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Sentenza TAR: Insegnamento religione cattolica
17.05.2010

Insegnamento religione cattolica: il Consiglio di Stato ammonisce la Gelmini che non assicura le attività alternative
di Fabrizio Dacrema
La sentenza del Consiglio di Stato del 7 maggio 2010 annulla la sentenza del TAR Lazio del luglio scorso che aveva dichiarato illegittima l’attribuzione del credito scolastico (*) da parte dei docenti di religione cattolica. Secondo il TAR Lazio l’attribuzione di un credito specifico agli alunni che si avvalgono dell’insegnamento della religione cattolica avrebbe dato luogo ad una discriminazione nei confronti di coloro che non si avvalgono di tale insegnamento, ma nel loro pieno diritto non scelgono alcuna attività.
Il Consiglio di Stato, pur tenendo conto dello “stato di non obbligo” stabilito dalla Corte Costituzionale per i non avvalentisi, nega l’esistenza di discriminazioni sostenendo in modo non del tutto conseguente che gli studenti che non si avvalgono né dell’insegnamento della religione cattolica, né delle attività alternative possono comunque conseguire il massimo del credito scolastico attraverso la positiva valutazione di altre attività.
La sentenza peraltro ribadisce che l’insegnamento delle religione cattolica non dà luogo a voti.
Inoltre il Consiglio di Stato afferma con forza che l’istituzione in ogni scuola dell’attività alternativa “deve considerarsi obbligatoria per la scuola” perché “la mancata attivazione dell’insegnamento alternativo può incidere sulla libertà religiosa dello studente o della famiglia”. Ne consegue un duro ammonimento al Ministro Gelmini perché, come constata anche il Consiglio di Stato, “in molte scuole gli insegnamenti alternativi all’ora di religione non sono attivati, lasciando così agli studenti che non intendono avvalersi come unica alternativa quella di non svolgere alcuna attività didattica”.
Inutile aggiungere che i tagli in corso stanno pesantemente aggravando questa situazione di sostanziale discriminazione nei confronti degli alunni e delle famiglie che esercitano il diritto di non avvalersi di un insegnamento confessionale.
Dopo la sentenza del Consiglio di Stato studenti e famiglie possono rivendicare con maggior forza l’istituzione della attività alternative, essenziali per garantire la laicità della scuola.

(*) Il credito scolastico, disciplinato dall’art. 11 del D.P.R. 323/1998 prevede che il consiglio di classe attribuisca ad ogni alunno nello scrutinio finale degli ultimi tre anni della scuola secondaria superiore un apposito punteggio per l’andamento degli studi. Il punto di partenza per l’attribuzione del credito scolastico è la media dei voti nelle diverse discipline (con esclusione materie facoltative: religione o attività alternativa) a cui si aggiungono, nel limite massimo di 1 punto su 10, la valutazione di altri aspetti altri aspetti della partecipazione alla vita scolastica: assiduità di frequenza, interesse e impegno nella partecipazione, attività complementari e integrative, eventuali altri crediti formativi. Il Ministro Fioroni ha allargato questi aspetti alla valutazione dell’interesse col quale lo studente ha seguito l’insegnamento della religione cattolica, ovvero le attività alternative, ivi compreso lo studio individuale. Il credito scolastico incide sulla votazione finale degli esami finali, perché la somma dei punteggi di credito scolastico ottenuti nei tre anni si aggiunge ai punteggi delle prove scritte e orali. Il TAR Lazio aveva accolto i ricorsi presentati da alcuni studenti con il supporto di associazioni laiche e confessioni religiose, ora la sentenza del Consiglio di Stato annulla quella del TAR.

fonte: Cgil Nazionale

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