumenti delle tariffe, esclusione delle fasce più deboli e peggioramento del servizio (come successo a Cochabamba in Bolivia) e decide di tornare sui suoi passi dovrà offrire in cambio agli altri paesi membri la liberalizzazione di un altro settore economicamente altrettanto vantaggioso. È evidente come questa regola sia stata pensata per rendere quasi impossibile una "rinazionalizzazione" di servizi già liberalizzati.

Alcuni esempi concreti

I casi di giudizi sanciti dal tribunale interno al WTO nei quali la logica del commercio ha sottomesso e sovrastato qualsiasi altro tipo di precauzione sociale, sanitaria o ambientale sono davvero molti.

Per un approfondimento si rimanda all'ottimo libro di Wallach Sforza intitolato "WTO – tutto quello che non vi hanno mai detto sul commercio globale" edito da Feltrinelli.

In questa sede sarà utile citare solo qualche esempio esplicativo: ogni anno l'Unione Europea deve pagare agli Stati Uniti un risarcimento di circa 150 milioni di dollari per essersi permessa di vietare la commercializzazione della carne agli ormoni; il Canada ha perso una causa contro gli Stati Uniti per aver vietato una benzina, legale negli USA, dotata di additivi dannosi per l'ambiente, per il WTO la benzina è benzina e non si può discriminare sulla base della pericolosità ambientale del prodotto, una cosa simile è successa, questa volta a discapito degli USA stessi, per un tipo di gasolio venezuelano che non rispettava alcune norme americane. Un altro esempio è il tonno catturato con reti a strascico nelle quali rimangono intrappolati i delfini: in questo modo, secondo il WTO, si discriminerebbe ingiustificatamente contro quei paesi che non hanno regolamentazioni ambientali a protezione della fauna marina. Altri esempi sono il divieto di commercializzare pelli di animali catturati con la tagliola, oppure il tentativo europeo, affossato dopo gli sforzi americani, di alzare gli standard miranti a ridurre l'inquinamento causato dall'industria elettronica.

Deficit democratico e "intrasparenza" delle decisioni

Formalmente il WTO, a differenza del Fondo Monetario e della Banca Mondiale dove il voto è proporzionale alle quote di partecipazione (ossia più ricco sono e più potere di voto ho), sarebbe un'istituzione democratica dato che si vota secondo il principio "ogni paese un voto" ma nella prassi le cose stanno molto diversamente.

Le decisioni più importanti vengono sempre prese all'interno di circoli ristretti capeggiati dai rappresentanti politici dei poteri più forti. In gergo si usa parlare della pratica della "green room" (dal nome della stanza in cui si riunivano più o meno segretamente i capi dei paesi ricchi), ovvero la consuetudine dei rappresentanti dei paesi forti di riunirsi a porte chiuse e prendere le decisioni che poi verranno presentate all'assenblea generale dei membri.

Esistono due regole che caratterizzano lo svolgimento dei negoziati: la regola del fornitore principale "principal supplier rule" e la fomula "single-undertaking".

La regola del fornitore principale consente di avanzare una richiesta di concessioni tariffarie su un determinato prodotto al paese importatore soltanto da parte del paese identificabile come il principale fornitore di quel prodotto. Si capisce come questa regola avvantaggi i grandi paesi esportatori a danno dei paesi più piccoli che possono aggirarla solo unendo le proprie richieste.

La formula single-undertaking (letteralmente "prendi tutto o stai fuori") è il potente meccanismo che ha consentito la chiusura dell'Uruguay Round, impedendo l'effetto di balcanizzazione che si era prodotto alla fine del Tokio Round. Questa formula ha obbligato de facto tutti i paesi coinvolti nelle trattative che hanno portato alla nascita del Wto ad aderire a tutti gli accordi multilaterali in esso negoziati, pena l'esclusione dall'organizzazione e dai benefici della riduzione delle barriere commerciali. La stessa formula viene applicata agli aspiranti membri che devono sottoscrivere in blocco tutti gli accordi per avere una qualche probabilità di superare i veti incrociati che caratterizzano il processo di ammissione dei nuovi membri.

Anche se ogni paese ha diritto a un voto il WTO soffre di un deficit democratico molto forte.

Come già detto, le decisioni che contano davvero vengono sempre prese da una cricca molto ristretta di "soliti noti" e la grande maggioranza dei paesi deboli vi si possono solo adeguare. Inoltre, queste decisioni non rappresentano nemmeno la volontà degli elettori dei paesi industrializzati dato che nessuna di queste passa dall'approvazione di nessun parlamento. Il commissario per il commercio estero dell'Unione Europea (all'interno del WTO l'U.E. viene rappresentata come un'unico membro) Pascal Lamy gode di una delega quasi assoluta che lo autorizza a prendere decisioni senza passare dall'approvazione del Parlamento Europeo.

Tecnicismo esasperato

Un altro problema rilevante è il livello di esasperato tecnicismo raggiunto all'interno del WTO.

Le leggi e le norme da rispettare sono sempre più numerose e di tale difficoltà tecnica che nella pratica soltanto avvocati e tecnici specializzati in commercio estero, privi di alcuna vera legittimazione democratica, sono in grado di elaborare decisioni che poi avranno effetti importantissimi sulla vita di milioni di persone.

Questi tecnocrati sono poi gli stessi chiamati a risolvere le dispute tra due paesi. Non avendo alcuna preparazione politica ed essendo solo tecnici superspecializzati, risulta chiaro come i loro giudizi non tengano conto degli aspetti sociali di un contenzioso economico tra due paesi.

Non importa a nessuno all'interno del WTO se un piccolo paese povero sopravvive solo grazie alle esportazioni di caffé, queste saranno assoggettate alle stesse identiche regole di qualsiasi altro prodotto.

Inoltre, questo tecnicismo esasperato penalizza fortemente i paesi deboli che non hanno le risorse tecniche per contrattare efficacemente i propri interessi.

Non solo, dunque, le decisioni importanti vengono prese senza la loro partecipazione, ma in più questi paesi mancano degli specialisti in grado di leggersi i documenti del WTO e, quindi, di partecipare attivamente ai negoziati (ammesso e non concesso che venga loro permesso di farlo).

In certi casi, addirittura, alcuni paesi non possono nemmeno permettersi di pagare il soggiorno a Ginevra (sede del WTO) per i propri rappresentanti che non possono così presenziare alle decine di incontri che settimanalmente hanno luogo nella città svizzera.

L'unica alternativa che rimane loro è quella di rivolgersi ad agenzie di consulenza specializzate in commercio estero con il paradosso di dover pagare ingenti somme ai paesi occidentali per interpretare e capire norme che in realtà non hanno mai voluto e che sono state loro imposte.

Infine, i tecnici ai quali sono costretti a rivolgersi per mancanza di risorse interne, hanno tutti una preparazione tecnica e ideologica rigidamente aderente ai cosiddetti principi del "Washington Consensus", ovvero quei principi di economia neoclassica (scientificamente fermi alle idee di Ricardo e Smith di quasi 200 anni fa!) seguiti dalle istituzioni con sede a Washington. Persone come queste non sono certo in grado di risolvere in maniera efficace i problemi dei paesi poveri per la limitatezza del concetto di sviluppo e crescita economica tipica della dottrina economica standard.

L'accordo TRIPs sulla proprietà intellettuale

Un altro scontro durissimo interno al WTO è sulla delicata questione della proprietà intellettuale.

Verso la metà degli anni '80 alcune grandi multinazionali americane produttrici di beni ad alto contenuto di capitale intellettuale hanno cercato di rimediare alla perdita di competitività nei confronti dei paesi emergenti (soprattutto le cosiddette "tigri asiatiche") spingendo per l'approvazione di un accordo internazionale sulla proprietà intellettuale che tutelasse i loro interessi.

Questo accordo (TRIPs in inglese sta per Trade Related Aspects of Intellectual Property, ovvero Aspetti della Proprietà Intellettuali Relativi al Commercio) è in sostanza l'internazionalizzazione della legislazione americana.

La protezione brevettuale viene estesa a 20 anni indistintamente per tutti i prodotti con pesanti conseguenze sul trasferimento della tecnologia e del sapere.

Complessivamente si può affermare che l'accordo TRIPs è un atto di protezionismo tecnologico volto a proteggere il capitale intellettuale dei paesi avanzati a discapito dei paesi che avrebbero invece necessità per il proprio sviluppo dell'accesso alla conoscenza.

Gli argomenti dei fautori del TRIPs si rifanno alla teoria secondo cui le imprese non investirebbero nei paesi poveri perché non vi è adeguata protezione della proprietà intellettuale ma questa idea non è mai stata verificata mentre i dati empirici sembrano, al contrario, smentirla. Le condizioni che favoriscono gli investimenti diretti esteri sono ben altre come presenza di infrastrutture, capitale umano, stabilità politica e legislazione chiara.

Da notare, che tutti i paesi oggi ricchi, compresi gli Stati Uniti (esclusa solo l'Inghilterra), in passato, quando erano ancora paesi in via di industrializzazione, hanno sempre adottato una politica, più o meno tollerata dagli altri paesi, molto debole sulla proprietà intellettuale proprio allo scopo di favorire lo sviluppo tecnologico domestico. Questo stesso strumento oggi viene negato ai paesi poveri costretti a pagare royalty (somme necessarie per acquisire il diritto a sfruttare un'invenzione coperta da brevetto) altissime per accedere alla tecnologia.

Uno degli aspetti più crudeli di questa logica è quanto accade nel mercato internazionale dei farmaci. I paesi africani pesantemente colpiti dalla pandemia dell'aids non possono permettersi di acquistare i farmaci antiretrovirali per gli esorbitanti costi imposti dalle ditte farmaceutiche.

Mentre gli USA, poco dopo l'attacco dell'11 settembre, hanno contrattato con la Bayer direttamente la fornitura di vaccini contro l'antrace a prezzi molto minori di quelli di mercato (giustamente), così dovrebbe essere possibile per tutti i paesi che hanno emergenze sanitarie di poter disporre di farmaci e vaccini a costi accettabili (ovvero ottenere delle "eccezioni" agli accordi TRIPs.

I successi ottenuti in questa direzione dal Sudafrica cui BigPharma aveva fatto causa nell'Aprile del 2001 e sbandierati come un grande passo avanti fatto in occasione della Conferenza Interministeriale a Doha (Qatar) nel novembre 2001 hanno fatto nel corso dell'ultimo anno un fortissimo passo indietro: esiste un Consiglio che dovrà di volta in volta valutare se realmente il paese che chiede un'eccezione (ad esempio per produrre autonomamente dei farmaci) ha in corso un'emergenza sanitaria tale da giustificare il ricorso alla deroga. Nessun automatismo quindi per i paesi più poveri, con la necessità addirittura di dichiarare l'emergenza sanitaria nazionale per poter iniziare il processo di deroga.

Vale la pena di ricordare che nel settore dei farmaci il 49% del fatturato è prodotto da aziende USA, il 22% da aziende UE e che mediamente i seppur ingenti costi della ricerca per elaborare e sperimentare i farmaci sono ammortizzati in soli 2 anni, mentre gli accordi TRIPs prevedono che i brevetti per i farmaci durino addirittura 20 anni!

ARCI www.arcicremona.it info@arcicremona.it

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