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La partita doppia (di Antonio V. Gelormini)
4.08.2009
La polizza assicurativa di Nichi Vendola si chiama Michele Emiliano. Ma lo stesso Sindaco di Bari, forte di un’affermazione senza precedenti nell’ultima tornata elettorale, che ne ha potenziato ulteriormente leadership e carisma, sa che senza la sponda-amica della Regione difficilmente potrà dar corpo agli affascinanti impegni elettorali, e realizzare gli ambiziosi progetti da piano strategico, per una città destinata a diventare metropolitana.

Da questo punto di vista, ma non solo, il miglior candidato alla guida del massimo consesso regionale resta senza dubbio l’attuale Governatore. Il sodalizio, pertanto, non è solo la risultante di un’evoluzione politica pugliese, diventata laboratorio e modello vincente, ma anche la pragmatica consapevolezza di destini legati da una rinnovata “primavera”, votata a guardare al futuro per rendere ciclici i suoi influssi vitali.

“Nate in contraddizione con le decisioni degli stati maggiori dei partiti”, come ha ricordato il sociologo Franco Cassano qualche giorno fa, le esperienze di Vendola ed Emiliano “ hanno maturato sul campo la loro vera leadership. Al contrario, la candidatura Divella, frutto di accordo tra partiti, si è rivelata esperienza decisamente più fragile”. Cercare di capitalizzare tali virtuose peculiarità è legittimo. Riuscire a farlo, tenendosi a distanza dalle ingerenze dei partiti, è arduo ma non impossibile.

Lo testimoniano sia la possente rielezione di Emiliano a Sindaco di Bari, sia la solitudine lamentata e vissuta da Vendola nei momenti più difficili della vita amministrativa, da lui stesso definita metaforicamente una “prigione”. Entrambe risultanti di quella forza speciale ricevuta prima con l’investitura di un vasto consenso popolare (primarie), e poi con l’avallo elettorale.

Un piacere e una legittimazione mai provata dal tenace avversario di questa cruciale e delicata partita politica: Massimo D’Alema. Da sempre più propenso ad elargirle, le investiture, piuttosto che a subirle. Sono in tanti a ricordare ancora il solenne impegno: “Mai al Governo senza la trafila del passaggio elettorale”, per poi approdare a Palazzo Chigi rimorchiato dalle gomene orfane di un governo Prodi, colpito e affondato dall’incrociatore Bertinotti.

In tanti a ricordare ancora un popolo dei fax (una sorta di primarie riservate agli iscritti ante litteram), che dalle unità di base dell’intero Paese indicò Walter Veltroni alla segreteria del partito (Pds…?) e una Direzione Nazionale che incoronò, invece, il leader maximo. La replica perenne della standardizzazione dei cosiddetti “fondamentali”, tipica dell’organizzazione novecentesca dei partiti. La recente vicenda Russo Frattasi lo testimonia in maniera evidente, anche nelle alchimie da laboratorio barese del PD, per sperimentare l’approccio “ad includere” del partito di Casini. Si chiede il voto sul nome spendibile, spesso preso dalla società civile, e si costringe poi a nominare il funzionario di partito (Barattolo).

La partita doppia di Michele Emiliano e Nichi Vendola si gioca sul panno verde di un biliardo a sei buche. Sarebbe stato più affascinante se contesa in un abile gioco di sponde alla “goriziana”. L’impressione è che siano costretti, invece, a cimentarsi nelle geometrie più banali di una “carambola”. Dove la tenuta del pallino diventa determinante. Per questo qualsiasi occasione va sfruttata e gestita per mantenere il punto. La coppia ne è consapevole. Il lavoro di accerchiamento e di demolizione psicologica è in atto già da tempo. Ogni distrazione ed ogni debolezza potrebbe dare il via, un attimo dopo, all’azione delegittimante per depotenziare le rispettive leadership. E non sarebbe nemmeno la prima volta se la sponda berlusconiana tornasse ancora utile al disegno.

Ecco perché nel raffinato gioco di stecca, forse non è del tutto fuori luogo un tipico atteggiamento da “spaccone”. A patto di non lasciarsi prendere la mano. Perché gli archivi cinematografici raccontano che, alla lunga, a risentirne potrebbero essere le dita.

(gelormini@katamail.com)

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