21.07.2010
Nicoletta Rocchi Il governo taglia ulteriormente i fondi per la cooperazione civile a vantaggio delle spese militari
Il decreto missioni (peacekeeping) convertito in legge n° 102 il 6 luglio scorso, mantiene quell’impostazione militarista ed aggressiva che da tempo la società civile italiana, europea e mondiale vorrebbe veder sostituita con la cooperazione civile. Quest’ultima, invece, dovrebbe essere il principale strumento della comunità internazionale, sotto il mandato delle Nazioni Unite, , per la costruzione della pace, della sicurezza e dello sviluppo sostenibile, senza altri fini, e con il pieno coinvolgimento delle istituzioni locali, della società civile e delle diverse comunità presenti nelle aree di conflitto.
A fronte di un impegno finanziario di 706 milioni di euro, sull’attuale bilancio 2010, oltre il 50% è destinato al mantenimento della missione militare in Afghanistan (dove le forze italiane passeranno da 3.790 a 3.970 entro il 1 novembre 2010).
L’investimento per la cooperazione civile è sempre più residuale; 18,7 milioni di Euro (senza nessuna destinazione chiara) per le iniziative in corso e per nuove iniziative in Afghanistan ed un importo di 9,3 milioni di Euro da suddividere, non si sa come, in aree estremamente delicate; Iraq, Libano, Pakistan, Somalia e Sudan.
In queste nazioni, da anni esiste una presenza ed un impegno delle organizzazioni non governative italiane, a sostegno della ricostruzione sociale e materiale, dei diritti umani fondamentali della popolazione e di riconciliazione tra le diverse fazioni, che andrebbe sostenuto con maggiori risorse finanziarie, con un coordinamento ed impegno diplomatico adeguato, invertendo, così, la tendenza della militarizzazione dell’azione di peacekeeping internazionale.
fonte: http://www.cgil.it/notiziataccuino.aspx?ID=937&chk=1607
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