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Il re è nudo (di Auser nazionale)
21.10.2003

Nessuno, proprio nessuno crede più che, al di là della dissipazione dei beni e della decenza pubblica, il governo abbia in serbo una carta per il rilancio economico del paese. La politica di deprezzamento del lavoro, di contrazione della spesa pubblica, di concentrazione della ricchezza privata, con cui alcuni paesi, a partire dagli Usa, si sono assicurati qualche stagione di vantaggio competitivo, quanto più si generalizza, tanto più diventa inefficace, distorsiva e globalmente recessiva. Il treno a cui Tremonti pensava di potersi agganciare è, in effetti, fermo. E nessuno, proprio nessuno si aspetta più che il mercato possa farlo rapidamente e quasi pacificamente ripartire. Per questo, il conflitto sociale, interno e internazionale, si fa più aspro e diffuso.

Il malato che non spera più nel medico è spesso tentato di rivolgersi allo stregone. In California, nella culla del reaganismo, di fronte a problemi di bilancio pubblico resi insolubili da decenni di aspettative antisociali e di politiche antifiscali dissennate, gli elettori si sono scelti per guida non un economista o un politico accorto, ma l’interprete cinematografico di Terminator, l’ultimo e non più umano giustiziere, che amministra la violenza pubblica in un mondo in preda al caos e destinato alla catastrofe. A fronte di problemi che non sa risolvere, la politica cede il passo alla drammatizzazione (o alla farsa) dozzinale.

C’è una via maestra per uscire dai labirinti della cattiva economia e della cattiva politica: riporre al centro dello scenario le persone e le loro relazioni, i loro bisogni e le loro risorse.

E’ esemplare al riguardo quella che alcuni, con avvertenza della sua forza dirompente, chiamano la "bomba demografica". In particolare riferendosi, come nel dibattito sulle pensioni di questi giorni, all’aumento dell’ aspettativa di vita delle persone.

Si sostiene che quest’aumento, che è conseguenza di un grande sviluppo, ne è anche un effetto insostenibile, senza un allungamento della vita lavorativa. Sul "se" e sul "come" di quest’obiettivo si potrebbe anche discutere, se non vi fosse una questione pregiudiziale, che è data dal crescente declino del lavoro necessario ad alimentare l’apparato produttivo esistente. Apparato che stenta ad espandersi. Mentre le imprese puntano a un rapido ricambio generazionale della forza-lavoro.

Siamo, dunque, in presenza di una contraddizione, che conferma la sterilità di "soluzioni" legate ad un’intensificazione dello sfruttamento del lavoro.

Occorre mettere in campo risorse aggiuntive, che non possono essere mobilitate in una pura logica di profitto. La via di sviluppo d’economie locali sociali, a suo tempo sperimentalmente imboccata con il convinto sostegno del ministro Ciampi e, poi, spericolatamente abbandonata dai successivi governi di centro-sinistra, in nome di un moderato ma non trasceso neoliberismo; questa via, da ripercorrere a partire dalla rivitalizzazione delle reti dei servizi territoriali di welfare, appare ineludibile per una prospettiva di riqualificazione e di ricrescita sociale e produttiva.

In questa prospettiva, e non altrimenti, la "bomba anziani" potrà essere dinnescata e anzi convertita in energia civile.

Il re è nudo. Guardiamoci dall’essere più realisti del re. Non è un inizio incoraggiante che il centro-sinistra si stia ricompattando, sulla base di accordi tra partiti-apparati, tesi a ricollocare ai margini i movimenti girotondini e new global.

Processi d’assestamento, legati alla percezione di una crisi di fondo della politica governativa, sono in corso anche nella maggioranza di centro-destra. An, con la mossa di cavallo imposta da Fini sul tema dei diritti politici degli immigrati, scavalca al centro FI, su un terreno di grande valore simbolico. Ma il fatto forse più significativo è il richiamo, che ne è seguito, al Parlamento come autentico rappresentante della volontà popolare. Udc e An rivendicano, in tal modo, un diritto di esistenza politica nella maggioranza, ma non puramente entro e ai margini di essa, ma come forze centrali dello schieramento parlamentare e possibile perno o parte, su questioni non strettamente attinenti alle funzioni di governo, di maggioranze a geometria variabile (non "trasversali", come comunemente si dice, pagando pegno a una concezione della libera espressione della volontà dei parlamentari come esercizio trasgressivo e non fisiologo del mandato popolare). La "dittatura della maggioranza" potrebbe esser giunta, dunque, al suo epilogo.

In attesa di vedere che uso Udc e An sapranno fare di questo ridisegno dello scenario politico e istituzionale, non si può che prendere atto che esso sembra segnare, su una questione davvero centrale, un punto di ritorno alla Costituzione.

Di questo dovrebbe potersi positivamente giovare il Presidente Ciampi, per onorare l’impegno anche di recente solennemente ribadito, ad essere custode intransigente dell’unità nazionale; come, si dà per certo, del pluralismo dell’informazione e dell’autonomia della magistratura.

da www.auser.it

 

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