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Le imprese chiedono aiuto alla sinistra
9.09.2003

«Non passa giorno senza che qualche imprenditore ci inviti esplicitamente a organizzarci, a preparare un credibile programma di governo alternativo a questo...». Questi ultimi di scampoli di estate, per il responsabile delle politiche economiche dei Ds Pierluigi Bersani, si stanno trasformando in una sorta di tournée durante la quale incontra decine imprenditori grandi e piccoli.

Anche ieri, alla Festa dell’Unità di Milano, ha avuto occasione di discutere della difficile situazione economica italiana con manager e industriali che dopo la tre giorni di Cernobbio non hanno potuto fare altro che prendere atto dello stato confusionale e di navigazione a vista del governo. Le critiche, anche esplicite, rivolte ai ministri di Berlusconi da personaggi dell’economia come Umberto Agnelli e Cesare Romiti sono a quanto pare solo la punta di un iceberg di malumore che coinvolge un’ampia quota dell’imprenditoria italiana.

Bersani, e così adesso succede che gli uomini d’azienda si sono definitivamente disamorati di Berlusconi, Tremonti e soci e vi strizzano già l’occhio?

«Di sicuro c’è una grande preoccupazione degli industriali, che sanno benissimo che non è in vista alcuna ripresa, né in Europa, né tantomeno in Italia, dal momento che da noi non si intravede nemmeno il più piccolo dei timidi segnali di riavvio economico che sono stati colti in Germania e, ancora di più, negli Stati Uniti. Quindi la mia paura è che qualche azienda quest’autunno sarà costretta a fermare le attività».

Ma questo potrebbe essere anche letto come un fatto congiunturale, invece lei dice che già arrivano segnali politici dal mondo economico...

«Certo, molti si avvicinano a me, a noi, per chiederci di muoverci per tempo, ci rivolgono una sorta di appello a costruire un programma di lungo periodo alternativo al vuoto attuale».

Insomma, lei coglie una gran voglia di voltare pagina?

«Sì, gli imprenditori sono molto allarmati perché si rendono conto che in questo momento non possono contare su un vero e serio governo dell’economia, hanno ormai preso atto del fatto che non c’è alcun progetto per riavviare il paese, e l’exploit di Cernobbio non ha fatto che acuire questo scoramento diffuso: capisce, questa è gente che fa impresa e dal governo non si sente ripetere altro che è tutta colpa della Cina o dei vincoli imposti dall’Europa, quando nello stesso posto c’era anche uno come Aznar, che in Spagna ha ottenuto risultati diversi pur avendo gli stessi vincoli. E’ chiaro che vi sia un forte scontento tra gli operatori economici».

Davvero lei prevede un autunno di ulteriori dismissioni di attività industriali?

«Purtroppo i segni ci sono tutti, soprattutto per settori come il made in Italy, le calzature in particolare, dove anche le poche aziende che ancora riescono a lavorare si trovano alle prese con prezzi non gratificanti e devono lottare con una concorrenza agguerritissima e quasi sempre più attrezzata dal punto di vista dell'innovazione tecnologica. E in più, i nostri imprenditori sono senza un’orizzonte che offra loro, magari, almeno obiettivi traslati nel tempo».

A proposito di orizzonti, adesso c’è grande attesa per la legge finanziaria. Ma a Cernobbio Tremonti ne ha fatto solo qualche cenno...

«... io direi che ha fatto brevi cenni sul nulla, visto che dal Dpef a oggi sappiamo ben poco delle intenzioni di questo governo. Si intuisce, per esempio, che il ministro Tremonti chiederà all’Unione europea qualche margine in più rispetto al patto di stabilità, che ha in mente qualche ipotesi di condono, compreso quello edilizio sui cui dissente palesemente il suo collega di governo Marzano, generiche misure a sostegno dei consumi, interventi sule pensioni, ma non si riesce a cogliere quali equilibri si possano raggiungere con queste misure. E quindi gli imprenditori temono, a ragione secondo me, che alla fine si scarichi proprio su di loro il costo di questo stallo. Perché è chiaro a tutti che di riduzioni fiscali non ce ne saranno».

Tremonti ha detto che non può ridurre le tasse perché tanto i consumi non crescono lo stesso.

«Se è per questo era stato lui a fare un punto qualificante del suo programma di governo la riduzione delle tasse e un milione di lire per ogni pensionato. E invece se andiamo a fare i conti vediamo che negli ultimi tre anni la pressione fiscale è persino aumentata».

E sulle pensioni, invece, cosa si potrebbe e si dovrebbe fare?

«Io sono convinto che non si possa separare questa materia da una ampia piattaforma che unisca welfare e fiscalità, dove si ragiona nello stesso momento sui giovani, sui nuovi lavoratori atipici, sull’evasione, sull’emersione, sul secondo pilastro dei fondi privati, di allargamento della base contributiva. Poi nessuno si oppone, ovviamente agli incentivi, ma il centrodestra non si rende conto che in realtà l’unica vera manovra economica che ha realizzato è stata la regolarizzazione degli immigrati, ampliando così il numero dei contribuenti. Ma loro di questo si vergognano persino...».

da www.unita.it

 

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