Nota sulla previdenza a cura dei Dipartimenti Lavoro e Welfare dei Democratici di Sinistra
Sul problema delle pensioni la posizione dei DS sono state espresse più volte con grande chiarezza.
In primo luogo noi appoggiamo le iniziative del sindacato, a partire dallo sciopero generale del 24 ottobre prossimo, che si oppongono ad una controriforma del sistema pensionistico. Se passasse la decontribuzione, cioè il versamento di minori contributi per i giovani che entrano per la prima volta al lavoro, il sistema pubblico risulterebbe minato alle fondamenta e si accentuerebbero le diseguaglianze tra le generazioni. Così come non pensiamo che sia giusto rendere obbligatorio il versamento del TFR ai fondi di previdenza complementare. E’ preferibile, a questo riguardo, la formula del silenzio-assenso.
Noi intendiamo difendere le riforme degli anni ’90 e completarle. Occorre ricordare che con quelle riforme si sono introdotti cambiamenti significativi che hanno, fin qui, riportato il sistema in equilibrio:
- si è introdotto l’intero calcolo contributivo per coloro che sono entrati per la prima volta al lavoro a partire dall’1/1/96;
- si è introdotto, su questa base, il criterio dell’uscita flessibile dal lavoro (57-65 anni), alla quale corrisponde un diverso, minore o maggiore, risultato pensionistico;
- si sono superate le pensioni di anzianità che consentivano di andare in pensione con 35 anni di contributi indipendentemente dall’età anagrafica;
- si è equiparata la situazione tra dipendenti pubblici e privati (a partire dal 2004 tutti i lavoratori dipendenti avranno diritto alla pensione con 35 anni di contributi e 57 anni di età );
- si sono superati tutti i Fondi speciali sostitutivi del trattamento dell’Assicurazione Generale Obbligatoria (AGO);
- si sono ridotti in maniera consistente i contributi complessivi a carico delle aziende; i contributi previsti per le pensioni sono oggi pari al 32.7%;
- con il governo D’Alema si sono ulteriormente ridotti i contributi dell’1.82% (fiscalizzazione degli oneri di maternità , Enaoli, ecc.);
- si sono risparmiati, fin qui, circa 200.000 miliardi di vecchie lire;
- nella riforma Dini si è fissata la percentuale di spesa previdenziale rispetto al PIL: su questa base sono previste verifiche periodiche (la prossima è nel 2005), per mantenere inalterata questa percentuale e introdurre i correttivi necessari.
A partire da queste impostazioni noi intendiamo completare le riforme avviate, ai fini dell’equilibrio del sistema. Per questo si rende necessario:
- affrontare le situazioni di privilegio ancora esistenti;
- migliorare il futuro previdenziale dei giovani con il ricongiungimento dei contributi dei lavoratori flessibili e con le coperture figurative per i periodi di non lavoro;
- avvicinare gradualmente i contributi tra lavoro autonomo e dipendente;
- incentivare chi vuole restare al lavoro;
- riconoscere le attività usuranti e rivalutare i lavori di bassa qualifica.
E’ comunque indispensabile, anche su questi temi, la concertazione con le parti sociali che questo governo ha negato. L’attuale sistema, riformato negli anni ’90, andrà compiutamente a regime nel 2008 con queste possibilità : andare in pensione con 40 anni di contributi, oppure andare in pensione con 35 anni ma avendo come minimo 57 anni di età (58 per i lavoratori autonomi); oppure con la pensione di vecchiaia (60 anni per le donne e 65 per gli uomini). Se da quel momento si renderanno necessari correttivi e gradualità questo dovrà essere oggetto di valutazione preventiva con le parti sociali, nel solco della riforma Dini e del suo rafforzamento, anche attraverso le verifiche che essa già prevede in corso d’opera.