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Il buono dei ricchi
9.09.2003

Il decreto emanato lo scorso 3 settembre dal ministro dell’Economia di concerto con il ministro dell’Istruzione concede un bonus alle famiglie degli alunni iscritti alle scuole paritarie elementari, medie e superiore (limitatamente alla prima classe). Ciascuna di queste famiglie verrà invitata a presentare domanda per ottenere il contributo. La somma complessiva (30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2003, 2004 e 2005) verrà poi ripartita tra coloro che ne hanno fatto richiesta.

L’entità del bonus non è ancora nota perché dipenderà dal numero dei beneficiari e perché non tutti i criteri di ripartizione sono ancora specificati. Il decreto ha sollevato entusiasmi e polemiche. I sostenitori insistono sull’attuazione del principio della libertà di scelta da parte dei genitori; gli oppositori sottolineano che si tratta di un finanziamento surrettizio alla scuola privata e gridano all’incostituzionalità della norma.

Non intendiamo scendere su questi terreni di valutazione, ma piuttosto limitarci a indicare alcuni degli effetti economici del decreto. Per valutarne l’impatto occorre in primo luogo definire chi sono i beneficiari dell’incentivo. Ma prima ci si consenta di sottolineare l’approssimazione e l’inefficienza con cui si è arrivati al decreto.

I tempi del decreto

È del tutto evidente che, nonostante le dichiarazioni ufficiali, l’incentivo non potrà incidere sulla scelta di iscrivere i figli alla scuola privata nell’anno scolastico 2003/4. Ad anno scolastico iniziato, la scelta è già fatta. E tuttavia la legge Finanziaria, con la proposta di incentivo, è stata approvata alla fine dello scorso anno (1). Se i tempi tecnici per l’emanazione di un decreto ministeriale sono davvero di nove mesi, la legge Finanziaria avrebbe potuto prevederne l’applicazione a partire dal 2004, non dal 2003. E se invece i tempi tecnici sono inferiori, il ministero avrebbe dovuto provvedere per tempo. Scarsa capacità di programmazione nel primo caso, inefficienza nell’altro. "Questo contributo è un provvedimento che favorisce la libera scelta delle famiglie" ha annunciato il ministro Letizia Moratti. Ha anche candidamente dichiarato che avrebbe preferito graduare gli incentivi per fasce di reddito, ma i tempi per la definizione e applicazione sono troppo stretti. Purtroppo, nell’uno o nell’altro caso, i 30 milioni di euro stanziati per il 2003, cioè un terzo dell’intera cifra, hanno fallito l’obiettivo.

I beneficiari

Non si dispone di dati ufficiali sulle caratteristiche degli alunni iscritti alle scuole paritarie, al punto che il decreto citato, al punto 2 dell’articolo 3, prevede che "Il Miur provvede inoltre: ... b) ad acquisire i dati degli alunni iscritti presso le scuole paritarie". Il numero dei potenziali beneficiari dell’incentivo resta quindi incerto, giacché si conosce solo il numero di chi frequenta le scuole non statali, di cui le scuole paritarie sono un sottoinsieme.

Nell’anno scolastico 2001/2 gli alunni iscritti alle scuole non statali erano 184.253 alla scuola elementare, 61.040 alla media e 149.343 alla superiore (Miur, Scuola non statale: indagine conoscitiva – anno scolastico 2001/02). Se gli iscritti alle paritarie fossero la metà del totale (sono in realtà una quota maggiore) e gli iscritti in prima superiore un quinto del totale delle superiori (il bonus è riservato solo alla scuola dell’obbligo), si avrebbe una platea di 137.580 potenziali beneficiari. A ciascuno di essi spetterebbe un bonus di 218 euro, perché non sono al momento previste differenziazioni sulla base del reddito familiare, retta scolastica o tipo di scuola, né divieti di cumulo con altri incentivi previsti da alcune Regioni.

Si tratta quindi di un contributo modesto, che copre poco di più del costo dell’acquisto dei libri. Dubitiamo che nel 2004, quando le famiglie potranno effettivamente esercitare la scelta, il bonus potrà abbassare significativamente la barriera di accesso alla scuola privata, che richiede in genere rette dell’ordine di almeno dieci volte superiori. E poiché anche negli anni a venire l’entità del contributo sarà nota solo dopo che la scelta scolastica è stata effettuata, si introduce un elemento di incertezza nelle scelte. Nulla poi vieterà agli istituti parificati di aumentare le rette in proporzione al contributo. L’incentivo potrebbe risultare quindi ancor meno efficace di quanto sperato dal legislatore.

La distribuzione degli iscritti alle scuole private in base al reddito

Ciò che sappiamo è che l’iscrizione alla scuola privata è fortemente determinata dal reddito familiare (2).

Dai dati dell’Indagine sui bilanci delle famiglie italiane condotta dalla Banca d’Italia, emerge che tra le famiglie a basso reddito (il 25 per cento più povero) la percentuale di iscritti alla scuola elementare non statale è del 2,8 per cento; in quelle ad alto reddito (il 25 per cento delle famiglie più ricche) è dell’11,8 per cento. Un divario analogo si registra per la scuola media (1,7 per cento contro 6,8 per cento) e per la superiore (1,2 per cento e 6,7 per cento).

La probabilità che una famiglia ricca riceva l’incentivo è quindi di circa quattro volte superiore a quella di una famiglia povera.

Applicando le stesse percentuali alla distribuzione del reddito familiare del 2000, abbiamo calcolato che dei 137 mila beneficiari, circa 67 mila provengono da famiglie con reddito lordo superiore a 45 mila euro, 50 mila da famiglie con reddito compreso tra 34 e 45 mila euro, e solo 20 mila da famiglie con reddito inferiore a 34 mila euro. Si tratta dunque di un incentivo fiscale fortemente regressivo.

Sorge allora spontanea la domanda sulla ratio di una norma che ridistribuisce reddito ai ricchi, in palese contrasto con l’orientamento progressivo del nostro sistema di imposizione fiscale. Persino le legislazioni regionali delle Regioni che hanno adottato provvedimenti di sostegno alle scuole private, come Lombardia e Veneto, si erano premurate di introdurre un tetto massimo al reddito familiare necessario a ottenere l’incentivo.

Indipendentemente dal dibattito ideologico, riconosciamo la razionalità economica di provvedimenti che favoriscono la libertà di scelta e la concorrenza tra scuole. Ma tali interventi dovrebbero essere orientati a favorire una scelta effettiva tra tutte le scuole, statali e non statali. L’esperienza degli Stati Uniti e di altri paesi che non possono essere certo tacciati di prevenzione nei confronti del mercato (Cile, Nuova Zelanda), suggerisce che l’incentivo dovrebbe valere sia per la scuola pubblica che per quella privata, dipendere dal reddito familiare (chi ha un reddito elevato non dovrebbe ricevere il buono), dalle caratteristiche degli studenti (quelli più "difficili" o "costosi" per il sistema dovrebbero ricevere di più) e delle scuole (gli studenti che frequentano scuole di quartieri con forte disagio sociale dovrebbero ricevere di più di quelli che frequentano scuole con alunni che provengono da famiglie con redditi più elevati). Proprio l’opposto della linea adottata dal decreto: un esclusivo vantaggio per i ricchi che hanno deciso di iscrivere i figli alle scuole private.

Daniele Checchi e Tullio Jappelli

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Note:

(1) L’articolo 2, comma 7 della legge Finanziaria 27 dicembre 2002 recita infatti: "Con decreto del ministro dell'Economia e delle finanze, di concerto con il ministro dell'Istruzione, dell'università e della ricerca, da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono determinati i criteri per l'attribuzione alle persone fisiche di un contributo, finalizzato alla riduzione degli oneri effettivamente rimasti a carico per l'attività educativa di altri componenti del medesimo nucleo familiare presso scuole paritarie, nel limite complessivo massimo di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2003, 2004 e 2005".

(2) Cfr. D. Checchi e T. Jappelli, "School choice and quality", IZA Discussion Paper No. 828/2003

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da www.lavoce.info

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