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Livia Turco...Interpellanza sull'immigrazione..
20.09.2003

Interpellanza di Livia Turco
"TRASMISSIONE ALLE CAMERE DEGLI SCHEMI DEI REGOLAMENTI DI ATTUAZIONE DELLA LEGGE BOSSI-FINI SULL'IMMIGRAZIONE "

PRESIDENTE. L'onorevole Leoni ha facoltà di illustrare l'interpellanza Turco , di cui è cofirmatario.

CARLO LEONI. Signor Presidente, il punto centrale dell'interpellanza è molto chiaro. Si intende capire la ragione per cui il Governo non intenda acquisire il parere del Parlamento, attraverso le Commissioni di merito, sui regolamenti di attuazione della legge cosiddetta Bossi-Fini sull'immigrazione. Attendiamo dal rappresentante del Governo una risposta politica, non una risposta formalistica o burocratica del tipo “la legge consente al Governo di non passare per le aule parlamentari”, giacché, se si vuole, la normativa vigente non impedisce davvero al Governo di chiedere e di acquisire su tali schemi di regolamento un parere del Parlamento.
È quindi, signor Presidente, signor sottosegretario, unicamente una questione di volontà politica in merito ad una questione che riteniamo molto importante almeno per tre ordini di ragioni. La prima è la seguente: la questione dei regolamenti è un argomento presente nel dibattito politico. In numerose ed infinite riunioni sulla cosiddetta verifica di maggioranza più volte lo scontro tra la Lega nord ed altre formazioni della Casa delle libertà, come abbiamo appreso dai giornali (ovviamente non abbiamo partecipato a quelle riunioni), è avvenuto sull'applicazione della legge Bossi-Fini ed, in particolare, sul tema dei regolamenti.
Questa riferita ai regolamenti è una risposta che viene data spesso alle nostre critiche, ovvero quando noi diciamo: signori della maggioranza e del Governo non vi accorgete che questa legge che voi avete voluto e sulla quale avete costruito tanto clamore propagandistico non sta funzionando? La risposta che ci viene data è: vedrete, una volta approvati i regolamenti questa legge funzionerà a regime.
Il tema dei regolamenti quindi non può essere un tema del quale si sottovaluta la portata politica tanto da non “passare” per le aule parlamentari. In secondo luogo, ed è la questione centrale, attraverso questi regolamenti il Governo si cimenta con questioni delicate relative ai diritti soggettivi delle persone, materie sulle quali interviene addirittura la Costituzione, e mi riferisco al diritto di asilo. Come si fa, quando si trattano argomenti di questa delicatezza, ad aggirare la discussione in Parlamento? Terza ed ultima ragione - posso capire che a questa maggioranza sembrerà una ragione di lieve entità, ma non lo è - è che questa domanda la rivolge l'opposizione. In un sistema democratico e liberale se l'opposizione chiede che si esamini nella sede parlamentare una materia delicata, a condizione naturalmente che non vi siano impedimenti normativi, come in questo caso, la maggioranza, in un sistema politico democratico e liberale, non dovrebbe opporsi a questa richiesta avanzata dall'opposizione.
Non è chiaro se perduri questo diniego, e mi auguro di no, e non è chiaro quale sia il timore di procedere per l'acquisizione di un parere delle Commissioni competenti. Non è chiaro perché la Casa della libertà ha una maggioranza ampia in questo Parlamento, anche in sede di Commissione. Essa può dunque garantirsi i pareri favorevoli, ma che almeno si consenta la discussione.
Forse si ha timore proprio per la compattezza della maggioranza sui temi che riguardano l'emigrazione? Può sembrare la mia una illazione politica o addirittura propagandistica. Leggo tuttavia da Il Sole 24 Ore di oggi di una nuova polemica: sempre la Lega nord, questa volta tramite l'onorevole Ballaman, presenta un'interrogazione al Ministero degli interni dicendo che la direttiva inviata nei giorni scorsi ai questori stravolgerebbe addirittura lo spirito della legge Bossi-Fini, perché garantirebbe la permanenza nel nostro paese di immigrati che si macchiano di reati gravissimi; la legge Bossi-Fini invece è chiarissima.
Continua quindi una polemica nella maggioranza. Tutto questo non può non investire anche il Parlamento, naturalmente attraverso il parere delle Commissioni competenti che, seppure in alcune parti della normativa, e non in altre - come illustriamo nel testo che non sto a ripetere -, potrebbe interpretarsi come parere non richiesto, ma certo non è vietato e non vi è alcun ostacolo, se c'è la volontà politica del Governo, nel sottoporre questi schemi di regolamento al parere delle Commissioni parlamentari competenti.
Attendo un chiarimento convincente.

PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento, senatore Ventucci, ha facoltà di rispondere.

COSIMO VENTUCCI, Sottosegretario di Stato per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo purtroppo di non essere convincente considerate le premesse dell'onorevole Leoni. Rispondo all'interpellanza ricordando l'articolo 34 e lo faccio a beneficio di chi ci ascolta e non certo di chi siede in quest'aula, che già conosce perfettamente quello che sto riferendo.
Ricordo che l'articolo 34 della legge 30 luglio 2002, n. 189, recante modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo, prevede che, entro sei mesi dalla data di pubblicazione della presente legge, si proceda, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sia all'emanazione delle norme di attuazione ed integrazione della presente legge, sia alla revisione ed armonizzazione delle disposizioni contenute nel regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, concernente norme di attuazione del testo unico delle disposizioni riguardanti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.
Pertanto, in conformità alla disposizione di carattere primario contenuta nel citato articolo 34, nella seduta del 27 giugno ultimo scorso sono stati approvati dal Consiglio dei ministri, in sede preliminare, quattro schemi di regolamento di attuazione che, in virtù del richiamo all'articolo 17 della legge n. 400 del 1988, non necessitano del parere emesso dalle competenti Commissioni parlamentari, ma richiedono il parere del Consiglio di Stato e, per tre di essi, anche quello della Conferenza unificata.
Il parere delle competenti Commissioni parlamentari era invece previsto dall'articolo 1, comma 7, del previgente testo unico in materia di immigrazione, il cui contenuto è disciplinato dal decreto legislativo n. 286 del 1998. Ed allora, poiché sia il citato articolo 34 della legge n. 189 del 2002 che il suddetto comma 7 dell'articolo 1 del testo unico costituiscono disposizioni legislative recanti norme di carattere primario, e quindi di pari grado, si deve ritenere che, in assenza di uno specifico richiamo operato dalla legge n. 189 del 2002, il regolamento di modificazione del decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1999 non debba sottostare alla procedura in precedenza prevista che richiedeva il parere delle Commissioni parlamentari.
Quanto alla normativa di attuazione ricadente sulle disposizioni concernenti il diritto di asilo - tutelato, come è noto, a livello costituzionale con una riserva relativa di legge prevista all'articolo 10, comma 3, della Costituzione -, il richiamo operato con riferimento a tale norma costituzionale non sembra condivisibile. Se, infatti, esiste certamente una riserva di legge per stabilire le condizioni di asilo degli stranieri ai sensi del comma 3 di tale norma, tuttavia il precetto costituzionale deve ritenersi pienamente soddisfatto con la definizione della materia, attraverso lo strumento del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, e del rango anch'esso legislativo primario delle norme di modifica previste al comma 3 della citata disposizione dell'articolo 34 della legge n. 189 del 2002.
A tale proposito, si rammenta come le disposizioni di rango inferiore contenute nei regolamenti di attuazione non possono derogare alle previsioni dei citati strumenti normativi primari ed è anche opportuno evidenziare che l'articolo 32 della legge 30 luglio 1989, n. 416, che prevede l'emanazione del regolamento de quo è stato approvato senza riserve di carattere costituzionale.
Quanto poi alla valutazione incentrata sull'opportunità di trasmettere uno o più regolamenti attuativi della materia di cui trattasi alle competenti Commissioni parlamentari per l'espressione di un parere, deve ritenersi che quest'ultima si basi essenzialmente su legittime considerazioni di carattere politico, come ella ha poc'anzi affermato.
Peraltro dall'esame dell'iter parlamentare della legge n. 40 del 1998, concernente la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, può evincersi come la valenza della prevista acquisizione del parere delle Commissioni parlamentari sia riconducibile non a procedure inderogabili regolanti la materia quanto a valutazioni discrezionali di opportunità concernenti l'ampiezza dei contenuti all'epoca lasciati alla disciplina regolamentare.

PRESIDENTE. L'onorevole Leoni, cofirmatario dell'interpellanza, ha facoltà di replicare.

CARLO LEONI. Signor Presidente, io ho ascoltato diverse volte una traduzione un po' facilona della cultura liberale che potrebbe essere sintetizzata così: tutto ciò che non è espressamente vietato è consentito. Ora lei, signor sottosegretario, ci ha detto che l'attuale normativa non prevede la necessità del parere delle Commissioni parlamentari. Sia nel testo dell'atto ispettivo che abbiamo presentato, sia durante la sua illustrazione, pochi minuti fa, ho provato a spiegare come anche questa valutazione sia molto controversa.
Tuttavia, anche se il parere delle Commissioni parlamentari non è previsto espressamente, nulla vieta - se c'è la volontà politica da parte del Governo - di procedere su una strada del genere ed io ho pregato il rappresentante del Governo di darci una risposta di carattere politico. Con questi regolamenti noi stiamo affrontando in concreto materie molto delicate e questi regolamenti incideranno concretamente sulla vita di persone in carne ed ossa e sui loro diritti inalienabili molto più di quanto non abbia fatto una legge approvata dal Parlamento come la Bossi-Fini.
Ovviamente, stiamo parlando soltanto della fase consultiva e dell'acquisizione di un parere da parte delle Commissioni di merito su alcuni degli schemi di questi regolamenti (uno di essi riguarda il diritto d'asilo; un altro è uno schema di regolamento generale). Poiché, sulla base di queste proposte, si sta consultando la Conferenza Stato-regioni e si acquisirà il parere del Consiglio di Stato, dal punto di vista politico ed istituzionale, ci sembra assurdo ed inconcepibile che il Governo non senta la necessità di ascoltare il parere di Commissioni nelle quali, peraltro, ha un'ampia maggioranza e di consentire ai parlamentari di conoscere lo stato dei fatti e a ciascun gruppo politico di esprimere una valutazione. Il diniego di quest'opportunità per il Parlamento - lo ripeto -, neanche oggi, è motivato in modo chiaro. Certamente, è stato un errore - noi lo proponemmo allora, ma ci è stato rifiutato - non prevederlo espressamente nella legge. In base a com'è formulata la normativa, nulla impedirebbe al Governo e al Parlamento di procedere su una strada che è assolutamente di buonsenso. Queste sono le ragioni per le quali mi dichiaro insoddisfatto.
19 settembre 2003.

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