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Marchionne a Rimini, le reazioni “La Fiat volti pagina”
27.08.2010

Marchionne a Rimini, le reazioni “La Fiat volti pagina”
I 3 lavoratori di Melfi: “Non ha recepito l’invito di Napolitano”. Zipponi: “Sbagliato contrapporre i diritti dei lavoratori con la necessaria flessibilità e redditività d’impresa”. Cremaschi: “Discorso reazionario”. Capezzone: “Coraggioso innovatore”
“Non ho paura e continuo ad aver fiducia nella magistratura, che non è condizionata dall’eco mediatica della vicenda”: così Marco Pignatelli (unico dei tre operai di Melfi reintegrati ad essere solo iscritto alla Fiom senza incarichi sindacali) ha commentato il discorso di Sergio Marchionne al Meeting di Rimini. “Non mi aspettavo certo segnali di distensione: Marchionne vuol portare avanti il suo disegno di fabbrica”.

“Su questa vicenda Marchionne non ha recepito il messaggio del Capo dello Stato”: lo ha detto Antonio Lamorte, un altro dei tre lavoratori. “I diritti di tre persone - ha aggiunto - sono i diritti di tutti. Sostanzialmente sto provando molto rammarico, perché in questa situazione, sulle nostre teste, si vuole giocare una partita per scopi più grandi, ma non ho mai avuto paura e continuerò a non averne”.

Secondo il terzo dei lavoratori licenziati, Giovanni Barozzino, “qui l’unica lotta di classe la sta facendo lui alla Fiat”. Per Barozzino l’intervento al meeting di Cl di Marchionne “è lotta di classe e in Italia – dice l’operaio e delegato sindacale a Sky TG 24 - la sta facendo lui alla Fiat”.

“L’amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, dopo i convenevoli di circostanza, a Rimini ha fatto un discorso squisitamente reazionario da padrone delle ferriere dell’800, anche se coperto dalle modernità della globalizzazione”. E’ quanto afferma Giorgio Cremaschi, della Fiom-Cgil, secondo il quale, “con chi rivendica il diritto di non rispettare una sentenza del tribunale e si erge a giudice unico della dignità e dei diritti del lavoro, non ci può essere alcun dialogo ma solo conflitto: tutto il resto è ipocrisia”.

“Siamo basiti dalla dichiarazione dell’amministratore delegato di Fiat che continua a sostenere il presunto sabotaggio, mai avvenuto, nello stabilimento Sata di San Nicola di Melfi, ignorando completamente il fatto che in quella sede era in corso uno sciopero dichiarato da tutte le sigle sindacali presenti in fabbrica”. E’ quanto afferma il segretario generale della Cgil Basilicata, Antonio Pepe, che aggiunge: “Superare il conflitto padroni operai, in questo millennio, significa, per quel che ci riguarda, perseguire una maggiore democrazia economica in cui le istanze rappresentate dai lavoratori vengano ricomprese nell’ambito delle azioni delle imprese. Il rispetto della dignità di tutti i lavoratori – conclude Pepe - si attua con il segnale che la Fiat avrebbe dovuto dare rispettando la sentenza del giudice del lavoro di Melfi e quindi reintegrando sul posto di lavoro Giovanni, Antonio e Marco, anche alla luce dell’intervento del Capo dello Stato.

“Nell’auspicio del nuovo patto sociale auspicato tra sindacati, istituzioni e aziende da Sergio Marchionne, continuiamo a pensare che sia stata eccessiva l’esemplarita’ di alcuni atti compiuti da Fiat a Melfi”: lo afferma il presidente della Regione Basilicata, Vito De Filippo, che ha ascoltato, al Meeting di Cl, l’intervento dell’Ad di Fiat. “Se quegli atti fossero ridimensionati - prosegue - permetterebbero a tutti di continuare negli sforzi che Marchionne richiede, perché la sua analisi sulle strategie planetarie è pienamente condivisibile”.

“L’Italia dei Valori si augura che Marchionne non arrivi alla deriva di considerare i giudici condizionati da campagne mediatiche, gestite magari dai soliti comunisti. Rispetti piuttosto le sentenze e soprattutto eviti di trasformare una serie trattativa tra l’impresa e le organizzazioni sindacali rappresentative in un contenzioso giuridico infinito”. Lo afferma il responsabile welfare e lavoro dell’Italia dei Valori, Maurizio Zipponi. “È strano poi che Marchionne si lamenti di ricevere pochi apprezzamenti in Italia e molti all’estero- prosegue Zipponi- l’Italia ha sempre contribuito con generosità a sostenere la Fiat e la famiglia Agnelli. All’Italia dei Valori piacerebbe che la Fiat arrivasse a produrre nel mondo 6 milioni di auto ma nello stesso tempo vorrebbe che in Italia si producesse almeno un milione e mezzo di veicoli di alta qualità rispetto alle attuali 600mila unità”. Per questo, aggiunge, “insistiamo sul rapporto tra i soldi pubblici che l’Italia ha versato, e continua a versare, all’azienda e la necessità di una politica industriale nel nostro paese che dia futuro agli stabilimenti. Gli esempi nel resto del mondo parlano chiaro: è sbagliato contrapporre i diritti dei lavoratori con la necessaria flessibilità e redditività d’impresa. Bisogna evitare, come invece sta facendo il governo, di dividere i lavoratori, i sindacati e le forze del lavoro”. “È necessario- conclude- chiudere una pagina e aprire un’altra. Per riuscirci, la Fiat deve azzerare gli errori del passato recente e concentrare tutta l’attenzione sulla futura politica industriale del nostro Paese”.

“Ha ragione Marchionne a dire che l’Italia deve cambiare per poter stare a testa alta nella competizione internazionale. Ma non aiuta a questo fine descrivere un’Italia nella quale ci sarebbero lavoratori che ragionano con la testa dell’Ottocento”. Lo dice il responsabile economia del Pd Stefano Fassina. “L’esigenza di nuove relazioni sindacali esiste. Il problema è come impostare questa prospettiva- dice Fassina- a partire da un ripensamento delle forme di democrazia e rappresentanza a livello aziendale. Dispiace che nel discorso di Marchionne non ci sia stata una parola nuova per favorire la ripresa del dialogo a Melfi e che egli non abbia fatto cenno alle prospettive sui temi della ricerca e della produzione Fiat. Certo, non aiuta a migliorare la situazione la completa assenza di politica industriale in Italia da parte del governo e i ripetuti interventi del ministro Sacconi di strumentalizzare la vicenda Fiat per promuovere una competizione fondata sulla regressione dei diritti dei lavoratori”.

“E’ davvero auspicabile che la politica italiana abbia la lungimiranza di sostenere Sergio Marchionne, che si sta dimostrando un coraggioso innovatore. Lo dice Daniele Capezzone, portavoce Pdl, che aggiunge: “Dopo decenni in cui la vecchia Fiat era stata troppo spesso legata in modo poco liberale al sostegno pubblico, il nuovo management ha percorso vie importanti, coraggiose e difficili, che pongono la Fiat in prima linea a livello mondiale in un settore che vive una situazione delicatisima. Qui in Italia, da Pomigliano a Melfi, le scelte di Marchionne rappresentano un test per tutti coloro che credono in un modello contrattuale più moderno, collegato alle esigenze del territorio e alla produttività delle aziende, nell’interesse comune sia dei lavoratori sia dei datori di lavoro”. Capezzone conclude: “In questo quadro, è perfino lapalissiano dire che le sentenze vanno rispettate. Ma, a meno di essere ipocriti, va sottolineato che troppo spesso c’è un orientamento a senso unico di certa magistratura del lavoro; così come è chiaro che vanno tutelati i diritti sindacali, ma questa tutela non può mai diventare un modo per giustificare eventuali tentativi di blocco della vita di un impianto o di un’azienda. L’Italia non ha bisogno di un assurdo clima anti-impresa, che danneggerebbe in primo luogo i lavoratori, i quali, a larghissima maggioranza, lo hanno compreso perfettamente. Adesso bisogna fare in modo, con un’accorta azione politica e sindacale, che minoranze iperpoliticizzate e massimaliste non siano messe in condizione di fare danni a tutti gli altri”.

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