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Servizi pubblici: costi e benefici
15.11.2010

Servizi pubblici: costi e benefici
Il cosiddetto "popolo delle carrozzine" sta in questi giorni manifestando
nelle piazze delle città dell'Emilia-Romagna per difendere i nidi d'infanzia
comunali dalla dolorosa scelta fra taglio del servizio o aumento delle
tariffe cui li ha obbligati il drastico taglio dei trasferimenti agli enti
locali effettuato per il prossimo biennio dal duo Berlusconi-Tremonti.
Taglio che, peraltro, si abbatterà su tutto il welfare locale,
dall'infanzia, alla disabilità, ai trasporti, cultura etc.

Alle famiglie tutta la nostra solidarietà per un servizio assolutamente
necessario al mantenimento delle donne nel mondo del lavoro, non
dimentichiamo che la nostra regione è la prima nel paese per tasso di
occupazione femminile, l'unica che si avvicina ai livelli nord-europei.

Gli amministratori, però, non possono limitarsi a denunciare i tagli. Lo
stato delle finanze del paese è noto, il debito pubblico un peso sempre meno
sostenibile, la pressione fiscale non più aumentabile, anche se avrebbe
bisogno di un grosso riequilibrio a favore del lavoro dipendente e del
capitale investito in attività produttive a scapito delle rendite e delle
ricchezze patrimoniali non produttive.

Il problema di un giusto rapporto costi/benefici, sempre accantonato perché
mette in gioco grandi e piccole rendite di posizione, non è più
dilazionabile. Dalla sua soluzione dipende il mantenimento del livello dei
servizi raggiunto e di un suo auspicabile miglioramento.

Restiamo nel campo dei nidi che esemplifica bene la situazione generale: nel
2008 ogni infante ospite nei nidi di Bologna è costato mediamente, di sola
gestione, escluso l'ammortamento del capitale investito, 12.500 euro di cui
circa 2.200 recuperati con la tariffa. Tutta l'attenzione di utenti e media
è focalizzato sul secondo dato, come se 10.300 euro di costo a carico della
fiscalità generale non esistessero. E' possibile che un servizio utilizzato
essenzialmente dalle famiglie dove entrambi i genitori lavorano costi quasi
quanto l'intero salario netto di uno dei due? (non parliamo quando il
genitore è solo). Oltre a cercare ulteriori risorse non dovremmo anche
esaminare la possibilità di abbattere il costo? Notiamo che nello stesso
anno, a Reggio Emilia, città nota in tutto il mondo per l'altissimo livello
dei suoi servizi per l'infanzia, lo stesso è stato di 9.200 euro. Le ragioni
sono in parte organizzative ed in parte storiche, ma non è questa la sede
per esami puntuali. La differenza, però, è non disprezzabile, il 28% in
meno, ed aumenta nel tempo, nel 2000 era del 22%. Quanto meno c'è da
chiedersi cosa impedisca alla Regione di istituire un osservatorio costi dei
servizi che registri i comportamenti virtuosi, le best practices, e li
divulghi, o, meglio, li imponga a tutti gli altri enti. Che il costo medio
dei servizi alle persone cresca tendenzialmente più della produttività fino
a diventare insostenibile non è una novità, i paesi che hanno conosciuto il
welfare prima di noi lo sanno bene, lo stesso osservatorio potrebbe
importare da loro nuovi modelli organizzativi. Credo sia nell'interesse di
tutti, cittadini, utenti, lavoratori dei servizi ed amministratori
collaborare per invertire questa tendenza ad ignorare il rapporto
costi/benefici, unica alternativa al taglio dei servizi o ad un aumento
vertiginoso delle tariffe.
Paolo Serra mad9921@iperbole.bologna.it

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