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Migliaia di migranti tagliano il deserto in cerca dell'approdo
21.10.2010

Migliaia di migranti tagliano il deserto in cerca dell'approdo oltre il Mediterraneo. Li attendono trafficanti senza scrupoli e il cinico rifiuto dell'Italia: ecco cosa affrontano gli schiavi moderni
Miraggio Europa
Il miraggio dell'Europa: viaggio tra Niger e Libia. Ecco come arrivano da noi (o come sono respinti) le vittime della povertà, della guerra e dei cambiamenti climatici
"L'Europa è una grande scatola di formaggio che voi europei tenete chiusa - dice Moussa Kossomi - e più la terrete chiusa, più gli africani vorranno aprirla". Moussa è il presidente di Arc En Ciel (arcobaleno, ndr), un'associazione umanitaria locale che segue progetti di sviluppo nei villaggi intorno alla città di Agadez in Niger. Siamo nella mitica città di fango rosso dei touareg, la porta del Sahara, piccolo trionfo di architettura sudanese. Per la sua posizione centrale sulla “via del sale”, la principale pista carovaniera che unisce i Paesi dell'Africa Occidentale a quelli del nord, Agadez è da sempre una tappa importantissima per i viaggiatori. La sua moschea, un capolavoro annoverato tra i patrimoni dell'umanità, la rende meta di pellegrinaggi dei fedeli musulmani da molte parti dell'Africa.
Ma i tempi cambiano, e dopo venti anni di guerriglia che l'hanno isolata dalle rotte turistiche e commerciali, la città versa oggi in condizioni economiche disastrose. "Non c'è più alcuna ragione per andare ad Agadez, se non sei di Agadez" ci dice un touareg, sul pullman che attraversa 1.050 chilometri di deserto e che conduce alla città di fango partendo da Niamey, la capitale del Niger. Ma non è esattamente così. Ai mercanti e ai pellegrini si sono oggi sostituite altre due categorie di visitatori: gli ingegneri minerari cinesi e francesi impegnati nelle escavazioni dell'uranio, e i grandi viaggiatori del nostro tempo, le migliaia di migranti che ogni mese tagliano il deserto con il sogno dell'Europa. È ad Agadez che partono le principali vie di comunicazione verso la Libia e l'Algeria, sulla rotta che porta al Mediterraneo e poi all'Europa. La città è il cuore della macchina organizzativa che fa assumere al viaggio la dimensione dello sfruttamento di esseri umani.
Qui i migranti incrociano il loro destino con quello del contrabbando, della droga e della prostituzione. Registi dei traffici sono i cockseur (termine gergale per indicare i trafficanti, ndr), in accordo con l'esercito che controlla il territorio. I militari presidiano le vie di accesso alla città e intercettano tutti i mezzi in ingresso, facendo scendere quanti riconoscono come migranti. Ai malcapitati viene estorto denaro per poi essere consegnati ai cockseur, che da lì in poi provvederanno a tutto. Sono loro a portarli in città e a sistemarli in ghetti gestiti dalle loro mogli o amanti. Sono luoghi dove un'intricata rete di viuzze si sviluppa tra capanne di paglia, fango e lamiere, all'interno delle quali i migranti vivono a decine, divisi per etnie. Non c'è acqua né luce, si dorme sdraiati a terra. Manca tutto, ma non la tv, che attaccata a una grande parabola campeggia nello spazio comune, dove chi ha già pagato il proprio biglietto, trascorre l'attesa della partenza guardando programmi occidentali, alimentando il mito dell'Europa. Per tutti gli altri le giornate passano alla ricerca di piccoli lavori, per accumulare il denaro necessario a pagare il viaggio.

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