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Lungaggini della giustizia: una tragedia per le imprese
18.11.2009

Lungaggini della giustizia: una tragedia per le imprese.  La soluzione è l’arbitrato.  L'Italia è agli ultimi posti in Europa per l'eccessiva durata dei processi e nel confronto con altri paesi avanzati manifesta tanti disservizi nell'organizzazione della giustizia da compromettere la competitività delle proprie imprese. A causa di un sistema giudiziario inefficiente, i cittadini e le aziende italiane che non ottengono sentenze in tempi brevi, o comunque accettabili, diventano testimoni passivi e vittime di una riduzione dei propri diritti che ha conseguenze devastanti.

Di questa situazione grave che danneggia tutto il sistema abbiamo chiesto di capire qualcosa di più all’esperto in materia avvocato Massimo Romolotti, per individuare le possibili contromisure.

Avvocato Romolotti, ma l’Italia non è definita "la culla del diritto"?

Montesqieu, teorizzatore del sistema dei poteri, sosteneva che in uno "Stato ben ordinato (…) la virtù civica consiste nel desiderio di vedere l'ordine nello Stato, di provare gioia per la pubblica tranquillità, per l'esatta amministrazione della giustizia, della sicurezza della Magistratura, per il rispetto tributato alle leggi, per la stabilità della Repubblica".

Alla luce di queste riflessioni si può affermare che il nostro Paese, tra gli elementi "costitutivi della virtù civica", alla quale aspirano i cittadini italiani, non abbia ancora reso effettiva l'esatta amministrazione della giustizia.

Le cose proprio non funzionano?

Nell'Italia di oggi il tema della giustizia quale fattore primario che renda la società accettabile, vivibile e sana è da troppi anni un problema sostanziale non risolto. L'incidenza della voce giustizia nelle riforme politiche, sociali ed economiche ha portato uno squilibrio negativo nel rapporto tra le garanzie offerte dallo Stato ai cittadini e le possibilità di uno sviluppo ampio e sicuro della collettività; quindi della percezione di tutela da parte dell'individuo, tra l'altro in una fase di intensa innovazione tecnologica che solleva questioni inedite proprio in merito a tutela dei diritti e dei doveri del cittadino.

Ma quali soluzioni si possono adottare?

Per accrescere l'efficienza del sistema giudiziario italiano bisognerebbe intervenire su molti fronti, non vi è dubbio che la scelta prioritaria dovrebbe essere quella di prevedere e valorizzare, dal punto di vista organizzativo e di gestione delle risorse umane e dei processi, una figura specifica all'interno di ogni organizzazione.

Non ci sono già i giudici per dirimere questi nodi?

Ai giudici è certamente richiesta una grande competenza in materia giuridica e un'adeguata formazione per conseguire la necessaria preparazione, ma le capacità organizzative e quelle gestionali, rispetto alle risorse umane ed economiche a disposizione nell’apparato della giustizia, non sono oggetto della loro formazione, si fa dunque appello al talento naturale!

Talento? Non sembra essere un parametro oggettivamente poco affidabile?

La complessità crescente delle procedure all'interno dell'organizzazione dei luoghi di lavoro, siano essi aziende private o uffici pubblici, non permette di far leva sulla naturale inclinazione di ognuno, come dimostra il recente strutturarsi delle imprese, il fiorire di studi accademici e di conseguenti prassi per ottimizzare i processi organizzativi.

Che fare nel concreto?

Abbandonando queste suggestioni in attesa che il legislatore, nel suo intervento riformatore, applichi il principio della ragionevole durata del processo - concetto affermato dalla Corte europea dei Diritti dell'uomo e dalla Costituzione - per far fronte alle sollecitazioni che la collettività e soprattutto il mondo produttivo dell'impresa richiedono, l'arbitrato può considerarsi uno strumento alternativo alla giurisdizione civile ordinaria, come del resto anche altri mezzi di risoluzione stragiudiziale delle controversie.

In cosa consiste questo strumento?

Nel suo aspetto sociale l'arbitrato è percepito come un mezzo privato di giustizia e come strumento voluto dalle parti in conflitto che si affidano a soggetti privati, di norma professionisti che, scelti direttamente o indirettamente nominati dalle stesse, assumono l’incarico di "arbitri", per dirimere la controversia e raggiungere velocemente una decisione che ha valenza di sentenza. Si tratta insomma di un sistema di composizione extragiudiziale delle liti, ma con efficacia di giudicato. La parte soccombente che non adempia sarà soggetta esecutivamente al disposto del Lodo, in quanto titolo esecutivo.

Ci sono novità nel quadro normativo che riguarda l’arbitrato?

Le norme in materia sono state recentemente modificate: il decreto legislativo numero 40 del 2 febbraio 2006 ha introdotto significative novità che hanno comportato:

- l'ampliamento delle controversie compromettenti in arbitro e maggiori poteri degli arbitri:

- il superamento della distinzione tra arbitrato e arbitrato rituale, con la scelta di un modello unitario; cioè l'applicazione di un determinato rito previsto dalla legge e precisamente quello definito dalle norme dettate dal Codice di procedura civile per istruire le cause davanti ai tribunali ordinari;

- l'emissione di un lodo: con questo nome si definisce l'atto conclusivo della procedura arbitrale, i cui effetti sono i medesimi della sentenza.

L'arbitrato assume allora il ruolo di vera e propria giurisdizione di tipo privatistico?

Direi di sì: si svolge nelle medesime forme rituali del processo di cognizione ordinaria, con esiti identici per efficacia alle sentenze rese dai giudici dello Stato, ma con tempi decisamente più contenuti.

I vantaggi?

I vantaggi evidenti sono nell'economia della gestione delle vertenze, che hanno origine dallo svolgimento dell'attività di impresa, fino alla riduzione del tempo necessario per acquisire certezza del proprio diritto. Presenta quindi un'indubitabile valenza anche economica.

Che cosa devono fare allora gli imprenditori per muoversi preventivamente davanti a questi problemi serissimi per le loro attività?

Avere l'avvedutezza di inserire nei contratti la clausola compromissoria che consenta il ricorso all’arbitrato in caso di controversia. Sarà la più utile strategia per aggirare il difetto delle lungaggini della giustizia ordinaria che cozzano in modo devastante con le esigenze di dinamismo, tempestività e competitività delle aziende impegnate nelle sfide del mercato globale.

fonte: ACR News info@avvocaticatellaniromolotti.it

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