Se volete far andare su tutte le furie il senatore Guido Calvi basta dirgli che adesso, dopo che l’intero castello messo in piedi dal conte Igor Marini è crollato, è meglio chiuderla la Commissione parlamentare d’inchiesta su Telekom-Serbia.
«Chiudere? Troppo comodo. Perché ora bisogna tirar fuori tutto. La verità fino in fondo».
Andiamo con calma, senatore. Lei è vicepresidente della Commissione, quali verità si devono ancora scoprire?
«Le più importanti. Adesso bisogna aprire la vera inchiesta per capire chi da un anno cerca di depistare la Commissione utilizzando formidabili figure di inquinatori professionisti al solo scopo di attaccare l’opposizione».
Senatore, fuori i nomi degli inquinatori professionisti.
«Il primo è un certo Zagami. Questo signore prese contatti col senatore Guzzanti...»
Paolo, vicedirettore de «Il Giornale»...
«E gli riferì che aveva consegnato ad un dirigente dei Ds fior di milioni della tangente Telekom-Serbia, stipati addirittura in sacchi di juta. Successivamente, grazie ad una scrupolosa inchiesta giornalistica, si scoprì che costui - il quale vantava di essere un uomo legato ai servizi - era detenuto in Francia, condannato a molti anni per reati comuni e sperava di vendere questa notizia - alla quale fu dato rilievo e credibilità da certa stampa - al solo scopo di ottenere un trattamento benevolo dal ministero della Giustizia per la sua estradizione».
E siamo al pataccaro numero uno. Andiamo avanti.
«Quella operazione si sgonfiò ma il fatto mostrò che la Commissione stava diventando terreno di provocazione».
Compare, poi, un certo Conte Volpe, pluripregiudicato originario di Sarno, e consegna dossier esplosivi.
«Qui entriamo in un ambito nel quale le procure di Palermo, Napoli e Aosta hanno già accertato talune verità ».
Volpe vanta rapporti con uomini politici e servizi e ama dire di «tenere strette per le palle» alcune personalità .
«Uno strano mondo. Quelle procure hanno accertato l’esistenza di un bel gruppo di faccendieri dediti a truffe internazionali e legati tra loro da organismi cavallereschi, ordini vari e associazioni para-massoniche. Entità che hanno stretti rapporti con la destra eversiva e settori dei servizi deviati».
Pataccaro numero due, allora. Ma veniamo al pataccaro principe: Igor Marini.
«È il classico esponente di quel sottobosco criminale di cui sopra. Non dimentichiamo che la procura di Torino lo ha incriminato, insieme ai suoi sodali, di ricettazione e riciclaggio. Ora bisogna distinguere tra l’attività criminale di Marini, Paoletti & soci, e l’improvvisa decisione di Marini di aprire un fronte politico con le sue rivelazioni. Perché la sua inattendibilità era evidente fin dal primo momento. Non è stato mai trovato un riscontro ai fantasiosi riferimenti di questo signore. I conti bancari o sono vuoti o virtuali, i testimoni morti. I suoi stessi complici, chiamati in causa, lo hanno ripetutamente smentito...»
Eppure gli hanno creduto, a cominciare dal Presidente Trantino.
«Già , ma il problema ora è capire perché ad un certo punto Marini si è deciso a fare questo passo, chi gli ha suggerito di diventare il supertestimone, chi lo ha accompagnato in questa sua strategia».
Senatore, chi muove le fila di Marini?
«Igor Marini ha avuto per un lungo periodo l’opportunità di riferire all’Arma dei Carabinieri le sue accuse contro l’avvocato Paoletti. Venne utilizzato come un chiamante in correità , ma non ha fatto mai riferimento ad accuse a personaggi politici o a tangenti. Soltanto davanti alla Commissione Telekom-Serbia decide, sia pure tra mille evidentissime incertezze e reticenze, di chiamare in causa Prodi, Fassino e Dini».
Risultato?
«Netto, inequivocabile: oggi Marini è indagato anche di calunnia. Ora, se è difficile capire perché Marini abbia fatto questa scelta, non è affatto difficile ipotizzare che abbia avuto un ispiratore o qualcuno che gli abbia indicato quale linea di aggressione politica avrebbe dovuto seguire».
Chi lo ha pagato, senatore?
«Marini ha dichiarato di aver ricevuto somme mensili e di aver ottenuto una protezione personale non si sa bene da chi. Il Viminale ha smentito di avergli mai concesso un programma di protezione, eppure sia Marini che i suoi legali continuano a fare riferimento ad un ipotetico programma di protezione. Ora è evidente che se dazione di danaro c’è stata è arrivata da organismi che svolgono attività segrete con disponibilità di fondi non controllabili. Ecco perché la Commissione non può non impegnarsi nell’accertamento di attività che sono di dubbia legittimità e forse ispiratrici di questa enorme provocazione politica».
Un’ultima domanda: il prezzo per l’acquisto di Telekom-Serbia era giusto o no?
«Quel prezzo fu determinato dalla Ubs, la maggiore banca svizzera, e il governo non aveva doveri e poteri di controllo. Lo Stato, per dirla tutta, ha guadagnato dalla privatizzazione della Telecom 26mila miliardi di lire. Questi sono i dati, ma le ragioni dell’affare dovranno essere esposte dagli amministratori di Telecom quando saranno sentiti dalla Commissione».
E Marini?
«Non molleremo la presa. Vogliamo andare fino in fondo. La Commissione non è morta. Ora è più viva che mai».
da www.unita.it