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SUVVIA! SONO SOLO BARZELLETTE (Giuseppe Pasero)
9.10.2010

SUVVIA! SONO SOLO BARZELLETTE. ELOGIO DELLA TEORIA. Intervento di Giuseppe Pasero
Pubblichiamo la prima parte dell'articolo, "Sono solo barzellette", relativo alla necessità di sviluppare un modello culturale in quanto necessario alla attuazione di un programma politico radicalmente alternativo a quello voluto da Berlusconi e sostenuto da Mediaset. L'articolo è articolato in tre parti, intitolate rispettivamente: 1) Elogio della teoria, 2) Qualcosa d'importante sta cambiando, 3) Contro la strategia della normalizzazione, rifondare una fenomenologia della politica.
***
Elogio della teoria
La volubilità imperscrutabile della Fortuna mi ha sottratto all'ascolto delle barzellette raccontate dall'ineffabile Cavaliere - peraltro ormai parecchio tempo fa - ad un ristretto gruppo di fortunati sodali. Ma anche la Fortuna, che notoriamente è bendata, non può prendersi cura di tutto e di tutti e, in particolare, di chi non si aiuta con tutte le proprie forze; così, in un momento di stanchezza o di distrazione, mi sono dovuto sorbire l'ultima esternazione di quel fine latinista che risponde al nome del padano Senatur.
Detto questo, che vorrei suonasse come un invito per tutti a mantenere alta la guardia nei confronti della comunicazione mediatica, mi sembra necessario fare qualche riflessione sulla sempre maggiore urgenza con cui le forze politiche dovrebbero affrontare questo tema, oltre che sugli effetti che esso produce non solo a livello di opinione pubblica, ma anche sulla costruzione e diffusione del modello culturale che alcuni vorrebbero far diventare IL modello del nostro Paese.
Per chiarezza metodologica, con il termine "cultura" intendo qui l'insieme dei valori, delle conoscenze, delle norme, e dei criteri di gusto che influenzano, con maggiore o minore intensità, i micro ed i macro comportamenti così come le scelte delle persone appartenenti ad una determinata realtà geopolitica.
Occuparsi della "Cultura" di un determinato Paese dovrebbe essere uno dei compiti - se non IL compito fondamentale - degli uomini di governo. Lavorare a progetti culturali ed all'elaborazione di una "teoria della cultura", significa prevedere ed influenzare l'evolvere di alcune delle dinamiche fondamentali della vita di grandi numeri di persone, oggi tra l'altro alle prese con una prospettiva sovente destabilizzante di globalizzazione oltre che proiettata in una dimensione, per molti versi altrettanto destabilizzante, sempre più multietnica e transnazionale. Assumere, infine, l'elaborazione di un modello culturale quale compito irrinunciabile dell'azione politica, significa anche assumere accettare la sfida ed i rischi connessi ad ogni impresa di pianificazione e di progettazione, che richiedono non solo nervi saldi ma anche la vista necessaria a scrutare il buio del futuro. Proprio come la civetta di Minerva, la dea della saggezza, che spicca il volo quando si fa notte.
Il fare, citato con tanta frequenza e con non minore malriposto orgoglio dall'attuale presidente del Consiglio, avvalora un'antica regola della comunicazione: quando si parla molto di qualche cosa, si può star certi della sua assenza fattuale nella vita reale delle persone reali. Il fare manca vistosamente nel governo del nostro Paese se, per fare politico, si intende qualche cosa rivolto all'utilità dei Cittadini e della Res publica. In questo senso, voglio proporre qualche osservazione mirata contemporaneamente a due obiettivi: individuare le ragioni profonde che hanno portato all'attuale stato di cose, illustrando contemporaneamente una linea d'azione che Libertà ed Eguaglianza intende adottare e proporre a tutti coloro cui chiediamo di aderire - anche attraverso il voto in occasione delle prossime elezioni primarie - alle posizioni del movimento e del suo candidato.
Sono convinto che stia inarrestabilmente crescendo il numero delle persone stanche del preteso e troppo sbandierato primato del fare - primato rispetto a chi e a che cosa, ci domandiamo - e proprio a loro propongo la necessità politica di attuare e predicare una fuga dalla fascinazione di questo verbo così usurato ed impropriamente usato, in favore di altri verbi e di altri processi, quali ad esempio pensare, produrre visioni, elaborare teorie. In sintesi, propongo la necessità di una sistematica riappropriazione della teoria, in accordo con ciò che sostengono non solo filosofi e psicologi, ma anche alcuni tra i manager internazionali di maggiore successo. È, dunque, loro e nostra convinzione che la qualità del fare, a tutti i livelli, dipenda direttamente proprio dalla presenza di quei processi e che di essi costituisca una semplice conseguenza. In caso contrario, il fare si trasforma in vuoto presenzialismo, in puro e nevrotico attivismo privo di contenuti e di finalità condivise. Per troppo tempo abbiamo lasciato - e non sempre incolpevolmente - uno spazio immeritato ad apprendisti, che hanno tentato di convincerci dell'indiscutibilità di ciò che l'autorità fa o sostiene di fare. È corollario naturale e ben noto ai sociologi che hanno investigato la struttura dei sistemi autoritari il fatto che l'azione del Capo non può né deve essere oggetto di troppe domande; semplicemente si richiede che essa venga condivisa, indipendentemente dalle motivazioni e dagli strumenti che l'hanno resa possibile. È questo lo scenario in cui si sviluppano le cosiddette Leadership carismatiche, fondate sul trascinamento emotivo più che sul confronto democratico intorno ai dati della realtà. Il leader carismatico richiede di essere creduto fideisticamente e non ammette che le proprie decisioni diventino oggetto di discussione. Il leader carismatico, ancora, pensa di essere - e vuole essere - oggetto d'amore assoluto e non filtrato, così come cerca di risolvere le proprie insicurezze di fondo attraverso i bagni di folla, di quella stessa folla che trova in lui il modo più veloce e rassicurante per evitare il peso dell'impegno personale, della consapevolezza critica e della responsabilità civile. Tutto questo è puntualmente accaduto, grazie ad un sistema di governo che ha fatto proprie alcune delle strategie di manipolazione elencate e descritte da Noam Chomsky, in un'Italia intimorita dall'improvvisa necessità di far fronte non solo alla capacità d'acquisto dimezzata dalla nefasta conversione della lira in euro, ma anche dalla difficoltà sempre crescente di conservare e trovare opportunità di lavoro all'interno di orizzonti geopolitici smisuratamente dilati.
Giuseppe Pasero
Libertà ed Eguaglianza
http://www.libertaedeguaglianza.eu
http://www.mariannetv.eu/

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