19.05.2010
Sulla crisi europea di Nicola Nicolosi La gravità della crisi economica non accenna a diminuire. Gli effetti sociali sono ricaduti sull’occupazione, sulla chiusura di imprese, sul calo della ricchezza prodotta, e ora sullo stato sociale.
La cultura economica neoliberista, negli ultimi trent’anni, ha prodotto altre crisi; l’emergenza climatica e ambientale, la scarsità dei terreni coltivabili, le risorse alimentari, energetiche, minerarie, l’acqua. Su tutto si è speculato perché tutto è merce, e se c’è scarsità si giuoca all’aumento dei prezzi.
Si è prodotta una concezione distruttiva dell’economia, dove gli equilibri naturali non riescono più a trovare simmetria.
Il dominio neoliberista “dell’autoregolamentazione dei mercati” è fallito, la moltiplicazione del debito, sostenere la domanda attraverso i guadagni di capitali, abbassando i tassi o aumentandoli e favorendo la crescita dei valori prima mobiliari e successivamente immobiliari, ha creato una finanza d’ombra fuori regola e controllo. In quel contesto i derivati (causa della bolla speculativa) hanno raggiunto un volume pari a 12 volte il PIL mondiale. Gli Stati hanno utilizzato miliardi di euro per salvare banche e assicurazioni dal fallimento, risorse pubbliche sottratte ai bisogni dei cittadini.
Da tempo sosteniamo la necessità di un novo ruolo dello Stato, dopo i fallimenti del mercato, ruolo regolatorio, di indirizzo e titolarità collettiva dei beni primari come acqua, scuola, salute, sicurezza pubblica.
Il caso “Grecia” ci dice che gli speculatori non si fermano, anzi, utilizzano le risorse economiche messe a disposizione per il loro salvataggio, per fare nuovi introiti miliardari ai danni dei Paesi che li hanno salvati. Il risultato è che l’Europa sociale è seriamente minacciata.
L’assenza di una strategia europea per la crescita e lo sviluppo, si scontra con l potere bancario e finanziario, che non paga nulla in questa epoca della crisi. I governi dei Paesi europei stanno assumendo decisioni gravi, che aumenteranno le diseguaglianze sociali, che provocheranno tensioni sociali.
In Grecia hanno deciso il taglio degli stipendi dei lavoratori pubblici, delle pensioni, l’allungamento della vita lavorativa. In Spagna, riduzione del salario dei dipendenti pubblici e congelamento delle pensioni, riduzione della spesa sanitaria e sociale.
La Francia si appresta a ridurre del 10% le spese per assistenza con taglio agli assegni familiari, dei sussidi per i disabili. La stessa ricetta viene adottata in Portogallo, Romania e in altri Paesi. Anche in Italia il Governo sta decidendo provvedimenti similari a partire dai lavoratori pubblici.
La CES ha chiesto un incontro al presidente della Commissione Europea Barroso, segnalando l’emergenza sociale per convocare un incontro Tripartito per un “Summit Sociale” che affronti le ragioni delle misure di austerità che si stanno adottando in molti Paesi d’Europa. La CES ha ribadito il rischio di trasformare l’attuale crisi in depressione, così come è successo con i provvedimenti del Presidente USA Hoover nel 1930.
I Governi europei si stanno caratterizzando per l’incapacità ad assumere decisioni a carico delle rendite e dei patrimoni. In questo scenario non sono giustificabili provvedimenti contro coloro che la crisi l’hanno già pagata con la riduzione del reddito da lavoro, e dentro una redistribuzione della ricchezza a favore della rendita e dei profitti. Il tavolo di confronto, sulla crisi, chiesto dalla CGIL in questi due anni, e negato dal governo Berlusconi, è urgente e non è più rimandabile.
Alla indifferenza del governo dovremmo rispondere con la lotta unitaria per lo sviluppo e la crescita così come sta avvenendo in altri Paesi europei
fonte: cgil nazionale
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