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27.10.2010

La "vertenza irpina", la questione dei rifiuti e l'emergenza democratica
Da tempo esiste oggettivamente un'allarmante vertenza in Irpinia, che si
estrinseca in una serie di gravi emergenze di natura ambientale, sociale,
economica e politica. Si pensi anzitutto alla cosiddetta "emergenza
demografica", cioè al calo inarrestabile della popolazione irpina, provocato
non solo dalla drastica diminuzione delle nascite, ma anche dal nuovo
fenomeno dell'emigrazione giovanile, di tipo intellettuale. Tali fattori
concorrono allo spopolamento crescente dei paesi irpini, tranne pochi casi
virtuosi ma isolati, che appaiono in controtendenza grazie al flusso di
lavoratori immigrati extracomunitari o provenienti da altre province,
soprattutto dall'hinterland napoletano.
Si pensi al problema della disoccupazione (il tasso della disoccupazione
giovanile in Irpinia ha superato il 50 per cento), della precarietà
economica sempre più estesa, di cui nessuno si preoccupa e che nessuno a
livello istituzionale è intenzionato ad affrontare.
Ma su tutte le questioni spicca la cosiddetta "emergenza sanitaria", che si
traduce nell'infausta decisione di sopprimere i presidi ospedalieri di
Sant'angelo dei Lombardi e di Bisaccia, che servono un bacino di utenza pari
ad almeno cinquantamila abitanti.
Queste e altre emergenze irrisolte, come quella scolastica o quella
esistenziale (si pensi all'aumento delle tossicodipendenze e dei suicidi
giovanili), al di là delle molteplici responsabilità locali, si possono
ridurre ad un comune denominatore, identificabile nell'assenza, o nella
riduzione, degli spazi di agibilità democratica avvertita nel nostro Paese.
Si tratta di un fenomeno preoccupante che va ascritto a livelli sovrapposti
di responsabilità, derivanti dalle iniziative demagogiche assunte dal
governo in carica.
Si pensi alla pesante emergenza ambientale, che riesplode in Campania a
causa del mancato smaltimento dei rifiuti napoletani: si pensi dunque al
problema delle discariche di Savignano Irpino, dell'altopiano del Formicoso
ed altri siti della nostra provincia.
A questo punto è il caso di soffermarsi a riflettere con lucidità intorno
alla cosiddetta "emergenza" dei rifiuti riesplosa drammaticamente a Napoli,
per smaltire anzitutto le (eco)balle, cioè le menzogne che ci stanno di
nuovo propinando senza risparmio. Balle gonfiate ad arte, sia dagli organi
della stampa borghese, sia dalle forze politiche formate da varie
aggregazioni, che si tratti di coalizioni targate centro-destra, o si abbia
a che fare con schieramenti politici di marca opposta ma, alla prova dei
fatti, speculare.
La madre di ogni quesito è la seguente: cui prodest? A chi giova la logica
emergenziale che ogni tanto riaffiora e si tenta di imporre con ogni mezzo,
ricorrendo sia alla disinformazione di massa, alla manipolazione quotidiana
delle notizie e alla propaganda mistificatrice e filo-camorrista, sia al
ricatto e alla violenza repressiva istituzionalizzata?
Perché si insegue ad ogni costo lo scontro fisico con le popolazioni locali
e non il dialogo pacifico? A chi conviene provocare uno stato di
conflittualità permanente? A chi fa comodo creare una situazione così
assurda e caotica, al limite della dittatura, peggiore di ogni fascismo
conclamato e di ogni aperto totalitarismo perché più ipocrita e subdolo,
esercitato in concreto, ma formalmente riparato sotto le vesti di una falsa
"democrazia"?
Ormai è evidente che la cosiddetta "emergenza rifiuti" è solo un facile
pretesto per instaurare nel paese una drastica svolta in senso autoritario.
E' in atto uno stato di polizia permanente che fa capo ad un regime
cripto-fascista. Ci troviamo di fronte ad una nuova "strategia della
tensione", che mescola istanze e pulsioni xenofobe, urgenze di stampo
sicuritario, con vertenze esplosive quali la drammatica questione dei
rifiuti.
Pertanto, la vera emergenza che incombe in Italia è anzitutto quella
democratica. Ormai è un dato di un'evidenza assolutamente innegabile: non si
può fare a meno di constatare l'assenza di un'autentica forza di opposizione
politica e sociale, in grado di costruire un'alternativa seria e credibile
al sistema di potere imposto dal berlusconismo.
In un contesto di crescente regressione autoritaria e populista sul piano
nazionale si va delineando una tendenza storica involutiva causata dalla
recessione economica internazionale, a sua volta riconducibile alla crisi
strutturale e senza precedenti che coinvolge il sistema capitalistico su
scala planetaria, i cui effetti più dolorosi si ripercuotono sulle aree più
arretrate e depresse del Meridione, in modo particolare sul mondo del lavoro
produttivo, a scapito quindi della classe operaia, cioè di quel proletariato
composto in modo crescente da lavoratori immigrati, un proletariato sempre
più precario e malpagato, escluso dalla sfera del potere politico ed
economico.
Se non si comincia a combattere in modo serio ed efficace le emergenze che
affliggono le nostre comunità e soprattutto le classi lavoratrici,
difficilmente si potrà estirpare alla radice il malessere sempre più diffuso
che angoscia le giovani generazioni irpine. Sembra che l'ottimismo sia ormai
un lusso riservato a pochi privilegiati, nella misura in cui le nuove
generazioni, prigioniere dell'inquietudine e dello sconforto, non possono
nutrire neanche la speranza verso un avvenire più sereno e soddisfacente,
data la totale assenza di prospettive legate ad un lavoro decente e ad una
vita degna d'essere vissuta.
A causa della cittadinanza negata alle masse subalterne, i nostri giovani
sono in gran parte costretti a mendicare favori che sono elargiti attraverso
sistemi ereditati dal passato, sia per ottenere un lavoro a tempo
determinato, precario e malpagato, privo di ogni diritto e tutela, sia per
ricevere un normalissimo certificato, per cui i nostri diritti sono svenduti
e sviliti in termini di volgari concessioni in cambio del voto politico a
vita.
Questa mentalità clientelistica e fatalistica è un malcostume intrinseco
alla "normalità" quotidiana, una situazione ritenuta "naturale" in base ad
una legge di natura che in realtà non esiste. In effetti le leggi naturali
non sono applicabili alla dialettica storica, che è segnata da tendenze e
controtendenze sociali sempre mutevoli, che si intrecciano in un rapporto di
reciproca interazione, per cui nulla è immutabile nella realtà storica e
politica degli uomini, come si evince dalle esperienze rivoluzionarie del
passato che hanno abolito i privilegi feudali e lo sfruttamento della
servitù della gleba. Condizioni che per secoli gli uomini hanno accettato e
riconosciuto come "giuste" e "ineluttabili".
Purtroppo, anche in Irpinia la classe operaia conosce percentuali
sconcertanti di omicidi bianchi, che denunciano un vero e proprio
stillicidio di cui nessuno osa parlare. In Irpinia i lavoratori salariati
sono endemicamente sudditi e ricattabili, in quanto asserviti ai notabili
locali, dato che le assunzioni in fabbrica sono ancora decise secondo metodi
clientelari. I segnali di una ripresa dell'iniziativa proletaria sono assai
deboli, parziali e slegati tra loro; non vi sono attualmente organizzazioni
politiche in grado di favorire un'accelerazione dei processi di presa di
coscienza e di auto-organizzazione. Il proletariato (non solo quello irpino)
non ha ancora acquisito fiducia in se stesso e non ha ancora rinunciato alle
vane illusioni propinate dai mass-media e dai partiti borghesi.
Lucio Garofalo

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