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Cambiare la legge Bossi-Fini
10.10.2003

Immigrazione: Cambiare la legge Bossi-Fini

Intervista a Piero Soldini, responsabile Ufficio Immigrazione Cgil.

- Al di là dell’uso più o meno strumentale che la maggioranza di governo fa del tema del voto agli immigrati, l’uscita di Fini sulla questione ha riportato sulle pagine dei giornali un tema molto importante per la Cgil.

Il diritto di voto agli immigrati è un tema che come Cgil abbiamo assunto da tempo: riteniamo che sia un diritto strategico in grado di modificare il rapporto tra immigrazione e politica.
Oggi quando politici e amministratori locali parlano di immigrazione, lo fanno sempre tenendo presente quella parte di opinione pubblica nazionale che ha un’ atteggiamento di diffidenza e di resistenza rispetto all’immigrazione. Se gli immigrati presenti sul nostro territorio avessero il diritto di voto, probabilmente cambierebbe il linguaggio e l’approccio dei politici al problema dell’immigrazione.

- Ma l’ affermazione di un diritto quale il voto, appare in netto contrasto con l’ispirazione della legge Bossi-Fini sull’immigrazione. Un provvedimento che lo stesso Fini –naturalmente – ha rivendicato come un grande successo.

Io ho ascoltato con attenzione il discorso di Fini al Convegno del Cnel. Il bilancio esaltante che ha fa della Bossi-Fini, è un’ ”alchimia”. Nel senso che il presidente di Alleanza Nazionale fa coincidere la Bossi-Fini con il provvedimento che sta portando alla regolarizzazione di centinaia di migliaia di immigrati.
In realtà la regolarizzazione è solo un articolo della Bossi- Fini che, per la verità, è stato perfezionato al di fuori della legge stessa attraverso diversi provvedimenti, come –ad esempio- la legge 322 del 2002, e anche attraverso gli accordi che, come sindacato, abbiamo strappato.
Ricorderete la questione delle vertenze aperte dai lavoratori immigrati per il riconoscimento del rapporto di lavoro nei casi in cui il datore di lavoro non voleva accedere alla regolarizzazione.
Questo tentativo di far coincidere la regolarizzazione con la Bossi-Fini, è servito per fare un bilancio esaltante della Legge.
Invece, il successo della regolarizzazione, cioè le circa 700.000 domande, sta proprio a significare il contrasto con la legge, perché la legge è un insieme di norme che rendono complicato il percorso di regolarizzazione degli immigrati.
E’ una sorta di comma 22. Sapete, quel famoso comma 22 del regolamento militare americano per cui chi è pazzo può fare domanda di esenzione dalle missioni pericolose, però chi fa domanda di esenzione dalle missioni pericolose non può essere pazzo e quindi la Commisione respinge la domanda.
Nella Bossi-Fini succede la stessa cosa. Nel senso che se un immigrato che è irregolare chiede di essere regolarizzato, in decine di casi l’amministrazione gli risponde che siccome non è regolare, non può essere regolarizzato.
Oppure, quando un lavoratore migrante chiede il ricongiungimento familiare, presenta la documentazione, ed ottiene il nulla osta dalla Questura, poi non riesce ad esercitare il suo diritto perché i consolati non gli danno un appuntamento entro i 6 mesi di legge.
Spesso quando l’appuntamento arriva, i 6 mesi sono scaduti, e lui deve iniziare da capo. Come in una sorta di gioco dell’oca.
Quindi la Bossi-Fini è una legge che tende in ogni modo di rendere la vita difficile ad ogni immigrato e di consegnarlo ad una condizione di clandestinità.


- Sulla questione dell’immigrazione c’è un recentissimo documento unitario di Cgil-Cisl- Uil che indice per il 18 dicembre una giornata di mobilitazione su questo tema. Di che cosa si tratta ?

Cgil-Cisl-Uil lanciano alcune proposte per una politica dell’immigrazione alternativa a quella che è stata seguita fino ad oggi. Quindi, oltre la Bossi-Fini e -per alcuni aspetti- oltre alcuni limiti della Turco-Napolitano.
Noi riteniamo che la politica dei flussi programmati, delle quote previste dalla Turco-Napolitano e sostanzialmente inibite dalla Bossi-Fini, sia fallita in Italia ed in Europa.
Considerate che negli ultimi 5 anni attraverso i flussi programmati, sono entrati in Italia circa 50.000 immigrati. Nello stesso lasso di tempo, sono entrate nel nostro paese -con sistemi più o meno regolari-altre 200.000 persone.
Questo divario è il chiaro fallimento della politica della regolarizzazione dei flussi.
Noi proponiamo invece che si parta da un processo di regolarizzazione fluida, costante. Una regolarizzazione a regime che possa consentire a coloro i quali arrivano nel nostro paese un tempo di minimo 6 mesi per ricercare un’occupazione e consentire in questo modo un accesso al mercato del lavoro e quindi alla regolarità.
Questa proposta è contenuta anche in una deliberazione del Parlamento Europeo che noi riteniamo debba essere adottata dai paesi dell’Unione.
In sostanza, salvo i giusti controlli che devono essere fatti per coloro i quali risultino essere ricercati dalle polizie internazionali, si tratta di offrire a chi arriva nel nostro paese -anche clandestinamente, perché purtroppo le forme dell’emigrazione sono queste- un permesso di 6 mesi in modo tale di facilitare la ricerca di un’occupazione regolare e per fare incontrare nella legalità la domanda e l’offerta di lavoro.
Il documento di Cgil-Cisl- Uil individua la data del 18 dicembre come data di una mobilitazione nazionale del sindacato e non solo, sul tema dell’ immigrazione, e chiede la ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dei migranti e delle loro famiglie. Si tratta di un testo, approvato nel luglio scorso, che stabilisce uno standard di diritti fondamentali che devono essere riconosciuti agli immigrati.
Ma questa Convenzione non è stata ratificata da nessun paese europeo. Noi riteniamo che tale ratifica debba essere un obiettivo primario, in modo tale che i paesi firmatari siano successivamente spinti a rivisitare le norme nazionali sull’immigrazione e, per quanto riguarda l’Italia, a metter mano ad una revisione della Bossi-Fini.

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