29.03.2010
Notiziario sulle politiche attive del lavoro in Europa Ces ed occupazione- Ineguagliaza- nuovi dati sulla disoccupazione- libera circolazione lavoratori (a cura di Ornella Cilona, Cgil nazionale) Numero 2, anno III, marzo 2010 Indice 1. La Ces discute sulla strategia europea per l’occupazione 2. Persiste in Europa l’ineguaglianza al lavoro 3. Arrivano nuovi dati sulla disoccupazione in Europa 4. Si riunisce il Comitato consultivo sulla libera circolazione dei lavoratori europei
1. La Ces discute sulla strategia europea per l’occupazione: La Confederazione europea dei sindacati ha organizzato a Madrid agli inizi di marzo una conferenza dal titolo “Lottare contro la crisi dell’occupazione: la strategia europea è all’altezza della sfida?”. Il seminario si è dimostrato un’utile occasione per approfondire i punti basilari della nuova strategia comunitaria Eu 2020 e per ascoltare il parere dei sindacati europei in proposito. Declan Costello (Direzione Generale economia e affari finanziari) e Xavier Prats Monné (Direttore alla DG Occupazione e Affari sociali) hanno presentato in nome della Commissione europea Eu 2020, che sostituirà la strategia di Lisbona. Quest’ultima, ha affermato Costello “non è stata un fallimento, ma bisogna eliminare i suoi difetti per aumentarne l'attendibilità . Infatti, non si è verificato alcun progresso negli investimenti in ricerca e sviluppo, né sono stati eliminati i divari di produttività fra i diversi Stati membri”. E’ dunque necessario pensare a una struttura migliore degli incentivi e creare un reale valore aggiunto a livello comunitario. Nei prossimi anni, inoltre, le politiche macroeconomiche e quelle fiscali detteranno in buona parte l’agenda politica dell’Unione europea. Per Bruxelles, nei prossimi dieci anni occorre “rendere l’economia europea leader, competitiva e prospera, incentrata sulla conoscenza, interconnessa, più verde e più partecipativa, un’economia sostenibile in grado di crescere più velocemente e in modo duraturo e di generare elevati livelli di occupazione e di progresso sociale”. E’ questo, in sintesi, il programma della nuova strategia comunitaria Eu 2020, che guiderà le politiche dell’Ue nei prossimi dieci anni e che sarà varata definitivamente all’inizio dell’estate, dopo la discussione nel Consiglio europeo di fine marzo. Walter Cerfeda, segretario confederale della Ces, nel suo intervento introduttivo ha messo in evidenza che il 2010 sarà un anno di emergenza sociale, poiché il tasso di disoccupazione nell’Europa a 27 Stati continuerà ad aumentare nei prossimi mesi e la stagnazione economica proseguirà fino al 2011. La Ces ha chiesto da tempo un piano europeo di rilancio dell’occupazione, che impegni risorse straordinarie per sostenere la crescita, favorire l’educazione e combattere le disuguaglianze sociali. Tuttavia, Eu 2020 considera come priorità il Patto di stabilità e prevede che non siano destinate altre risorse finanziarie per sostenere la crescita fino al 2013. Cerfeda ha rilevato che la nuova strategia comunitaria presenta tre elementi interessanti: l’attenzione verso una politica industriale europea e la riconversione verso l’economia verde; la selezione degli obiettivi; la presenza di maggiori legami fra la strategia europea e quelle dei governi nazionali. La Ces, però, muove sei critiche a Eu 2020. In primo luogo, il Parlamento europeo ha un ruolo forte nella gestione della nuova strategia comunitaria, ma le parti sociali lo hanno debole. Occorre, dunque, rimettere al centro le relazioni industriali. In secondo luogo, Eu 2020 considera le politiche sociali una conseguenza della crescita economica: in questo modo, diviene una priorità come rendere moderno il mercato del lavoro. Un terzo elemento di debolezza della nuova strategia comunitaria è che ripropone il concetto di flessicurezza. La Commissione Ue afferma, infatti, chiaramente che occorre attuare la seconda fase della flessicurezza e chiede alle parti sociali di lavorarci sopra. In quarto luogo, quando si parla in Eu 2020 di educazione si dice soltanto che occorre rafforzare il programma Erasmus. E’ invece per la Ces fondamentale che sia varato un piano a favore della formazione lungo tutto l’arco della vita, utilizzando le risorse del Fondo sociale europeo. In quinto luogo, in Eu 2020 non si parla di pari opportunità e non sono indicati obiettivi quantitativi per l’aumento dell’occupazione femminile, a differenza di quanto era previsto nella strategia di Lisbona. La crisi economica e finanziaria mondiale ha, però, peggiorato la condizione delle donne nel campo sociale e del mercato del lavoro ed è dunque necessario inserire degli obiettivi per favorire le pari opportunità . Infine, per uscire dalla recessione, la Commissione Ue punta sul Piano di stabilità : Eu 2020 prevede, infatti, che entro il 2013 bisogna ridurre le spese pubbliche nei Paesi europei maggiormente indebitati. Tale diminuzione rischia, però, di ricadere negativamente sui lavoratori e sulle loro famiglie. Maggiori informazioni in: http://www.etuc.org/a/7075
2. Persiste in Europa l’ineguaglianza al lavoro:
Eurobarometro, che fornisce sondaggi sulla pubblica opinione europea per conto della Commissione Ue, ha recentemente pubblicato un Rapporto sull’uguaglianza di genere nel 2009, frutto d’interviste effettuate a circa 26.500 cittadini comunitari. Il 62% degli interpellati ritiene che ci sia una diffusa ineguaglianza, anche se il 66% giudica che sia meno forte rispetto a dieci anni fa. Per due quinti del campione, la crisi economica aumenta le disparità fra i sessi al lavoro e in campo sociale. Le iniziative contro la violenza nei confronti delle donne e il superamento dei divari retributivi sono le due azioni considerate oggi più urgenti nel campo delle pari opportunità . Per quanto riguarda il mercato del lavoro, il 15% degli intervistati è stato testimone o ha personalmente vissuto discriminazioni basate sul sesso in una fabbrica o in un ufficio. Per aumentare il numero di occupate, il 44% e il 41% rispettivamente del campione propone l’equiparazione delle paghe fra uomini e donne, nonché servizi per la cura di bambini e anziani. E’, però, significativo che in Italia solo il 29% degli interpellati sia favorevole ad aumentare i salari e gli stipendi dell’”altra metà del cielo”. Sempre per quanto riguarda la riduzione dei divari retributivi per sesso, su scala comunitaria le misure giudicate più efficaci dagli intervistati sono l’applicazione di sanzioni per le imprese responsabili di pratiche discriminatorie e iniziative per rendere maggiormente trasparente la determinazione delle paghe. In Italia, tuttavia, rispetto a quest’ultima misura è considerata migliore quella che favorisce l’accesso delle donne a settori e qualifiche professionali dove sono sotto rappresentate. L’alto costo dei servizi di cura – spesso equivalente al guadagno di una lavoratrice – è considerata una barriera all’uguaglianza nei posti di lavoro. L’introduzione di orari maggiormente flessibili, il potenziamento di esperienze come il telelavoro e le misure per favorire la conciliazione fra vita professionale e famiglia sono elencate come gli strumenti più efficaci per favorire l’occupazione femminile. Maggiori informazioni in: http://ec.europa.eu/public_opinion/archives/ebs/ebs_326_fact_it_it.pdf
3. Arrivano nuovi dati sulla disoccupazione in Europa:
Le imprese europee che hanno superato la crisi ricorrono al lavoro temporaneo e quelle che si trovano ancora nel mezzo della recessione continuano a licenziare, soprattutto nell’edilizia e nell’industria manifatturiera. Sono queste le conclusioni contenute nel Bollettino sul mercato del lavoro europeo, pubblicato a marzo dalla Direzione generale Occupazione e Affari sociali della Commissione Ue. A gennaio di quest’anno il tasso di disoccupazione è stato nei 27 Paesi pari al 9,5% (+1,5% rispetto a un anno fa): nella maggior parte degli Stati continua ad aumentare, anche se a ritmi meno elevati rispetto alla metà del 2009. L’unica eccezione è costituita dall’Irlanda, dove la percentuale dei senza lavoro è in netto aumento. A preoccupare la Commissione europea è, in particolare, l’alto tasso di disoccupazione fra i giovani europei sotto i 25 anni (20,9%). In generale, è, però, tutto il mercato del lavoro comunitario a non mostrare segnali di miglioramento: “Le previsioni per il 2010” si legge nel Bollettino “continuano a rimanere sfavorevoli”. Nonostante che questi dati non inducano all’ottimismo, il Consiglio dei Ministri europei dell’economia e finanza ha già anticipato pochi giorni fa che intorno alla metà dell’anno gli Stati membri potranno iniziare a cancellare le misure prese per combattere la disoccupazione, a meno che non si registri un’ulteriore, forte diminuzione di posti di lavoro. Agli inizi del mese, tuttavia, il Consiglio dei Ministri europei dell’occupazione e degli affari sociali ha varato alcune misure per favorire la crescita o il mantenimento dei posti di lavoro, come la concessione di microcredito per chi ha perso l’impiego, l’allungamento dei congedi parentali da tre a quattro mesi e il sostegno per i lavoratori autonomi. Maggiori informazioni in: http://ec.europa.eu/social/main.jsp?langId=en&catId=89&newsId=733&furtherNews=yes
4. Si riunisce il Comitato consultivo sulla libera circolazione dei lavoratori europei:
A fine febbraio si è riunito a Bruxelles il Comitato consultivo sulla libera circolazione dei lavoratori, istituito dalla Commissione europea e cui partecipano rappresentanti dei governi, dei sindacati e delle associazioni imprenditoriali dei 27 Paesi membri. Sono stati quattro i punti più importanti all’ordine del giorno. Il primo ha riguardato le nuove linee guida 2010-2013 di Eures, il portale sulla mobilità del lavoro all’interno dell’Unione europea. Le attività di Eures consistono in: servizi per l’incontro fra domanda e offerta di lavoro; assistenza ai disoccupati; cooperazione fra i membri di Eures a livello transnazionale, settoriale e di frontiera; monitoraggio e risoluzione dei problemi che ostacolano la mobilità dei lavoratori europei. Le linee guida per i prossimi anni presentano due aspetti nuovi rispetto al passato. In primo luogo, i giovani disoccupati saranno nei prossimi anni i soggetti sui quali si concentrerà l’attività di Eures. Inoltre, gli obiettivi del portale appaiono questa volta più concreti rispetto al passato. Le linee guida prevedono, in particolare, sia un’integrazione delle banche dati sui posti di lavoro vacanti fra i differenti Paesi, sia lo scambio dei curriculum dei cittadini comunitari in cerca di lavoro. I membri di Eures possono, inoltre, scambiare informazioni aggiornate sulle condizioni di vita e di lavoro negli Stati dell’Ue. Purtroppo questo tipo di notizia – fondamentale per un lavoratore che intenda trasferirsi in un altro Paese – è oggi disponibile solo in alcuni Stati. Alcuni sindacati nazionali hanno, infatti, segnalato che i lavoratori stranieri non ricevono informazioni adeguate sui propri diritti. Per esempio, a Cipro è diffusa la pratica da parte degli imprenditori di far firmare ai lavoratori dei Paesi dell’Est europeo contratti individuali che prevedono paghe anche di appena 500 euro il mese. Nonostante il salario minimo a Cipro sia fissato in 800 euro, questi contratti sono perfettamente legali perché individuali.“C’è una dicotomia fra le parole e i fatti in tema di mobilità dei lavoratori” ha ammesso Marco Ferri, capo unità alla Commissione europea “perché ci sono Paesi che non vogliono praticare la mobilità dei propri cittadini, anche se la predicano”. La formazione professionale è citata nelle linee guida Eures come una delle attività su cui si può sviluppare la cooperazione fra aree transfrontaliere per rimuovere gli ostacoli che impediscono la mobilità dei lavoratori europei. L’organizzazione di corsi di lingua è un esempio di attività in questo senso nel campo della formazione professionale. Eures sta anche sviluppando uno strumento, l’Esco (European Skills Competences Occupations), che fa dialogare il mercato del lavoro europeo con le qualifiche professionali, fornendo una cartina dei posti vacanti. Nel corso della riunione, la Ces ha chiesto che il sindacato europeo conti di più nella definizione delle attività di Eures e che si mantenga la missione fondamentale di un inventario dei posti vacanti e delle qualifiche necessarie per ottenerli. Un secondo argomento trattato nel corso della riunione è stato la prossima Comunicazione della Commissione europea sulla libera circolazione dei lavoratori, prevista nei prossimi mesi. La Ces non è riuscita a ottenere una bozza di questa Comunicazione, la quale, poiché il 25% delle sentenze della Corte di giustizia europea si occupa di libera circolazione dei lavoratori, aggiornerà l’acquis comunitario in materia, rappresentato dalla precedente Comunicazione del 2002. Fra i temi che figureranno nel nuovo documento della Commissione Ue vi sono la definizione di occupato, il trattamento della famiglia del lavoratore e i vantaggi sociali. In terzo luogo, nel corso della riunione è stato presentato uno studio sulla libera circolazione dei lavoratori pubblici, finanziato dalla Commissione europea. L’occupazione in questo settore costituisce il 15-30% della forza lavoro dell’Ue. La libera circolazione dei lavoratori pubblici ha spesso delle limitazioni, dovute alle differenti qualifiche esistenti nei diversi Paesi, la portabilità dei contributi previdenziali da uno Stato all‘altro, il calcolo dell’anzianità di servizio nei periodi di lavoro prestati all’estero e l’insufficiente o nullo riconoscimento dell’esperienza professionale. Lo studio sottolinea che l’esercizio dell’autorità pubblica e la protezione dell’interesse generale sono due aree di lavoro pubblico che non possono essere occupate da cittadini stranieri. L’aggiornamento sulle misure transitorie (che limitano per un periodo determinato la libera circolazione dei lavoratori europei in alcuni Stati) è stato il quarto tema di cui si è occupato il Comitato. La Ces ha chiesto che la Commissione europea chiarisca se le scadenze per la rimozione di queste misure transitorie saranno rispettate o posposte, ma non ha ottenuto una risposta dalla Commissione europea. La situazione per quanto riguarda le misure transitorie è la seguente. Tre Stati membri non hanno ancora rimosso le barriere alla libera circolazione dei lavoratori degli otto Paesi dell’Europa dell’Est che hanno aderito all’Ue nel 2004: Austria, Germania e Gran Bretagna. Sono, invece, 14 i Paesi europei che hanno già permesso la libera circolazione dei lavoratori bulgari e rumeni. Al termine della riunione è stata, infine, presentata l’anticipazione di un sondaggio compiuto da Eurobarometro sulla mobilità del lavoro e geografica, che sarà reso noto nelle prossime settimane. Da questa indagine risulta che, nonostante il 60% dei cittadini europei sia a favore della mobilità , solo il 10% di loro ha vissuto e lavorato in un altro Paese dell’Ue. Chi risiede nei Paesi scandinavi e quelli baltici è più propenso alla mobilità del lavoro, mentre gli Stati dove i cittadini sono meno intenzionati a trovare un impiego all’estero sono Italia, Austria e Grecia. Il 24% degli intervistati ha, infine, dichiarato che la difficoltà di trovare lavoro è il fattore maggiormente scoraggiante della mobilità . Anche i problemi nell’ottenere il permesso di lavoro giocano un ruolo importante, secondo il sondaggio, nell’ostacolare la mobilità . Maggiori informazioni in: http://ec.europa.eu/eures/home.jsp?lang=it
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