25.08.2010
CASO FIAT/ Marchionne vuole tornare al "modello" anni Cinquanta. di Maurizio Ballistreri - Non si può davvero pensare che il rifiuto della Fiat a ottemperare al decreto del giudice del lavoro di sanzione del comportamento antisindacale posto in essere con il licenziamento di tre delegati sindacali sia dettato da motivazioni legali. La norma in questione è chiara, con dottrina e giurisprudenza anche della Corte di Cassazione concordi nel ritenere che i comportamenti antisindacali siano plurioffensivi, poiché pongono limiti alla libertà sindacale degli individui nella loro qualità di contraenti del rapporto di lavoro (l'ipotesi tipica è proprio quella della Fiat a Melfi di un licenziamento conseguente alla partecipazione a una manifestazione sindacale) e, al tempo stesso, alla libertà di agire del sindacato. Pertanto, non basta l'erogazione del salario agli operai reintegrati ma la Fiat deve consentire a essi la ripresa dell'attività lavorativa, poiché solo in questo modo verrà meno la plurioffensività del comportamento antisindacale del datore di lavoro. D'altronde, l'ordine giudiziale di "cessare la condotta e di rimuovere gli effetti" del comportamento antisindacale è immediatamente esecutivo e irrevocabile sino all'eventuale sentenza emanata dalla stessa autorità giurisdizionale a seguito di opposizione da parte dal datore di lavoro. E ancora, l'eventuale inottemperanza al decreto del giudice è previsto come reato contravvenzionale, ai sensi dell'art. 28 della legge n. 300/70, con le sanzioni previste dall'art. 650 del codice penale. E allora, se la norma è chiara e la Fiat deve provvedere a reinserire nel posto di lavoro gli operai illegittimamente licenziati, perché l'azienda ha preso questa posizione così radicale? La ragione è, probabilmente, da ricercare, dopo l'accordo "imposto" a Pomigliano d'Arco, nella volontà da parte dell'ad Marchionne, di realizzare un potere unilaterale nelle fabbriche Fiat, che elimini contrattazione collettiva, diritti sindacali e diritto di sciopero. Una gestione sul modello della Fiat negli anni Cinquanta, in cui il presidente Vittorio Valletta introdusse i "reparti-confino" per i delegati sindacali comunisti, o su quello conseguente all'autunno 1980, in cui, con la "marcia dei quarantamila" quadri e impiegati aziendali a Torino, contro il blocco dei cancelli di Mirafiori, Gianni Agnelli e Cesare Romiti diedero un colpo micidiale alla forza sindacale in fabbrica. Marchionne, però, dovrebbe ricordare che l'autunno caldo cominciò proprio da posizioni radicali della Fiat nei confronti dei sindacati, e valutare l'opportunità di avere atteggiamenti dialoganti.
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