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Il sangue sul volto del premier.
14.12.2009

Dopo i fatti di Milano Il sangue sul volto del premier. Dopo l’aggressione a Silvio Berlusconi è il momento del senso della responsabilità e della misura. L’Italia non ha bisogno di giri di vite, ma di serenità e rispetto delle regole. di Davide Orecchio .Abbiamo visto il sangue sul volto del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Il suo viso tumefatto, sfigurato dalla violenza di una persona incensurata, Massimo Tartaglia, in cura al policlinico di Milano da dieci anni per disturbi mentali, stando alle prime notizie circolate sul conto dell’aggressore. Il premier non ci è apparso solo ferito dalla brutalità di un gesto che ci impressiona tutti e condanniamo, ma nella sua espressione, nei suoi occhi, sembrava di leggere qualcosa di più del dolore fisico: sconcerto, stupore, umiliazione, il non capacitarsi di quanto era appena accaduto.

È stato un gesto isolato, non legato – sembra - a una matrice o a un gruppo politico. Un’aggressione quindi difficilmente assimilabile ad altre subite da leader europei negli anni più recenti: le uova lanciate contro Helmut Kohl a Schwerin nei primi anni novanta, le monetine di Bettino Craxi, la torta in faccia che lasciò sul volto di Jacques Delors un misto di panna e sangue. Succede che capi di stato o di governo subiscano imboscate simili. Ciascuna di esse fa storia a sé e lascia la maggioranza dell’opinione pubblica inorridita. Nessuna di esse, però, è avvenuta per caso, ma si è manifestata in momenti di particolare tensione politica e storica. È banale affermarlo per l’Italia che assiste al sangue di Berlusconi: un paese lacerato dall’emergenza quotidiana dello scontro istituzionale, dei killeraggi politici, dei ricatti, di morti misteriose, e sovrastato dall’ombra perenne dell’ingovernabilità. Un paese esausto, il paese governato da Silvio Berlusconi.

Questo paese ora ha bisogno di senso di responsabilità da parte di chi lo governa. Il ministro della Difesa Ignazio La Russa, commentando a caldo l’aggressione al premier, ha parlato di clima di odio tirando in causa manifestazioni come il No B Day e ammonendo (cito a memoria ma mi sembra abbia detto proprio così) che se non ci si ferma prima del "baratro" sarà "peggio per tutti". È il genere di affermazioni che sarebbe il caso di evitare. Non è impedendo a migliaia di persone (che siano minoranza o maggioranza nel paese) di esprimere la propria opinione, e di scendere in piazza, che si renderà un servizio all’Italia. L’Italia non ha bisogno di giri di vite né di ascoltare in tv ministri dell’esecutivo che accusano "alcuni precisi gruppi editoriali" di essere i mandanti del gesto di uno psicolabile (l’ha detto Renato Brunetta a Sky). C’è bisogno invece che tutti si fermino, c’è bisogno di senso della misura.

La tranquillità di un paese democratico si mostra nel rispetto della sua Costituzione, della sua magistratura, delle sue istituzioni e della libertà di opinione. Quel rispetto delle regole che poi si declina nella vita di ognuno di noi, entra nelle nostre case e modera le nostre esistenze. L’esasperante fattore B., al contrario, sconquassa le vite di tutti ed entrando nelle nostre case le lascia in disordine. Anche la casa di una persona debole, afflitta da problemi mentali, capace di reagire come nessuno dovrebbe.

Per la prima volta gli italiani hanno visto il sangue sul volto di un loro presidente del Consiglio. È il caso di augurare al premier una pronta guarigione. E a tutti gli italiani di recuperare presto quella serenità che è un loro diritto.

http://www.rassegna.it:80/articoli/2009/12/14/56105/il-sangue-sul-volto-del-premier

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