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TERZA LETTERA AGLI ITALIANI. LA FINE DELLA DIASPORA.
17.10.2010

TERZA LETTERA AGLI ITALIANI. LA FINE DELLA DIASPORA. Intervento di Mario Michele Pascale
Un acuto commentatore degli anni 80 e 90, dal quale sono molto distante da un punto di vista ideologico, riferendosi all'allora DC, invitava ad andare a votare "turandosi il naso".
Oggi l'olezzo si è spostato; più che spostato, espanso.
Dal mio punto di vista, che è quello di un non frequentatore dei figli della Dc dovunque essi siano finiti, mi interessa il fatto che l'odore di putrido sia diventato trasversale, radicandosi anche a sinistra, in tutta la sinistra.
Di tanto in tanto operazioni di restyling rendono sopportabile il cattivo odore che proviene dal cadavere della politica, il quale, all'occorrenza, può anche essere coperto da una bellissima bandiera rossa, più o meno stinta; in ultimo un po' di profumo copre tutto, ma alla lunga quel che puzza puzza, semplicemente.
Lo sanno tutti, anche quelli che fanno finta di niente.
La sinistra italiana si divide tra quelli che, come certi insetti, si riproducono all'interno della carne marcia, e quelli che, animati di virtù, onde evitare il peggio di turno (nella nostra fase storica Silvio Berlusconi), non solo indossano la maschera antigas, ma sostengono e votano, in pieno assetto da guerra chimica e batteriologica, la sinistra della carcassa putrida.
I primi, quelli che si riproducono nella carne, sono i quadri di partito, gli eternamente eletti che prolificano in forma di casta. Con loro tutti quelli che vivono, nel senso più brutale del termine, grazie a questo sistema, a partire dagli amici imprenditori (più o meno imbarazzanti esattamente come gli amici imprenditori della destra), finendo con gli elemosinatori che, in genere, bivaccano nel gruppo di portaborse a vario titolo (i famosi ex articolo 90).
I secondi, invece, appartengono al popolo dei puri: questi, credendo di agire per il bene comune, senza volere assolutamente nulla in cambio, votano e sostengono gli insetti.
Si turano il naso, si voltano dall'altra parte, si ripetono, come un mantra tibetano, di avere, in fondo, fatto bene, perché è importante impegnarsi e darsi da fare.
Pacificano così la loro coscienza.
Il bipolarismo riduce le scelte possibili a due, più qualche fotocopia. Dovunque si vada si cade nell'olezzo. Qualunque cosa si voti, occorre, appunto, "turarsi il naso".
Non mi interessa parlare a chi prolifica nel putrido; mi interessa invece parlare agli onesti.
Ma chi sono gli onesti?
Essenzialmente appartengono ad una diaspora che non trova mai pace.
Essi sono laici, difendono la legge, la costituzione, agiscono per il rispetto ed il rilancio dei diritti individuali e collettivi, disprezzano le interferenze dei furbi e delle lobby politiche e religiose, credono che, attraverso una via riformista, il nostro futuro possa migliorare.
Essi pensano ad un a Italia migliore.
Il loro primo difetto è quello di avere "il cielo stellato dentro di se" ed accontentarsi, fuori di loro, delle briciole che in termini di diritti ed azioni positive di tanto in tanto cadono dalle grandi abbuffate tra politica ed affari.
Un loro secondo difetto sta nella facilità con cui essi delegano ai "professionisti".
Spesso e volentieri vedo grandi battaglie di base, costruite con enormi sacrifici, che alla fine vengono svuotate davanti alla macchina elettorale. In sede elettiva gli onesti si affidano a terzi, discutibili e scelti tra "i meno peggio", per questioni di visibilità, prestigio, garanzia di elezione e quindi di portare nelle sedi decisionali qualcosa dei valori e delle idee per cui si è tanto combattuto.
Il risultato è che, in genere, arriva poco sui tavoli di governo dell'energia, delle buone idee e ottime pratiche che questi compagni onesti mettono al servizio del professionista della politica.
Comprendo e non condanno questi atteggiamenti.
Comprendo che di fronte all'involuzione antidemocratica e all'arretramento dei diritti si possa ragionare nei termini del "qualcosa, per quanto poco possa essere, è sempre meglio di niente".
Eppure, mi chiedo, ha senso che un bambino cresca ripetendosi "tanto non supererò mai il metro e venti di altezza?". E poi è giusto abitare in una casa delle dimensioni di una cuccia di cane, ripetendosi ogni giorno "tanto non avrò ma la possibilità di avere una casa vera"? Ed ancora a cosa porterebbe avviare un'impresa pensando "tanto tra un anno al massimo sarò oberato di debiti e chiuderò?".
A cosa serve coltivare grandi sogni, grandi ideali, portare avanti operazioni culturali ed intellettuali di ampio respiro, per poi consegnare tutta la ricchezza prodotta al primo che passa, sapendo che in cambio di un tesoro al massimo si può ricevere qualche banconota falsa?
Occorre che la diaspora degli onesti trovi una casa.
Gli onesti cui io parlo sono laici, libertari, socialisti, riformisti, liberal o radical socialisti.
Compagni e compagne che sono l'ultimo baluardo contro l'abbrutimento e la banalizzazione della vita politica ed intellettuale del nostro paese. Essi sono dispersi all'interno di questa sinistra, trovando magari temporanea collocazione per poi essere marginalizzati o scacciati, o peggio ritirandosi nel privato, perché l'orizzonte, l'idea, è ben poca cosa rispetto alla presentazione della lista.
La mia candidatura alle primarie, che è espressione del movimento Libertà ed Eguaglianza al quale io appartengo, vuole dare un segnale; qualcosa, al di là dell'eterno apparato di partito ed al di là della vuota retorica del messia, esiste.
Io non salverò la sinistra; non sono un profeta qualsiasi in groppa ad un asinello che, portando una "buona novella", risolverà i problemi di tutti.
Non sono neanche Superman.
Come già detto altrove mi sentirei ridicolo solo a pensarlo.
Tocca agli uomini e alle donne della diaspora avviare un processo che porti lontano, all'identità tra le nostre idee e la nostra azione politica, affinché i nostri valori siano al cento per cento la nostra offerta politica al paese.
Occorre lavorare per un'aggregazione di forze che non ripeta lo schema della sinistra post comunista. Non una riunione di segretari e quadri di partito, né la spartizione di uno spazio politico che, alla fine, si risolverebbe solo in liti condominiali.
Occorre ri-creare lo spazio politico della laicità, del socialismo, del riformismo, delle libertà.
Occorre un atto fondativo, un punto di inizio.
La mia candidatura, vuole essere una candidatura "nostra, vo' a dire" come diceva il buon vecchio Labriola "del socialismo scientifico italiano"; di più, la mia candidatura è uno strumento da adoperarsi come cemento e primo luogo di incontro della diaspora.
In questa ottica, la mia aspirazione non è quella di guidare questo processo, bensì quello di esserne parte integrante.
Occorre, ripeto, che la diaspora trovi una casa.
Io sono qui anche per questo.
Mario Michele Pascale
Candidato di Libertà ed Eguaglianza alle primarie del centrosinistra

http://www.libertaedeguaglianza.eu
http://www.mariannetv.eu/

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