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Pomigliano, prove tecniche di terzomondizzazione di L.Garofalo
23.06.2010

Pomigliano, prove tecniche di terzomondizzazione di Lucio Garofalo
La drammatica vertenza che coinvolge i lavoratori dello stabilimento FIAT di
Pomigliano D'Arco rappresenta il caso più clamoroso ed emblematico di lotta
di classe degli ultimi anni in Italia. E' una vicenda paradigmatica,
destinata a cambiare le relazioni industriali nel nostro paese. Essa
dimostra che ogni sacrificio da parte dei lavoratori non serve a conservare
il lavoro, ma consente solo al capitale di estendere i sacrifici ai
lavoratori di tutto il mondo e ad imporne di nuovi con la scusa di dover
reggere la concorrenza.

Al di là dell'esito referendario, della vittoria dei "sì" che non è stata
affatto plebiscitaria, sebbene tale risultato si possa definire come una
"vittoria di Pirro", in realtà hanno perso gli operai. Nella "proposta di
accordo unilaterale" avanzata da Marchionne e firmata dai sindacati
filo-padronali, affiora un'arroganza da vecchi industriali ottocenteschi.
Per realizzare il massimo profitto, la Fiat intende "derogare" su ogni
regola: leggi, contratti, Statuto dei Lavoratori, Costituzione. La vicenda
di Pomigliano rischia di imporre l'idea che l'unica soluzione alla crisi sia
accettare la logica del ricatto aziendale: lavori se rinunci al salario
sottraendo occupazione ad altri lavoratori; sopravvivi se rinunci ai diritti
e alla democrazia. In tal senso Pomigliano rischia di "fare scuola" segnando
lo spartiacque delle "nuove relazioni industriali".

Di fronte alla crisi internazionale la risposta della FIAT è un preciso
disegno strategico che punta alla terzomondizzazione del lavoro in Italia,
ossia ad una crescente intensificazione dei ritmi e dei tempi di lavoro, ad
una completa precarizzazione dei diritti e delle tutele sindacali, delle
retribuzioni salariali, delle condizioni di sicurezza e di vita degli operai
italiani. Dopo aver dissanguato i lavoratori polacchi, la FIAT pianifica il
rientro in Italia di una produzione automobilistica che era stata trasferita
all'estero negli anni scorsi, malgrado le generose sovvenzioni elargite alla
FIAT da parte dello Stato italiano, cioè denaro pubblico versato dai
cittadini e contribuenti del nostro paese.

In una lettera inviata ai colleghi di Pomigliano da un gruppo di lavoratori
della FIAT di Tychy, in Polonia, si legge testualmente: "La FIAT gioca molto
sporco coi lavoratori. Quando trasferirono la produzione qui in Polonia ci
dissero che se avessimo lavorato durissimo e superato tutti i limiti di
produzione avremmo mantenuto il nostro posto di lavoro e ne avrebbero creati
degli altri. E a Tychy lo abbiamo fatto. (.) Adesso stanno chiedendo ai
lavoratori italiani di accettare condizioni peggiori, come fanno ogni volta.
A chi lavora per loro fanno capire che se non accettano di lavorare come
schiavi qualcun altro è disposto a farlo al posto loro. (.) E' chiaro però
che tutto questo non può durare a lungo. Non possiamo continuare a
contenderci tra di noi i posti di lavoro. Dobbiamo unirci e lottare per i
nostri interessi internazionalmente. (.)"

La vertenza di Pomigliano D'Arco riassume gli effetti della crisi che
attraversa l'economia mondiale. L'attuale recessione non è un episodio
accidentale, ma una crisi strutturale di portata planetaria, causata
dall'eccessivo sviluppo delle forze produttive, è una crisi di
sovrapproduzione accentuata e accelerata dalla saturazione progressiva dei
mercati internazionali: finora si è prodotto in quantità eccessiva
sfruttando troppo i lavoratori, che si sono impoveriti in modo crescente e
sono destinati ad impoverirsi ulteriormente. E' una crisi che si spiega in
virtù del divario tra la crescente produttività del lavoro e la declinante
capacità di consumo dei lavoratori. In altri termini gli operai producono
troppo, al punto che non si riesce a vendere quanto essi producono. E' la
radice delle contraddizioni del capitalismo, riconducibile alla sua tendenza
intrinseca alla sovrapproduzione e all'incapacità di realizzare il profitto
insito nelle merci prodotte.

In questo quadro l'azione dei governi non fa che assecondare il gioco e gli
interessi delle forze capitalistiche. Infatti, le politiche di
liberalizzazione selvaggia attuate dai governi avvicendatisi negli ultimi
anni, procedono senza sosta, malgrado aumenti la consapevolezza che esse
favoriscono il predominio degli interessi dei grandi potentati economici,
delle banche e delle società finanziarie, ad esclusivo discapito dei
lavoratori.

Impresa, mercato, produttività, profitto, non sono mai stati termini
asettici o neutrali, ma hanno sempre definito affari e poteri concreti,
persone in carne ed ossa. Invece, oggi tali interessi privati vengono
esibiti come il bene comune della società. La contraddizione centrale è
ancora quella che contrappone l'impresa capitalistica al mondo del lavoro. I
lavoratori devono prendere coscienza che il vero problema risiede nel costo
del capitale, nell'inasprimento delle condizioni di sfruttamento e
nell'aumento del lavoro straordinario, nella crescente precarizzazione delle
condizioni di lavoro e di vita dei lavoratori, insomma nel sistema
dell'alienazione capitalistica del lavoro operaio.

Negli ultimi mesi, gli effetti della recessione hanno spinto molti
lavoratori, esposti alla minaccia dei licenziamenti, ad intraprendere forme
di protesta. C'è l'operaio che tenta il suicidio perché non riesce ad
arrivare alla metà del mese, ma ci sono anche casi di operai ribelli che
scelgono di lottare strenuamente contro la crisi, che i padroni tentano di
far pagare ai lavoratori. Contro i nuovi attacchi perpetrati dal sistema
mafioso della FIAT, occorre far sentire tutta la solidarietà del
proletariato italiano ed internazionale verso le iniziative di lotta
intraprese dagli operai di Pomigliano, sottoposti all'ennesima
criminalizzazione da parte della Fiat e dello Stato suo complice. E' urgente
schierarsi a fianco degli operai che lottano contro la crisi e lo
sfruttamento in fabbrica, per non essere più vittime dell'ennesimo inganno
perpetrato da governo, padroni e sindacati.

Lucio Garofalo

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