29.09.2010
29 settembre I sindacati europei: pagano solo i lavoratori La crisi ha colpito duro in tutto il continente e le scelte dei governi ricadono sopratutto su dipendenti e pensionati. Tutti d'accordo: ricetta sbagliata, per la ripresa investire su crescita e lavoro (di rassegna.it)
Dalla Francia alla Spagna, dalla Germania al Belgio, passando per il Regno Unito. I sindacati europei chiamano a raccolta i lavoratori del vecchio continente per la giornata europea di mobilitazione del 29 settembre. E le parole d'ordine, sebbene in lingue diverse, sono sempre le stesse: "No ai tagli allo stato sociale e ai diritti, sì alla crescita e al lavoro".
Secondo Bernard Thibault, segretario generale della Cgt (sindacato francese), il governo Sarkozy negli ultimi mesi ha attuato scelte inique e inefficaci. Il piano di rigore, di cui la riforma delle pensioni è l’aspetto più visibile in Francia, aggrava infatti "la difficoltà di accesso al mercato del lavoro per i giovani". Secondo il sindacato francese, invece, "occorre agire urgentemente a favore dell’impiego attraverso meccanismi di incentivazione, in particolare modulando i contributi sociali in funzione delle politiche dell’impiego e delle politiche salariali praticate dalle imprese".
A Thibault fa eco Brendan Barber segretario generale Tuc, il sindacato britannico. Anche per Barber, infatti, i tagli scoraggiano la ripresa: "La stretta attuata dal governo inglese alla spesa pubblica, lungi dal creare spazio per la crescita del settore privato, danneggia di fatto quest’ultimo riducendo la domanda per beni e servizi". È inoltre probabile, secondo il sindacalista, che "al settore privato occorrano 14 anni per creare un numero di impieghi paragonabile ai livelli precedenti alla recessione e capace di assorbire i lavoratori espulsi dal settore pubblico".
Stando a quanto dice Anne Demelenne segretaria generale del Fgtb,(sindacato Belga), però, i lavoratori hanno già pagato. Mentre "il governo ha salvato le banche belghe con un’iniezione di oltre 20 miliardi di euro, le entrate pubbliche sono crollate e il deficit ha toccato nel 2009 il 6 per cento del Pil". Ancora una volta, dunque, "sono essenzialmente i lavoratori che devono pagare il conto sociale".
Anche il nuovo programma tedesco di austerità , secondo Michael Sommer, presidente del Dgb, produce uno squilibrio nel paese. "Ancora una volta – dice Sommer - il governo vuole che i costi della crisi finanziaria siano pagati dalle persone più povere e più vulnerabili. Le politiche restrittive di austerità , i tagli ai benefici sociali, il ridimensionamento dei servizi pubblici e del sistema educativo colpiscono le condizioni di vita e di lavoro in Germania. Il programma è tutt’altro che equo, e per questo lottiamo per cambiarlo".
Nella Spagna socialista di Zapatero la situazione non cambia di molto. Secondo Ignacio Fernández Toxo, segretario generale della Comisiones Obreras, il governo ha compiuto una brusca sterzata, "approvando misure iscrivibili nella più pura ortodossia liberale: fine dell’intervento pubblico per rianimare l’economia e l’occupazione, tagli alle spese sociali e ai salari e infine, lo scorso 9 settembre, una riforma del mercato del lavoro che rende più facili, più rapidi e più economici i licenziamenti e riduce i sussidi di disoccupazione. Il governo, in buona sostanza, ha ceduto al ricatto proveniente da quegli stessi ambienti economici che sono stati i responsabili della crisi, trasformando i lavoratori nel bersaglio principale della sua strategia all’insegna dei sacrifici".
E' d’accordo Cándido Méndez, segretario generale Ugt: "L’esecutivo Zapatero è l’unico che ha preteso di rispondere alla crisi non limitandosi a misure durissime di risanamento, ma adottando una riforma del mercato del lavoro che provocherà un aumento della disoccupazione, facilitando i licenziamenti, e non risolverà l’annoso problema del precariato. Senza contare la minaccia portata al sistema pensionistico. Il tutto senza coinvolgere minimamente il movimento sindacale".
fonte: http://www.rassegna.it/articoli/2010/09/27/66886/i-sindacati-europei-pagano-solo-i-lavoratori
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