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Riforma e scuole alberghiere di Alfredo Zini
10.03.2010

Riforma e scuole alberghiere di Alfredo Zini Mancano soldi e stage in azienda.  Gli istituti turistico alberghieri hanno bisogno di risorse economiche per formare studenti in grado di entrare nel mondo del lavoro. Troppi istituti sono in condizioni fatiscenti, non hanno aule dotate di attrezzature e strumenti. Troppo pochi anche gli stage e il contatto con il mondo del lavoro

A giudicare dal gran chiasso che la riforma scolastica ha suscitato, se non si leggesse il testo del provvedimento, verrebbe da pensare a uno stravolgimento delle tradizioni e delle abitudini della scuola, a una rivoluzione della vita scolastica, a partire dalla primaria (forse anche dalla materna) per arrivare all’Università.

Le polemiche hanno imperversato sulle televisioni e fiumi di inchiostro hanno riempito i giornali. E così sono andato a spulciare parola per parola la riforma, ansioso di capire in che modo potesse apportare cambiamenti nell’ambito della formazione della scuola secondaria con riferimento agli istituti di formazione alberghiera o comunque legati al turismo. Niente. Neanche una parola, neanche una virgola.

Gli istituti professionali turistico alberghieri hanno bisogno di maggiori risorse economiche per formare studenti in grado di entrare nel mondo del lavoro preparati, in possesso dei requisiti necessari per affrontare l’attività lavorativa, con adeguata manualità e professionalità.

Questi istituti professionali, purtroppo, fatte salve le debite eccezioni, sono molto teorici e raramente prevedono una formazione pratica, un contatto diretto con il mondo del lavoro. Troppi istituti sono in condizioni fatiscenti, non hanno aule dotate di attrezzature e strumenti che possano consentire agli insegnanti di mettere gli studenti nella condizione di imparare un mestiere.

Gli stage in azienda, per esempio, vengono effettuati solo al terzo anno scolastico e non sono più previsti per i due anni successivi; ritengo invece che sia necessario garantire agli studenti, proprio dal terzo anno in poi, fino alla fine del percorso scolastico, di fare molta pratica, di essere messi nella condizione di coniugare gli elementi teorici acquisiti con gli aspetti pratici della professione che andranno a svolgere.

Ciò consentirebbe loro di affrontare qualsiasi situazione lavorativa, senza essere costretti a frequentare corsi di formazione successivi, della durata di 120 ore circa, il cui costo grava sulle aziende, che non sempre sono in grado di sostenerlo.

È dunque assolutamente necessaria una riforma dei programmi degli istituti professionali turistico alberghieri che prevedano un più stretto contatto con il mondo del lavoro, anche attraverso l’istituzione di stage nel corso dell’ultimo triennio di studi. Il corpo docente dovrebbe essere messo in condizione di confrontarsi con chi opera sul mercato, di frequentare corsi di aggiornamento per aumentare la propria professionalità e competenza e di mantenere un costante contatto con il mondo del lavoro.

Una delle maggiori entrate economiche per il nostro Paese è il turismo e se l’investimento per la formazione di operatori del turismo continuerà a essere quasi nullo e se non si interverrà in maniera efficace per potenziare la scuola, si rischierà di perdere ancora posizioni nella classifica dei paesi più visitati del mondo. Dobbiamo puntare sulla qualità e sull’accoglienza, unendo alla nostra fantasia la professionalità degli operatori del turismo e, in particolare, della ristorazione.

Per il momento, in attesa di un’auspicata riforma delle scuole turistico-alberghiere, continuerà a essere compito di noi ristoratori completare la formazione di tanti ragazzi e ragazze che si avvicinano al nostro mondo lavorativo e che sono seriamente intenzionati a intraprendere il nostro meraviglioso lavoro.

· Consigliere delegato Fipe, Federazione italiana pubblici esercizi

Fonte: http://www.italiaatavola.net:80/articoli.asp?cod=14262

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