Libri: La guerra, la pace, il ruolo delle religioni.
Nel libro curato da Biagio Terracciano, le tre religioni monoteiste dopo l'11 settembre.
La Cgil Campania ha voluto inaugurare l’Archivio storico con il suo Centro di documentazione,
con una riflessione sul tema della guerra e della pace sottolineando la posizione delle tre grandi religioni monoteiste a pochi mesi dal terribile attentato del World Trade Center di Nw York.
Il libro, curato da Biagio Terracciano, raccoglie i saggi di Ottavio Di Grazia, di Khaled Fouad Allam e Sergio Tanzarella oltre all’intervento di Titti Di Salvo che espone la posizione della Cgil.
Le tre religioni monoteiste, l’ebraismo il cristianesimo e l’islam, appaiano nei loro valori costitutivi opposte e contrarie al concetto stesso di guerra; di più, la loro esistenza in qualche modo nega concettualmente se non fattivamente l’essenza della contrapposizione bellica.
Per Ottavio Di Grazia si tratta di due mondi antitetici che non possono vivere contemporaneamente sullo stesso piano: la religione è rivelazione, parola quindi comunicazione; la guerra è l’esatto contrario, interruzione di qualsiasi comunicazione, negazione della parola, interruzione di quel linguaggio senza il quale non può esistere la rivelazione divina. Quindi "Parola" intesa come ricchezza e libertà , come ricerca infinita della verità che mette a soqquadro tradizioni e stereotipi contro qualsiasi forma di ortodossia che ha la presunzione di affermare qualcosa di definitivo. Religione anche come consapevolezza del valore "penultimo" delle parole, guerra come affermazione di un presunto e strumentale significato "ultimo".
Anche Khaled Fouad Allam richiama il linguaggio, la comunicazione come strumento necessario attraverso il quale costruire un ponte capace di unire mondi che oggi sembrano tragicamente
distanti e incompatibili.
Il pericolo in questo senso non nasce dal fondamentalismo che può esistere in alcune interpretazioni letterali dell’Islam come del Cristianesimo cattolico o protestante, ma dal radicalismo che trasforma, o meglio coniuga pericolosamente il linguaggio religioso ed il linguaggio politico sottintendendo l’idea di un mutamento che può avvenire con diversi strumenti, anche con il ricorso all’eversismo terroristico. In questo senso la comprensibilità del linguaggio è fondamentale per decodificare la complessità di mondi diversi e che sono in continuo divenire. Una fossilizzazione nello stereotipo di tipo iconico utilizzato per la lettura del mondo mussulmano crea chiusura e percezioni sbagliate che possono alimentare tensioni gravide di conseguenze.
Ed è sempre la chiave interpretativa della "parola" il sottile e nascosto filo conduttore che lega il saggio di Sergio Tanzarella ai due precedenti.
Questa volta la parola è quella di Giovanni XXIII, l’enciclica Pacem in terris. Una affermazione forte del valore della pace. Pace intesa sotto un triplice aspetto: pace nei cuori, pace sociale e pace internazionale. Un valore inteso e testimoniato sia nella sua valenza soggettiva che oggettiva. La pace capace di abbattere i muri della separazione, che non lascia spazio ai principi dei nazionalismi e della incomunicabilità . Una enciclica che segna un momento fondamentale nel pensiero cattolico, spazzando via alcuni silenzi sulla pace sociale ed internazionale che sono stati presenti nella tradizione cristiana nonostante il Magistero si fosse espresso sul tema all’interno della dottrina sociale della Chiesa.
Anche la Cgil sul tema della pace e della guerra, sottolinea Titti Di Salvo, ha detto una sua parola, sicura e senza tentennamenti. Di fronte alla possibilità di un nuovo conflitto in Iraq, alla possibilità di una guerra illegittima e unilaterale, la Cgil ha gridato forte il suo "no", senza se e senza ma.
Edmondo Montali