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Investimenti nella ricerca: l’EU registra progressi. L'Italia NO
18.04.2010

Investimenti nella ricerca: l’EU registra progressi, ma procede lentamente, solo l’Italia è in calo Il commissario Philippe Busquin ha illustrato i progressi realizzati nell’attuazione del piano d’azione del 30 aprile 2003 destinato ad incrementare le attività di ricerca pubbliche e private in Europa. Si tratta di portare gli investimenti nel campo della ricerca, dall'attuale livello pari a circa il 2%, al 3% del prodotto interno lordo europeo entro il 2010, conformemente all’impegno assunto dal Consiglio europeo di Barcellona del marzo 2002. I primi risultati sono incoraggianti ma non sufficienti, come lo dimostra l’evoluzione dei bilanci degli Stati membri nel 2003 e 2004 presentata per la prima volta a livello europeo. Da parte sua, l’Unione europea mobilita tutti gli strumenti di finanziamento per la ricerca e l’innovazione: proposta di raddoppio del bilancio del programma quadro di ricerca, ricorso più frequente ai fondi strutturali per rafforzare le capacità di ricerca e di innovazione delle regioni, iniziativa Innovazione 2010 della Banca europea per gli investimenti, preparazione di grandi iniziative nell'ambito delle piattaforme tecnologiche e dei progetti «Quick Start».          L’Italia negli investimenti per la ricerca continua a tagliare i fondi. Infatti, nel quadriennio 1998–2001 ha investito per la Ricerca Scientifica e Tecnologica circa l’1,2% del PIL annuo, nel quadriennio 2002–2005 la media è scesa a meno dello 0,8 % e con la finanziaria 2010 scenderà al 0,6 %, se ci confrontiamo con la Svizzera che per la Ricerca Scientifica e Tecnologica investe il 4,4 %  del PIL ogni anno, dovremmo preoccuparci molto seriamente per il futuro del nostro paese. Che oltre all’Energia l’Italia dovrà importare anche le scoperte della ricerca straniera? E come è noto sarà anche opera di Scienziati italiani costretti a esportare le loro intelligenze nei paesi dove sanno meglio apprezzare la grande utilità della ricerca.  Infatti, altri paesi dell’UE come la Danimarca, la Svezia ed anche la Germania investono dal 1,8 sino al 3,0 % del PIL con una crescita in atto che nell’anno in corso  raggiungerà un minimo del 2,2 sino al 3,6 % annui di investimenti.            La Commissione migliora in questo modo le condizioni quadro per l’investimento nel campo della ricerca, modernizzando le regole di concorrenza, promuovendo regole e una gestione migliori della proprietà intellettuale e migliorando la mobilità e le condizioni di lavoro dei ricercatori, in particolare con la proposta di direttiva adottata ieri destinata ad agevolare l’ingresso e il soggiorno dei  ricercatori dei paesi terzi e altre iniziative in corso in materia di carriera e assunzione di ricercatori.         Un anno dopo, il piano d’azione “3 %” comincia a dare i suoi frutti, ha dichiarato il commissario Philippe Busquin. Mediamente, nel 2003 e nel 2004 si registra un aumento degli investimenti pubblici nella ricerca. Tuttavia, il movimento è ancora troppo lento. Gli Stati devono assolutamente approfittare della ripresa economica per riorientare i bilanci verso la ricerca e l’innovazione. Vari Stati membri rafforzano o introducono attualmente incentivi fiscali con un impatto diretto sulle imprese. Da parte sua, la Commissione mantiene le promesse fatte: propone di raddoppiare lo stanziamento di bilancio della ricerca nei prossimi programmi pluriennali europei.         Adotta inoltre misure importanti per rendere lo Spazio europeo della ricerca attrattivo per le imprese ed i ricercatori, tra cui la proposta di direttiva adottata il 16 marzo per agevolare l’ingresso e il soggiorno dei ricercatori dei paesi terzi e l’esenzione della notifica degli aiuti alle PMI che entra in vigore il 19 marzo prossimo. Recuperare il ritardoRispetto agli Stati Uniti, gli investimenti europei nella R&S sono complessivamente inferiori del  40%. Questo divario è dovuto in gran parte al settore privato che, nel 2002, ha assegnato alla ricerca 100 miliardi di euro in più rispetto all’Europa. Si ritiene che il raggiungimento di un’intensità di ricerca pari al 3% del PIL nel 2010 consentirebbe di creare due milioni di posti lavoro supplementari e poi, per ogni anno successivo, altri 400 000 posti di lavoro, determinando una crescita economica annua pari allo 0,5%.        L’obiettivo fissato dal Consiglio europeo di Barcellona è aumentare gli investimenti in materia di R&S dell’Unione per avvicinarsi al 3% del PIL nel 2010, di cui due terzi dovrebbero essere finanziati dal settore privato. La maggior parte degli Stati membri ha stabilito obiettivi quantificabili analoghi e ha iniziato ad adottare provvedimenti a livello nazionale per incentivare il settore privato ad investire maggiormente nella ricerca.Bilanci pubblici nazionali e provvedimenti fiscaliL'impegno del settore pubblico tuttavia non è ancora sufficiente. Il tasso di crescita media dei bilanci pubblici della ricerca nell’Europa allargata è stimato, in termini reali, al 2% tra il 2002 e il 2003 e non dovrebbe superare questa cifra tra il 2003 e il 2004. Si tratta di un elemento positivo, ma ancora lontano dal tasso di crescita del 6,5% necessario nell’insieme dell’Europa per conseguire l’obiettivo di Barcellona. Un motivo di soddisfazione è legato allo sviluppo crescente delle misure fiscali per incentivare le imprese ad investire nella ricerca. Questo sforzo fiscale raggiunge ormai livelli significativi, pari a circa il 12,5% dell'importo della spesa pubblica di ricerca nei Paesi Bassi, il 16% in Austria e il 42% in Lettonia.         Questi dati sono presentati oggi per la prima volta a livello europeo, nella cosiddetta “Snapshot” degli investimenti pubblici di ricerca. La Commissione li ha appena rilevati in collaborazione con gli Stati membri, al fine di dare ai responsabili delle decisioni una visione di insieme aggiornatissima dell’evoluzione dell’impegno del settore pubblico a favore della ricerca e dell’innovazione in Europa.Una tabella di marcia per la ricerca nelle impresePer far conoscere meglio chi investe in Europa e fa sapere come questo investimento evolve nel tempo e nei vari settori, la Commissione ha elaborato una tabella di marcia europea dell'investimento industriale nella ricerca. La prima edizione sarà pubblicata in ottobre e conterrà la classifica delle cinquecento imprese europee e delle cinquecento imprese di paesi terzi che investono di più in Europa.Strumenti europei di finanziamentoNel suo recente progetto concernente le prospettive finanziarie per il periodo 2007-2013, la Commissione ha, da parte sua, proposto di aumentare di oltre il doppio il finanziamento della ricerca. Oltre a questo raddoppio dei fondi specificatamente assegnati alla ricerca, nel suo terzo rapporto sulla coesione, di recente pubblicazione, la Commissione ha proposto di dedicare maggiormente i fondi strutturali al rafforzamento delle base della competitività delle regioni, in particolare delle loro capacità di ricerca e innovazione, sia nelle regioni della “convergenza” che nelle regioni più avanzate.         Ad integrazione degli interventi comunitari, la Banca europea per gli investimenti (BEI) e il Fondo europeo per gli investimenti (FEI) offrono prestiti, garanzie e investimenti in capitale di rischio. La BEI si è posta l’obiettivo di investire per la ricerca e l’innovazione 50 miliardi di euro per il periodo 2000-2010, di cui 20 miliardi tra il 2004 e il 2006. Il FEI, la cui capacità d’investimento è stata recentemente portata a quattro miliardi di euro, sostiene attualmente oltre 1500 imprese high-techtramite 185 fondi di capitale di rischio.         La Commissione e il FEI stanno esaminando insieme la possibilità di istituire un nuovo tipo di fondi di investimento in capitale di rischio che potrebbe essere creato congiuntamente da varie università. La Commissione la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (BERD) si preparano inoltre a firmare quest’anno un accordo di cooperazione destinato, in particolare, allo sviluppo del sostegno alla R&S e all’innovazione dei nuovi Stati membri.Miglioramento delle condizioni dell’investimento privatoLa Commissione ha deciso di modernizzare le regole di concorrenza relative agli investimenti nel campo della R&S. Il primo regolamento rivisto riguarda l’esenzione dall’obbligo di notificare gli aiuti destinati alle PMI, ivi compresi gli aiuti alla ricerca. Sin dalla sua entrata in vigore, il 19 marzo prossimo, le amministrazioni nazionali potranno semplificare ed accelerare l’istituzione di programmi di aiuto e di concessione di aiuti individuali alla ricerca a favore delle PMI, senza doverli notificare in precedenza alla Commissione.       Il regolamento sugli accordi concernenti i trasferimenti tecnologici è in corso di revisione per offrire alle parti interessate una maggiore flessibilità e per semplificare le procedure di notifica. Detto regolamento dovrebbe entrare in vigore il 1° maggio prossimo e sarà corredato da orientamenti per la sua applicazione. La preparazione della modernizzazione della disciplina concernente gli aiuti di Stato per la R&S inizierà quanto prima. La Commissione sta preparando una proposta concernente una struttura giuridica armonizzata per evitare la doppia tassazione dei singoli investitori e dei fondi di capitale di rischio mediante i quali effettuano i loro investimenti.Partenariati pubblico - privatoLe piattaforme tecnologiche europee riuniscono i soggetti interessati, pubblici e privati, di un determinato settore per elaborare in comune una strategia di ricerca europea. In alcuni settori, i lavori sono già molto avanzati, come per la piattaforma «idrogeno e pile a combustibile», e dovrebbero dar luogo a iniziative tecnologiche di vasta portata che potrebbero beneficiare del sostegno del prossimo programma quadro. I progetti Quick-start, individuati l’anno scorso nell’ambito dell'iniziativa europea sulla crescita e concernenti aree quali il settore spaziale, l'ultimagenerazione di laser, la nanotecnologie, l'idrogeno ecc., hanno suscitato una rapida mobilitazione e la BEI sta attualmente esaminando le richieste di finanziamento che si trovano nella fase più avanzata.Proprietà intellettualeIn materia di proprietà intellettuale, proseguono i lavori per l’adozione del brevetto comunitario e sulla problematica dei rapporti tra università e industria. In merito a questa problematica, le principali associazioni industriali ed accademiche europee, col sostegno della Commissione, hanno deciso di elaborare quest’anno delle linee direttrici europee per la gestione e la valorizzazione dei diritti di proprietà intellettuale tra università e industrie.        D’altra parte, la Commissione, in cooperazione con gli Stati membri ha l'intenzione di elaborare quest'anno anche degli orientamenti per i sistemi nazionali applicabili ai diritti di proprietà intellettuale negli organi pubblici di ricerca, al fine di agevolare la creazione di «spin-off» e i trasferimenti tecnologici verso l’industria. Anche in questo caso esistono numerose iniziative nazionali.        Detti orientamenti si baseranno su iniziative recenti o in preparazione di vari Stati membri, tra cui quelle descritte brevemente qui di seguito. - La Germania ha abbandonato il "professor's privilege" che assegnava la proprietà dei risultati di ricerca ai professori di università; sono ormai le università stesse ad esserne proprietarie come avviene nella maggior parte degli altri paesi europei. - Le autorità francesi hanno recentemente raccomandato agli istituti pubblici di istruzione superiore e di ricerca di adottare una carta destinata ad agevolare e promuovere la gestione della loro proprietà intellettuale. - Un Code of Practice destinato agli istituti pubblici, in fase di preparazione in Irlanda.Appalti pubbliciIn materia di appalti, negli Stati membri sono in fase di attuazione iniziative destinate a sviluppare l’impatto degli appalti pubblici sulle attività di ricerca e innovazione delle imprese. In particolare ciò sta avvenendo in Gran Bretagna, dove è stata annunciata una serie di misure nei settori dell’edilizia e della telemedicina. La Commissione esaminerà prossimamente le opportunità offerte dal nuovo quadro regolamentare europeo in materia.Risorse umaneFino ad oggi, l’Europa ha investito troppo poco nelle risorse umane del settore scientifico e tecnologico. Il numero di ricercatori per migliaia di abitanti ammonta a 5,7% in Europa, 8,1 negli Stati Uniti e 9,1% in Giappone. L’obiettivo del 3% comporta l’assunzione di 700 000 ricercatori entro il 2010. La Commissione contribuisce con una strategia globale per eliminare gli ostacoli

Fonte: http://www.danieletrasatti.it/avm/mce-aifavin/news.php#8

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