22.04.2010
Stati Uniti, il lavoro c’è ma non la casa Nessuna difficoltà a trovare lavoro. C’è un posto al mondo dove è davvero così. E’ il Nord Dakota, dove il problema non è l’occupazione, ma la casa. Disoccupazione e crisi economica hanno spinto i lavoratori licenziati a raggiungere le sue industrie di Scalo internazionale Nessuna difficoltà a trovare lavoro. C’è un posto al mondo dove è davvero così. E’ il Nord Dakota, dove il problema non è l’occupazione, ma la casa. Ne parla il New York Times. Joey Scott, giovane operaio di 25 anni, si è trasferito dal Montana, con un contratto firmato e un impiego in una raffineria di Willington. Ha dovuto vivere per mesi nella sua auto in un parcheggio del centro commerciale Wal Mart: “Ho i soldi, ma non trovo neppure una stanza”. E’ una novità : lo stato americano ha abbondanza di posti, ma nessuna abitazione per chi li occupa. Disoccupazione e crisi economica hanno spinto i lavoratori licenziati in altri stati dell’America a raggiungere le sue industrie. Ma a Willington in centinaia vivono nelle auto o nei motel. Alcuni restano a dormire negli uffici o nei seminterrati delle case di colleghi appena conosciuti. Nel Nord Dakota il tasso di disoccupazione è il più basso degli Stati Uniti, fermo al 4%, ma il numero dei senza fissa dimora è cresciuto in un anno del 19%. “Difficile dire come riusciremo ad andare avanti – commenta al quotidiano newyorkese il sindaco della città . Non abbiamo spazio, e anche se le gru puntellano il profilo del paese il ritmo delle costruzioni non è ancora sufficiente.” Insomma il Nord Dakota non è affondato nella recessione, a differenza del resto del paese, eppure ha vissuto una rivoluzione vera e propria. Nuovi stili di vita che hanno ribaltato alcuni assiomi della quotidianità . Da tre settimane in sciopero Le Monde - FR "Boicottate Surcouf !" In Francia i lavoratori di cinque negozi Surcouf (Daumesnil, Haussmann, Strasbourg, Bordeaux e Thiais) sono in sciopero dal 31 marzo contro il licenziamento di alcuni addetti che si erano opposti alla modifica del loro contratto di lavoro. L’ultima, in ordine di tempo, legava i salari alle vendite effettuate. Secondo sindacati e lavoratori, uno stipendio di 1200 – 1600 euro avrebbe perso così il 10 – 40 % del valore. Sui 310 dipendenti, 179 hanno rifiutato di firmare l’accordo e ora sono costretti a lasciare l’impiego. L’anno scorso, i punti vendita, che si trovavano in difficoltà finanziarie, erano stati assorbiti dal gruppo PPR, di proprietà della Fnac, e da allora hanno cambiato filosofia. "Vendere, però, non vuol dire soddisfare i clienti", commenta Fatma Mahi, delegata sindacale della CGT. Per ottenere il loro premio, i commercianti spingeranno ad acquistare i prodotti più costosi, così come accade in altri grandi catene. E questo a discapito dei reali bisogni della clientela. "Siamo stati assunti per vendere, non per derubare le persone”, sospira un impiegato. "Surcouf aveva il suo stile personale, offriva consigli ai clienti sui prodotti migliori. Adesso, l’azienda è diventata una centrale di acquisti che decide su tutto”.
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