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La Gasparri é approvata ma non è legge. Governo ancora sotto.
2.10.2003

La legge Gasparri è stata approvata oggi alla Camera. Ma a che prezzo.

Dopo la stangata di ieri, la maggioranza è stata ancora battuta stamane su un emendamento dell'Ulivo all'articolo 24 che riguarda l'avvio delle trasmissioni radiofoniche in tecnica digitale. Risultato, per arrivare a licenziare il testo modificato si è dovuto: a) decidere le contromosse con un vertice informale tra Casini, Fini e Follini; b) ricorrere al voto segreto per evitare altri colpi a sorpresa c) organizzare un fuoco di fila di dichiarazioni ottimistiche dopo il voto sulla «irrilevanza» delle modifiche passate, approntate dal centrosinistra, che ora saranno al vaglio del Senato.

In mattinata a Montecitorio l'esame della legge Gasparri è ripreso dall'articolo 20, sulla Rai e sui criteri di nomina del Cda. Un centinaio i deputati presenti in assemblea quando il vicepresidente Publio Fiori ha aperto la seduta. L'emendamento di An al ddl Gasparri che riguardava la scadenza del Cda Rai, firmato da Italo Bocchino, è stato ritirato. E l'aula approva l'articolo 20 sul Cda Rai con 320 voti favorevoli e 241 contrari. Tutto sembra filare più liscio di ieri anche se si avvertono assenze rilevanti come Bossi e Fini.

Ai banchi del governo ad apertura di seduta c'era solo il ministro degli esteri Franco Frattini. Poi arrivano i ministri Carlo Giovanardi, Claudio Scajola, Maurizio Gasparri, Antonio Marzano, Giulio Tremonti, Stefania Prestigiacomo e Gianni Alemanno, questi due ultimi accusati di essere tra i renitenti all'appello di maggioranza sulla votazione della legge sulla tv. Anche se finora l'unica esponente del centrodestra ad aver confessato il suo voto per l'emendamento di Rifondazione su cui ieri il governo è andato sotto è Alessandra Mussolini. Assenti, in ogni caso Fini, Bossi e Berlusconi. Tra gli scranni c'è invece il portavoce del presidente del Consiglio, Paolo Bonaiuti. Ancora un centinaio le votazioni sugli emendamenti (ieri ne sono state effettuate 242).

Arrivati all'articolo 24 c'è il nuovo patatrac. O meglio, l'articolo 24 passa, a scrutinio segreto (301, i contrari 277). Ma sull'emendamento dell'Ulivo il governo va di nuovo sotto, per un voto. L'articolo, che riguarda l'avvio delle trasmissioni radiofoniche in tecnica digitale, viene così modificato con 288 voti a favore e 287 contrari. Applausi e vocii nei banchi del centrosinistra. Roberto Tortoli di Forza Italia si alza e grida al presidente Casini: «Ho sbagliato a votare». Casini lo guarda e gli risponde: «Lo metteremo a verbale...».

Il testo deve tornare al Senato dopo l'approvazione ieri di un emendamento di Prc che vieta l'impiego di minori di 14 anni per spot e pubblicità e quello di oggi dell'Ulivo sulla radio. I due emendamenti sono passati con 35 franchi tiratori ieri e con uno in più oggi.

Casini intanto annuncia che il voto finale sulla legge sarà a scrutinio segreto, e quindi al riparo da franchi tiratori. Non prima di aver discusso le contromosse con Fini, arrivato a quel punto, e Follini dell'Udc.

L'emendamento approvato stamani è stato presentato da 32 parlamentari dell'Ulivo e modifica uno dei commi dell'art. 24 del ddl che si occupa della disciplina della fase di avvio delle trasmissioni radiofoniche in tecnica digitale (T-DAB).

L'emendamento elimina una modifica apportata dal Senato al comma c, e riguarda i criteri, le procedure e i termini per la presentazione delle domande e il rilascio delle licenze e delle autorizzazioni.

Si va avanti, passa anche l'articolo 25 sul digitale tv, a scrutinio segreto, naturalmente.

A ora di pranzo il voto finale, con appello nominale: il tabellone dice a favore sono stati 318, i voti contrari sono 261.

E infine i commenti. Per il ministro delle Comunicazioni Gasparri la legge anche con le modifiche dell'opposizione va benone. Sembra quasi soddisfatto: «Al Senato può passare così, l'impianto del testo èstato conservato al 99 per cento».

Non la pensa così il centrosinistra, per cui le modifiche toccano temi nodali.

Il ministro Giovanardi fa addirittura un commento da bar Sport: «È stata una bellissimia partita democratica - dice -

finita per 109 a 2. Due gol li abbiamo presi, ma se tutte le partite finissero così ci metterei la firma».

Il commento di Bossi invece è più da passante senza ombrello: «Tanto passa...», afferma intendendo, probabilmente, la brutta batosta della maggioranza impallinata dai franchi tiratori.

A perdere le staffe è l'azzurro Sandro Bondi, coordinatore di FI, che se la prende con Massimo D'Alema: «ha tessuto l'elogio dei colpi di palazzo, dei trasformismi, dei ribaltoni, dello sgambetto», dice riferendosi al presidente del maggior partito dell'opposizione. E continua: «D'Alema è il rappresentante più tipico di una politica che non crede più a niente. È la personificazione del cinismo politico e dell'immoralità. D'Alema avrebbe tutti i titoli per candidarsi alla guida del partito dei franchi tiratori».

A dire il vero un «plauso sincero al gruppetto di parlamentari di An che sul Ddl Gasparri hanno votato insieme

all'opposizione, dimostrando passione democratica e senso dello stato» è stato espresso casomai dalla deputata dell'Udeur Carla Mazzuca, che sottolinea: «Disprezzo dell'opinione generale ed assenza di vergogna stanno connotando sempre di più l'azione di questo governo e della maggioranza che lo sostiene».

D'Alema aveva parlato, semmai, di incostituzionalità del provvedimento.

da www.unita.it

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