Welfare Italia :: Lavoro :: Incontro Epifani-Franceschini Invia ad un amico Statistiche FAQ
30 Aprile 2024 Mar                 WelfareItalia: Punto laico di informazione e di impegno sociale
Cerca in W.I Foto Gallery Links Documenti Forum Iscritti Online
www.welfareeuropa.it www.welfarecremona.it www.welfarelombardia.it www.welfarenetwork.it

Welfare Italia
Home Page
Notizie
Brevi
Il punto
Lettere a Welfare
Cronaca
Politica
Dal Mondo
Dalle Regioni
Dall'Europa
Economia
Giovani
Lavoro
Cultura
Sociale
Ambiente
Welfare
Indian Time
Buone notizie
Radio Londra
Volontariato
Dai Partiti
Dal Parlamento Europeo
Area Iscritti
Username:
Password:
Ricordami!
Recupero password
Registrazione nuovo utente
Brevi

 Foto Gallery
Ultima immagine dal Foto Gallery di Welfare Italia

Ultimi Links







Incontro Epifani-Franceschini
19.07.2009

Politica e lavoro Cgil e Pd: confronto aperto. Il resoconto del "faccia a faccia" tra Guglielmo Epifani e Dario Franceschini a Cgil Incontri. Il segretario Pd: "Dobbiamo conquistare il voto ogni volta con credibilità". Il leader Cgil: "Ci vuole un progetto anti crisi che guardi anche al futuro" di (a cura) Carlo Gnetti e Paolo Serventi Longhi Seguirà il resoconto dell'incontro con Pierluigi Bersani. L’era del collateralismo, del rapporto stretto tra partito e sindacato, è finita da un pezzo. Rappresentanza sociale e politica si confrontano apertamente sul merito dei problemi ricercando le vie migliori per uscire dalla crisi e per creare le condizioni per un futuro migliore. La Cgil intende quindi confrontare apertamente le proprie proposte con quelle dell’intero fronte progressista avendo riscontrato quanto scarsi siano i margini di incontro con l’attuale governo. Ed è logico che tra gli interlocutori più importanti, il Partito Democratico rappresenti la forza politica dell’opposizione, la principale, rispetto alla quale molte sono le attese degli iscritti, dei militanti e dei dirigenti della Cgil.

Per questo Rassegna Sindacale e rassegna.it hanno pensato di offrire ai propri lettori ampi stralci del "faccia a faccia" tra Guglielmo Epifani, segretario generale della Cgil, e Dario Franceschini, segretario uscente e candidato alla conferma del Pd. Un dibattito vivace ed utile che si è svolto nei giorni scorsi a Serravalle Pistoiese nell’ambito di Cgil Incontri, la manifestazione annuale organizzata dalla Camera del lavoro di Pistoia. Il confronto è stato moderato dal Direttore de "La Stampa" Mario Calabresi e introdotto dal segretario della Cgil di Pistoia Daniele Quiriconi. Di fronte ad una grande folla di persone, riunitesi all’ombra delle due antiche torri di Serravalle, Dario Franceschini ha appunto rilevato che "il Pd il voto se lo deve conquistare ogni volta con la propria credibilità", con i propri programmi, anche perché "l’appartenenza non c’è più, il voto uguale per tutta la vita è scomparso". Il Pd "cerca quindi il consenso degli iscritti alla Cgil, così come quello dei militanti della Cisl o della Uil oppure dei piccoli imprenditori". Ma partiamo dalla crisi e dalle soluzioni per uscirne.

Franceschini Uno dei settori che possono più in fretta rimettere in moto l’economia è l’edilizia. Non parlo del primo piano casa, meglio detto decreto cementificazione, che per fortuna è stato in gran parte abbandonato grazie all’opposizione e grazie alle regioni. L’idea era quella di rimettere in moto l’edilizia senza spendere una lira, liberalizzando tutto, togliendo piani regolatori, regolamenti edilizi, vincoli delle sovrintendenze. C’era una norma finale capolavoro che diceva: "il ruolo dei comuni alla fine è di censire quello che è avvenuto", cioè dopo che sono state devastate coste e città. Noi abbiamo fatto proposte precise. Per far ripartire il sistema delle piccole e medie imprese della manutenzione si possono utilizzare ad esempio i 14 miliardi di crediti che le imprese vantano nei confronti dei comuni e delle province. Sono soldi delle imprese che il pubblico si trattiene a causa di una norma del patto di stabilità interno del governo.

Potremmo così trovarci nella situazione assurda per cui saltano centinaia di piccole e medie imprese che avrebbero avuto respiro semplicemente utilizzando soldi che sono loro. Per carità, le grandi infrastrutture sono indispensabili ma, bene che vada, i cantieri partiranno nel 2010, 2011, 2012. Non servono per uscire dalla crisi. Abbiamo proposto anche un grande piano di manutenzione degli edifici scolastici, e in generale degli edifici pubblici, che comporti la messa a norma, la messa in sicurezza e un intervento di efficientamento energetico. Costa fare questo? Sì costa, ma bisogna fare delle scelte.

Epifani È sempre difficile fare previsioni con una crisi come questa, e bisognerebbe non dare retta alle previsioni del governo, secondo il quale la crisi non c’è mai stata. I conti dicono purtroppo che quest’anno il paese andrà indietro del 5 per cento, forse qualcosina in più. L’anno scorso siamo andati indietro di un punto. In due anni avremo bruciato 90 miliardi di euro in termini di calo di prodotto, di reddito, di valore, di occupazione. Una cifra enorme. Dietro questa montagna di soldi ci sono fabbriche che chiudono, piccole imprese che spariscono, lavoratori in cassa integrazione, quando ce l’hanno, precari che perdono il lavoro e non hanno diritto a nulla, giovani che faranno molta più fatica a trovare lavoro. Il guaio di questa crisi, e che ne fa poi la sua vera consistenza, sta nel fatto che si sommano due crisi assieme: quella internazionale e quella interna. È una crisi un po’ particolare, che riguarda tutti i settori.

Gli analisti americani più attenti dicono che la crisi dovrebbe arrivare al punto più delicato dopo agosto. Ma non ripartiremo subito: ci sarà un arresto della discesa e staremo per un anno a riprenderci lentamente. Il fatto è che, quando arrivi a meno 6, riprendersi vuol dire impiegare oltre un anno ad arrivare a zero, senza cioè creare più lavoro, più occupazione, più reddito. Per questo temo che, tra settembre e dicembre, il numero di piccole e medie aziende che scompariranno sarà alto, che molti cassintegrati prorogheranno la cassa integrazione, che molti tempi determinati non rinnoveranno il contratto e molti precari andranno a casa senza niente. Sta qui la mia critica e quella della Cgil all’azione di governo, che non è prevenuta come pensa il governo. Berlusconi prenda atto che ci sono lavoratori che stanno perdendo il lavoro, e che in democrazia una critica, un fischio può capitare anche a lui come capita a noi. Nessuno è indenne dal diritto di fischio o di contestazione da parte delle persone. Questa è la democrazia. Dunque, con una crisi così forte il governo deve fare di più. È vero che c’è un debito pubblico. Ma noi siamo l’unico paese che, pur avendo il debito pubblico, ha affrontato la crisi senza mettere un soldo in più. Ha ragione Franceschini: si promettono miliardi e poi, quando si va a contarli, non ci sono neanche i milioni. Ricordate quando il governo all’inizio disse:"una manovra da 80 miliardi"? Poi andavi a vedere ed erano tutti soldi già previsti. Una manovra vuol dire che metti soldi in più oltre quelli che ci sono. È questo che manca. Qualsiasi cosa sta facendo il governo, prende da un capitolo di spesa e lo sposta su un altro ma non mette più ricchezza, non mette più soldi per la gente o per gli investimenti. Fa rabbia pensare che si poteva evitare di scendere a meno 5 quest’anno.

Bastava investire nella direzione giusta. Qual è questa direzione? Una riguarda la domanda interna. Possiamo sostenere i consumi, almeno in questa fase, per aiutare le imprese attraverso un intervento fiscale e attraverso la revisione del patto di stabilità dei comuni. Non vuoi ridurre le tasse sul lavoro dipendente perché è troppo oneroso? Va bene, allora consentiamo alle famiglie dei lavoratori o dei pensionati di portare in detrazione le spese dal proprio reddito fiscale. Non è pensabile che in una crisi così l’aiuto dello Stato si limiti alla social card, che abbiamo visto che cosa ha significato. Aggiungo che dai provvedimenti del governo è scomparso il tema del Mezzogiorno. Ora non andrà di moda, per un governo molto orientato al Nord, parlare di Mezzogiorno. Ma è qui che la crisi ha effetti pesantissimi, perché non ci sono fabbriche e non c’è cassa integrazione. Se non si fa qualcosa che aiuti l’investimento anche nelle realtà più svantaggiate del paese avremo un tasso di disoccupazione dei ragazzi e delle ragazze che con salirà ancora di più, arrivando al 30-40 per cento.

Franceschini Da mesi diciamo che ci sono tre piani per uscire dalla crisi. Uno è quello degli accordi tra Stati, perché gran parte dei problemi superano ormai le frontiere nazionali. Quindi risposte globali a problemi globali. Un secondo livello è quello delle riforme strutturali, sulle quali siamo pronti a discutere in Parlamento nella distinzione dei rispettivi ruoli. Un terzo piano è l’adozione di provvedimenti per fronteggiare l’emergenza. Secondo il Fmi l’Italia ha investito lo 0,2 per cento del Pil in misure per fronteggiare l’emergenza, che è meno di un decimo della media mondiale. Alcuni indicatori dicono che la tendenza comincerà a invertirsi alla fine nel 2010, e che l’inizio della ripresa ci sarà poi nel 2011. Bene, ma ci sono milioni di italiani che non possono aspettare la fine del 2010 o del 2011 perché non ce la fanno, perché non hanno più un euro. Purtroppo c’è una gerarchia delle difficoltà. E allora cominciamo da quella più grande: la povertà assoluta, quella che non si vede, di cui non si parla. L’Istat ha detto: ci sono un milione di famiglie italiane, cioè circa 3 milioni di persone, che vivono sotto la soglia di povertà assoluta, che non hanno nulla. Per questi avevamo proposto il contributo di solidarietà sui redditi più alti. C’è una seconda fascia di emergenza in continua espansione, che sono quelli che perdono il lavoro.

Il governatore della Banca d’Italia ha detto: un milione e 600 mila lavoratori italiani, se perdono il posto di lavoro, passano a zero euro, cioè non hanno alcun ammortizzatore sociale. In attesa di una riforma degli ammortizzatori sociali, la nostra proposta è dare a queste persone un assegno mensile di disoccupazione. C’è poi un terzo livello, che sono i redditi bassi, che hanno una difficoltà costante, quotidiana. Già prima della crisi avevamo proposto di utilizzare a favore dei redditi più bassi i 5 miliardi di euro provenienti da Alitalia e dall’Ici. C’è poi un quarto livello, che è il sostegno al sistema delle piccole e medie imprese. Bisogna uscire dalla contrapposizione lavoratori/imprese. Le piccole imprese sono le prime a pagare perché non hanno credito dalle banche, non hanno liquidità, non riescono ad aspettare la ripresa dei consumi e hanno bisogno di un sostegno immediato.

Di fronte a tutto questo continua a non esserci nulla, tranne il messaggio televisivo. Cito il più fastidioso di tutti, quando è stato detto che ogni lavoratore italiano ha qualche forma di ammortizzatore sociale. A parte che non è vero, ma giornali e tv sono arrivati a titolare: raddoppiata l’indennità dal 10 al 20 per cento, dimenticando o omettendo di dire che è il 20 per cento della retribuzione mensile in un anno. Cioè si è passati dal 10 al 20 per cento dello stipendio di un mese. Quindi, se sono 1000 euro, parliamo di 200 euro divisi per dodici mesi, non al mese. Sarebbero già stati pochi 200 euro al mese: sono 200 euro all’anno. Questo non è un ammortizzatore sociale: è una presa in giro.

Epifani Abbiamo tanti segnali di aziende in difficoltà. Io sono per non lasciare soli i lavoratori. Ho in testa due idee. La prima è far venire a Roma tutti questi lavoratori nello stesso giorno e nello stesso luogo, per far vedere al paese i volti di una sofferenza alla quale non si dà risposta. La seconda è installare un gazebo permanente davanti a Palazzo Chigi dove, ogni settimana, i delegati delle mille fabbriche in crisi testimoniano davanti al paese il fatto che nessuno ha dato loro risposte. Penso a proteste civili, democratiche che abbiano un segno: non lasciare solo nessuno.

La mia preoccupazione è che, se non si fa nulla durante la crisi, quando ne usciremo saremo diversi da come ci siamo entrati, perché non è che se un’azienda salta adesso poi ce la ritroviamo fra tre anni. Immagino un paese molto più ridotto nella sua base produttiva e manifatturiera, e che in futuro potrà correre rischi di coesione sociale. Quando poi riprenderà a correre l’economia mondiale, un paese che non si è attrezzato durante la crisi avrà molti più problemi di quelli che aveva già prima. Ci vorrebbe un progetto per il sistema paese su come affrontare la crisi guardando anche al dopo. E siccome questo governo non può avere un progetto per un problema che dice che non esiste, o mettiamo in campo noi, le forze dell’opposizione un’idea, un progetto, oppure corriamo il rischio di avere un paese impoverito, con un Mezzogiorno molto più alla deriva, una coesione sociale e un’idea di uguaglianza dei cittadini messe in difficoltà.

Quando il paese va così indietro, so già cosa potrà succedere tra due anni: ci spiegheranno che le pensioni sono troppo alte, che la spesa sanitaria e la spesa assistenziale non si possono affrontare, e ci chiederanno altri tagli. Per questo continueremo testardamente la nostra battaglia, non solo perché abbiamo ragione ma perché siamo affezionati a questa idea di futuro del paese, a un’idea che parla cioè a chi ha lavoro oggi e ai giovani di domani. Qui si chiude anche una questione che chiamo morale. Questa crisi ha un suo pregio, nella sua pesantezza: che sono chiari da una parte i responsabili della crisi e, dall’altra, coloro che ne sono colpiti senza avere alcuna responsabilità. I responsabili sono quelli che hanno fatto soldi attraverso i soldi, senza controllo, hanno ingannato la gente, hanno messo il mondo nel lastrico.

La responsabilità è di una certa idea di liberismo economico e finanziario. Chi è che non ha responsabilità? Noi: lavoratori, pensionati, giovani, precari che sono messi sul baratro senza alcuna colpa. Ma se alla fine di tutto questo, quando il paese, l’Europa, il mondo usciranno dalla crisi, dovessimo vedere che chi non ha responsabilità paga il prezzo più alto in termini di occupazione, di assenza di un progetto di vita, di insicurezza dell’esistenza, e chi ha originato la crisi in qualche modo ne esce indenne, ci troveremo di fronte a una situazione non sopportabile innanzitutto dal punto di vista della giustizia sociale e della questione morale.

Franceschini Siamo entrati, forse un po’ in fretta, in una fase congressuale di cui vedo rischi e potenzialità. I rischi sono quelli che questa fase assorba, naturalmente ma sbagliando, tutte le energie che invece debbono restare concentrate sulla soluzione dei problemi del Paese, sulla crisi, sulle proposte da mettere in campo, sul nostro ruolo di opposizione. Le potenzialità riguardano il fatto che un grande partito democratico, che vive una fase avanzata del proprio percorso, è costantemente messo alla prova. Per questo un confronto tra più candidature può far bene perché è un confronto tra posizioni diverse ma non contrapposte; siamo tutti in uno stesso partito ed alla fine di questo percorso democratico, originale e forse anomalo (Congresso e primarie), chi uscirà con maggiore consenso avrà la forza non solo forma ma anche politica per affrontare gli anni successivi, per fare l’opposizione, per costruire il partito e le alleanze con cui candidarsi a vincere nel paese.

Nel 2010 avremo le regionali e poi dovremo prepararci alle politiche di fine legislatura. Ed è importante che sia possibile riscontrare già oggi che le riaggregazioni vengono fatte attorno ai programmi per il futuro e non più in base ai luoghi o alle4 storie politiche dalle quali si proviene. Quanto tempo ci vorrà per mescolamento? Ci domandavamo. Ed invece già ora non ci sono più quelli che erano nella Margherita da una parte e quelli erano nei ds dall’altra. Tra di noi ci confronteremo, appunto, sui programmi. Non ho letto ancora quello di Pierluigi Bersani e quindi non lo posso giudicare, ma so che sarà pieno di cose positive, im portanti perché lui ha qualità, perché ha una solida esperienza di governo. Anche dalla sua proposta verrà un arricchimento. Per quanto riguarda, ascolterò la gente, nel paese e nel partito poi entro luglio presenterò le mie proposte.

Quello che in mente ho cercato di farlo in questi quattro mesi: penso ad un grande partito che faccia un’opposizione che in alcuni casi è dura, intransigente, senza timidezza, senza paure perché essere riformisti vuol dire alzare la voce con il governo e contemporaneamente mettere in campo delle proposte. In questi mesi lo abbiamo fatto con il governo ma anche nelle amministrazioni locali per realizzare alleanze e coalizioni diverse da quelle del passato, nuove coalizioni basate sulla condivisione reale del programma. E costruire un partito dove si discute, qualche volta si litiga, ma alla fine si decide, si vota e si esce con una voce sola. Come abbiamo fatto sul referendum, sul gruppo al Parlamento Europeo dove abbiamo dato vita a un nuovo gruppo che si chiama "Alleanza progressista" in cui ci sono i socialisti e i democratici europei, scelta sulla quale avrei voluto legge qualche commento in più. Ed infine un partito radicato sul territorio dove abbiamo una forza formidabile costituita dai nostri amministratori locali, dai nostri segretari provinciali e regionali, tanti giovani parlamentari che lavorano, una forza che gli altri partiti non hanno e che abbiamo visto nei ballottaggi".

Calabresi Come mai molti iscritti alla Cgil hanno scelto invece del Pd altri partiti come la Lega?

Epifani Innanzitutto bisogna avere un quadro preciso degli iscritti alla Cgil che sono cinque milioni 700 mila, un cittadino residente ogni dieci. Numeri grandi quindi che presuppongono tante espressioni politiche. Non è un fatto di oggi: ricordo il tempo in cui la somma dei voti che prendevano il Pci e il Psi era infinitamente più basso degli iscritti alla Cgil. Cosa colpisce in questa fase’ Che, mentre il voto al Pd resta il voto maggioritario tra gli iscritti alla Cgil, in molte aree vi è un’appartenenza alla Cgil ma un voto dato ad altri partiti e, nelle aree del nord, alla Lega. Questa non è una realtà stabile.

Nelle prime elezioni in cui la Lega si affermò, il voto Cgil-Lega fu molto forte. Dopo l’esperienza di governo della Lega, una parte del voto Cgil si staccò e ritornò al centrosinistra. In quest’ultima elezione effettivamente una parte del voto Cgil è ritornata alla Lega. Perché questo? Io do due spiegazioni sulle quali vorrei che si interrogassero anche il Pd e la politica in generale. La Lega in alcune aree risponde a un bisogno di sicurezza che hanno le persone, i lavoratori. A me non piace questa risposta perchè vuol dire che in queste aree il problema sono i migranti, che bisogna rimandarli via, a cui non devi concedere nemmeno il diritto d’asilo. E questa cosa non va bene, per quello che pensa la Cgil.

Ma il secondo motivo, e questo però è molto più importante, è che la lega opera come un partito presente nel territorio e in mezzo alle persone. Ci sono fabbriche del nord che chiudono dove gli esponenti della Lega allestiscono gazebo, stanno vicini agli operai, alle persone. C’è poi una capacità amministrativa di controllo e di presenza sul territorio della Lega che è molto forte; e ci sono tante persone, tanti compagni, che mi dicono: guarda, a noi ricorda un po’ il vecchio Partito comunista per come sta tra la gente, per come forma la classe dirigente, per come si fa vedere, per come c’è. Capisco il paradosso di questa affermazione, ma quando in un territorio tu sei votato non perché sei conosciuto ma perché sei un esponente della Lega, capisco che la Lega, come partito, fa cemento, fa unità e fa identità.

E allora si può combattere la Lega in tanti modi, ma c’è un modo che secondo me è più efficace di tutti: avere la stessa passione, la stessa dedizione, la stessa disponibilità, la stessa capacità di stare giorno per giorno sui territori, nelle fabbriche, nei luoghi di lavoro, nei mercati, tra gli anziani perché il modo di stare tra le persone segna l’identità di un sindacato, per il pezzo nostro, e di un partito politico. Ed è vero, Dario, e lo penso anch’io, che il Pd ha per fortuna tanti bravi amministratori, che spesso hanno tenuto la barra e sono stati un riferimento nel rapporto con la gente, ma alla lunga la migliore classe amministrativa che non fosse sostenuta da un partito presente nel territorio, accontenta qualcuno e scontenta qualcun altro se non c’è un partito che nel territorio prova a fare la sintesi. Anche perché a un sindaco bravo ne succede uno meno bravo".

fonte: http://www.rassegna.it/articoli/2009/07/10/49709/cgil-e-pd-confronto-aperto

Welfare Italia
Hits: 1795
Lavoro >>
I commenti degli utenti (Solo gli iscritti possono inserire commenti)
Terza pagina

Sondaggi
E' giusto che Bersani si accordi con Berlusconi per le rifome ?

Si
No
Non so
Ultime dal Forum
La voce del padrone di Lucio Garofalo
Salotti culturali dell'Estate bolognese
Pippo Fallica querelo' Corriere della Sera e La Sicilia?
NO LEADER, NO PARTY di Luigi Boschi
UN PARTITO LENINISTA (LEGA) CHE SPOSA IL VATICANO di A.De Porti
POESIA DI VITA di Luigi Boschi
La vita spericolata del premier di Silvia Terribili
Romea Commerciale di Orlando Masiero
Sondaggio, 15mila i voti finora espressi
Buon che? di Danilo D'Antonio
L'Italia è una Repubblica "antimeritocratica" fondata sul lavoro precario
LA PROTESTA DEI SANGUINARI di Luigi Boschi
L'AQUILONE STRAPPATO di Antonio V. Gelormini
Il reality scolastico su "Rai Educational"
Vuoto indietro diventa proposta di legge,





| Redazione | Contatti | Bannerkit | Pubblicità | Disclaimer |
www.welfareitalia.it , quotidiano gratuito on line, è iscritto nel registro della stampa periodica del Tribunale di Cremona al n. 393 del 24.9.2003- direttore responsabile Gian Carlo Storti