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I poveri ci sono ancora...
19.10.2003

Sette milioni di poveri, e il governo taglia i fondi.
E in Italia chi sono i poveri? Sono quei 7 milioni e 100 mila individui che spendono meno di 800 euro al mese. Sono 2 milioni e 400 mila famiglie. Sono famiglie monoreddito, con spesso a capo donne sole che lavorano. Stiamo parlando, in base ai dati Istat più recenti (sul 2002), dell'11% delle famiglie italiane e del 12,4% degli individui. Una percentuale in calo rispetto all'anno scorso, ma in cui spicca un dato negativo: i poveri, anche se diminuiscono, sono sempre più poveri. Aumenta il solco sociale tra ricchi e indigenti. Peggiora infatti, l'intensità della povertà (quell'indicatore che misura di quanto, in media, la spesa di questi nuclei è percentualmente al di sotto della linea di povertà) che passa dal 21,1 per cento del 2001 al 21,4 del 2002.

Una fetta consistente di cittadini italiani cui l'attuale governo non assicura molto. La Finanziaria 2004 presentata in questi giorni taglia vistosamente i fondi sociali, mentre il Piano nazionale contro la povertà e l’esclusione sociale presentato a fine luglio dal ministro Maroni è stato giudicato negativamente dalle forze sociali. E' "un pessimo documento", che “non compie scelte strategiche finalizzate positivamente all’inclusione sociale, non indica soluzioni a breve in grado di affrontare i drammatici problemi di moltissime persone e famiglie, non contiene traccia delle risorse necessarie”. Questo il giudizio, radicalmente negativo, espresso unitariamente da Cgil, Cisl e Uil.

Ma non sono solo i sindacati a criticare il governo. Anche dal mondo cattolico e dalle gerarchie ecclesiastiche si solleva più di un malumore. La Caritas italiana, ad esempio, ha divulgato una nota piuttosto critica nei riguardi delle politiche sociali del governo.

"Dopo la legge quadro sul sistema dei servizi sociali (328/2000) e la riforma del Titolo V della Costituzione - si legge nella nota -, abbiamo avuto due anni di interventi piuttosto incerti in materia di politiche sociali. Il Libro bianco sul welfare, presentato a febbraio, e il Piano presentato a luglio, rappresentano le prime organiche espressioni dell'attuale Governo in materia". Secondo la Caritas in questi documenti "si nota una certa distanza dagli obiettivi comuni dell'Unione Europea (diminuzione del numero assoluto delle persone e delle famiglie povere, attenzione alle povertà legate all'immigrazione, attenzione alle pari opportunità tra uomo e donna)". Inoltre "il Piano prodotto dal Ministero del Welfare non è stato il frutto di un confronto allargato, né ha visto il coinvolgimento delle Regioni, secondo il metodo del “coordinamento aperto” richiesto dall'Unione".

La Caritas elenca poi le altre mancanze dell'azione governativa:
"- non si pongono obiettivi quantitativi e verificabili delle azioni politiche;
- si inseriscono nel piano elementi di politica del lavoro e di politica scolastica non direttamente connessi alla lotta alla povertà;
- si sottovaluta l'importanza di un adeguato sistema dei servizi sociali con il rischio di scaricare sulle famiglie il peso della cura di situazioni croniche (anziani, disabili);
- è ancora assente una specificazione del Reddito di ultima istanza che dovrebbe sostituire il Reddito minimo di inserimento: la dichiarata compartecipazione regionale potrebbe provocare seri squilibri tra Regioni più ricche e Regioni più povere;
- non si presta attenzione al Mezzogiorno, limitandosi ad incentivare nuovi esodi verso le zone più sviluppate del Paese".

Il documento della Caritas è stato diffuso in occasione della seconda Tavola rotonda europea sulla povertà e l'esclusione sociale, che si tiene oggi e domani a Torino. Si tratta di una tappa importante nella strategia europea di lotta alla povertà, inaugurata al Consiglio europeo di Lisbona nel 2000. L'incontro di Torino rappresenta una prima verifica dei nuovi Piani nazionali di azione contro la povertà e l'esclusione sociale presentati dai Paesi membri Ue nello scorso mese di luglio.

fonte:       http://www.rassegna.it/

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