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Non mi avranno di Michele Santoro
20.10.2003

Un pensiero non omologato e libero di esistere e di circolare. Naturalmente attraverso l’etere. A un anno e mezzo dal diktat in Bulgaria pronunciato da Berlusconi contro Michele Santoro, Enzo Biagi e Daniele Luttazzi, la ricerca di un luogo delle idee differenti per il conduttore di Sciuscià è un chiodo fisso. Il giornalista ne parla dopo un’affollatissima serata passata alla festa dell’Unità di Alba, nelle Langhe.

Allora Santoro, che si fa?

Il movimento operaio insegna. Nei momenti in cui sembrava più difficile costruire delle risposte ha inventato tante cose. Credo che oggi si debba far vivere un pensiero diverso fuori dalla cappa dell’omologazione e dalla tv marmellata e c’è una parte importante del paese che determina una tale spinta. Dovunque vado trovo tantissima gente che vuole partecipare. Sente il bisogno di avere voci diverse. Ecco perché si dovrebbe lanciare una sfida a Berlusconi perché nasca una piccola voce indipendente. Potrebbe anche avere un effetto benefico sul sistema, dare coraggio a tutti quelli che lavorano onestamente sia all’interno della Rai, sia all’interno di Mediaset.

Lavori in corso quindi...

Ci sono tanti gruppi che oggi in Italia si pongono questo problema. Il mio desiderio sarebbe quello di metterli insieme, coagularli perché non nascano solo piccole cose. Deve essere una iniziativa dignitosamente piccola, che non sia velleitaria sul piano industriale, in grado di stare in piedi con le proprie forze.

Però la parola d’ordine è normalizzare la tv.

La difficoltà della situazione sta nel fatto che la nostra vicenda ha assunto un grande valore simbolico per milioni di persone. Quindi la soluzione per sbrogliare la matassa diventa complicata per un governo che non concepisce assolutamente spazi per un pensiero diverso.

Ma Berlusconi si considera un campione della libertà e del liberismo, anche nel campo televisivo.

Non c’è nessuna persona più distante di lui dal libero mercato e dal liberalismo. La visione che ha è molto primitiva, viene prima delle regole. Ha una posizione di forza e costringe gli altri a subirla.

Riprendiamo il filo dalla Bulgaria...

È importante perché Berlusconi, abilissimo nell’utilizzo dei mezzi della comunicazione (bisogna riconoscerglielo) procede per campagne. Pochi hanno valutato il fatto che indicare Santoro, Biagi e Luttazzi serviva a creare un nemico funzionale ad un’operazione sui mezzi di comunicazione. Se metti a tacere una persona dell’importanza di Biagi, baricentro intorno al quale gira il sistema informativo italiano, non solo hai lanciato un’intimidazione all’intera categoria dei giornalisti, ma hai dato un giro di vite per un ulteriore controllo sui media. Se i giornalisti Rai vedono che giornalisti famosi, ben pagati, vengono trattati in questa maniera, chi lavora in una redazione che non può neanche difendersi con la fama cosa deve fare? Una persona onesta cercherà di fare nel modo migliore il suo lavoro, però intanto una stretta è passata. Queste campagne lasciano il segno. Inoltre l’episodio della Bulgaria mi ha fatto venire in mente il giuramento di fedeltà richiesto dal fascismo ai docenti delle università italiane.

Ieri «Sciuscià», oggi Ferrara contro Colombo, Tabucchi e l’Unità. Aggredire, insomma, non guasta.

Ferrara, diciamo, è un geniale «picchiatore» e il mito di presentarsi come esponente della cultura liberale fa ridere. È una persona che concepisce la sua libertà, ma non quella degli altri.

Lo hai definito stalinista.

Beh, c’è qualche riflesso del genere nel suo modo di pensare. Hanno la pretesa di ordinare il mondo, di farlo girare intorno ad un sole che per lui, comunque, è Berlusconi, suo punto di riferimento privilegiato. La polemica contro Tabucchi è allucinante, ma lo è altrettanto la sua confessione di essere stato agente dei servizi segreti americani. Tutti l’hanno vista come una boutade. In qualunque altro paese l’ordine dei giornalisti avrebbe reagito. Se era vera la notizia non avrebbe più potuto fare il giornalista, se era falsa allora era tutta una barzelletta.

Quando parli con la gente di quanto ti è accaduto sembri deluso anche dalla reazione del centrosinistra.

Piuttosto, anche se da un anno a questa parte il centrosinistra ha recuperato su alcuni terreni, penso che non abbia, sino in fondo, scelto di praticare la strada della libertà. C’è sempre una visione della politica che deve dirigere tutto. Credo invece che debba avere un ruolo di guida nei processi che possono ben ordinare una società.

Quando incontri la gente chiedi sempre se «Sciuscià» gli manca.

È vero. E la risposta che ricevo è sempre: sì. Per un pezzo di opinione pubblica Sciuscià era il tramite per esistere. Ricordiamo che l’opinione pubblica esiste in quanto esistono i giornali. Ricordate la polemica sugli eccessi dei programmi come il mio? Sono andato a rileggermi cosa diceva in materia Camillo Benso conte di Cavour, tanto per citare un noto «comunista». Se la stampa commette degli eccessi, diceva, nel momento in cui questi sono in contrasto con l’esperienza concreta di chi vive la realtà in una maniera differente, è ovvio che questi eccessi si rivolgeranno contro il giornalista che li compie. Però pochi ricordano che abbiamo concluso la famosa «campagna criminosa» di cui in Bulgaria con una trasmissione con Rutelli. Berlusconi volle farne una speculare su Canale 5 da Costanzo. Sciuscià ebbe 7 milioni di spettatori contro 3. Parlo di una trasmissione che dalla sua autorevolezza traeva la sua forza: per questo è stata chiusa, perché era credibile, non perché era uno strumento da agit prop.

La legge Gasparri , nonostante gli scivoloni, dovrebbe andare a regime.

Una legge peggiore di questa era difficile immaginarla: porterà la Rai ad indebolirsi sul piano strategico, facendole carico dell’investimento per l’introduzione del digitale terrestre in Italia e condizionandola pesantemente sul piano delle risorse. Inoltre c’è un eccesso di offerta di tv generalista in Italia che, così, diventa di pessima qualità. È grave, infine, che si continuino a vendere le frequenze, un patrimonio pubblico, come se appartenessero ai network. Ci vorrebbe un’autorità terza veramente indipendente che ti dà la frequenza in funzione del fatto che devi realizzare un certo progetto tv. Se non sei più in grado di andare avanti la restituisci all’authority che, a sua volta la ridistribuisce. Oggi, quelle di Telepiù, Murdock le rivende a Berlusconi come se fossero sue. È allucinante.

intervista a cura di Luis Cabasés

da www.unita.it

 

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