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Le famiglie dimenticate
19.09.2003

Le politiche familiari in Italia / Uno studio dell'Eurispes
Famiglie dimenticate
Le famiglie non sono al centro dell'agenda politica in questo paese. Al contrario, si fermano ai gradini più bassi di un ipotetico elenco delle priorità. L'Italia, infatti, investe solo lo 0,9% della ricchezza nazionale nelle politiche familiari. Un dato che relega il nostro paese all'ultimo posto nell'Unione europea. E' quanto emerge da uno studio Eurispes (“Politiche sulla famiglia: l’Italia in grande ritardo”) diffuso oggi dall'istituto di ricerca.

In Europa Portogallo e Paesi Bassi destinano l’1,2% del loro Pil alle politiche familiari. Seguono l'Irlanda con l'1,9%, la Grecia (2,1%), il Regno Unito (2,4%), il Belgio (2,6%), l'Austria (2,9%), Francia e Germania (3%), Lussemburgo e Finlandia (3,4%), la Svezia (3,5%) e la, Danimarca col 3,8%. L’Italia è abbondantemente al di sotto della media Ue, che è pari al 2,3%. Solo la Spagna sta peggio di noi con lo 0,4% del Pil.

L'esiguità di risorse destinate alle famiglie è una causa immediata della scarsa natalità. Per rilevare questo rapporto di causa-effetto, i ricercatori dell'Eurispes hanno fatto un semplice raffronto tra Italia e Francia. Col 3% del Pil destinato al welfare per le famiglie, la Francia investe circa 80 miliardi di euro all'anno, e può permettersi il più elevato tasso di fecondità (1,9 bambini per donna). Al contrario le famiglie italiane incontrano grosse difficoltà a concepire figli (il tasso di fecondità medio per la donna italiana è pari a 1,2: il più basso d’Europa) a causa proprio degli scogli economici e della latitanza delle politiche a sostegno della famiglia.

“Assume importanza prioritaria – afferma il presidente dell’Eurispes Gian Maria Fara - l’assunzione di una nuova e più generosa politica familiare, basata sullo sviluppo di strumenti di natura economica paralleli e alternativi agli assegni familiari e alle detrazioni di natura fiscale”. “Assegni per figli minori, assegni alla nascita, forme di reddito minimo garantito, in parte previsti nel Dpef, costituiscono – sottolinea Fara - strumenti necessari a garantire il sostegno del costo di mantenimento dei figli anche alle famiglie non coperte dai principali strumenti utilizzati nel nostro Paese”.

Secondo l'Eurispes il principale strumento di sostegno alle famiglie in Italia, le detrazioni fiscali per i famigliari a carico, è del tutto inadeguato perché lascia scoperti "i nuclei che più degli altri necessiterebbero di sostegno economico - si legge nello studio -: quelli in cui entrambi i coniugi risultano disoccupati". Per l'istituto è dunque "prioritaria" l’introduzione di misure a sostegno dei nuclei familiari che non possono usufruire delle agevolazioni fiscali. Infatti i sussidi monetari, attualmente in vigore a sostegno delle famiglie, sono giudicati nello studio come "del tutto inadeguati al mantenimento dei figli". Mantenimento che comporta enormi sacrifici: basti pensare che l’arrivo del primo figlio determina mediamente una diminuzione del reddito a disposizione tra il 18% e il 45% ed una spesa aggiuntiva compresa tra i 500 e gli 800 euro mensili, variabili in relazione all’età e alla collocazione geografica.

Per quanto concerne i sussidi indiretti, l'Eurispes mette in evidenza l’insufficienza delle detrazioni fiscali in vigore nel nostro Paese confrontandole con Francia e Germania: per una famiglia con due figli a carico e un reddito complessivo di 30 mila euro il risparmio d’imposta previsto è pari a poco più di 500 euro in Italia, mentre sale a tremila euro in Francia e a seimila in Germania.

Sul Reddito di ultima istanza, lo strumento di sostegno alle fasce più deboli introdotto dal centrodestra con l'ultimo Dpef (in sostituzione del
Reddito minimo di inserimento, ora abolito), l'Eurispes rileva che non è indicato da nessuna parte l’ammontare dell’assegno previsto. E’ certo, tuttavia, secondo l'istituto, che "le risorse destinate a tale misura dovrebbero essere consistenti per garantirne la copertura a tutte le famiglie che vivono in condizione di indigenza". In base agli ultimi dati disponibili sono infatti circa 2 milioni e mezzo le famiglie che vivono in condizione di povertà relativa (l’11% del complesso), concentrate per i due terzi nel Mezzogiorno d’Italia.

Sul fronte del sostegno al costo dei figli e alle madri lavoratrici, prosegue lo studio, il nostro Paese si caratterizza per una rilevante carenza dei servizi per la prima infanzia. È possibile osservare come i servizi privati coprano, a livello nazionale, oltre un quinto dell’offerta complessiva: 604 asili su 3.008 sono infatti di tipo privato. In alcune regioni e province autonome, l’incidenza del privato sul complesso degli asili nido è particolarmente rilevante, come nella provincia autonoma di Bolzano (43,7%), e in Veneto (52,2%), Campania (52,9%), e Calabria (45%). L’insufficienza di strutture sostenute da risorse pubbliche può essere solo parzialmente compensata dalla presenza di asili nido privati. L’elevato costo dei servizi di tipo privato impedisce infatti di considerarli una valida alternativa. Inoltre, come mostra la tabella 10, la percentuale di domande d’iscrizione agli asili nido, pubblici e privati, rimaste inaccolte è molto elevata, anche nei territori caratterizzati da una maggiore presenza di servizi privati.

In base allo studio dell’Eurispes, infatti, un terzo dei bambini italiani è in lista di attesa per entrare in un asilo nido: si tratta del 32% delle domande di iscrizione che risultano in stand-bay. Le maggiori carenze si riscontrano in Trentino Alto Adige, dove la percentuale sfiora il 60%, in Liguria (55,8%), e in Valle d’Aosta che, con il 51,7% di domande inaccolte, chiude il gruppo di regioni in cui la percentuale di bambini che attendono di andare all’asilo supera quella delle domande accolte. Il tasso di copertura degli asili nido è inferiore alla media anche in Veneto (dove la percentuale di domande accolte è pari al 58,5%), Friuli Venezia Giulia 62,2%, Lazio 63,5%, Toscana 65,1% e Sardegna 66,3%.

(17 settembre 2003)

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