La polizia ha arrestato durante la notte i brigatisti rossi che vengono considerati i responsabili dell'omicidio di Massimo D'Antona, il consulente del ministro del Lavoro assassinato a Roma il 20 maggio 1999. Si tratta di sei persone: tre uomini sono stati presi nelle loro abitazioni a Roma; un uomo e una donna in Toscana (a Firenze e a Pisa); l'altra donna, romana, é stata catturata in Sardegna, nel Sassarese. Secondo le accuse alcuni avrebbero eseguito materialmente il delitto. A quanto si apprende sei sarebbero "irregolari" legati agli ambienti dell'estremismo rosso, mai coinvolti direttamente nel passato in inchieste sull'eversione.
L'operazione ha impegnato un migliaio di agenti ed è stata coordinata dai pool antiterrorismo delle procure di Roma, Firenze e Bologna. Eseguite circa 80 perquisizioni a Roma e in altre città , tra cui Trieste e Udine. Altre sarebbero ancora in corso. Sequestrati documenti, agende e materiale vario che è ora all'esame degli investigatori, individuati - a quanto sembra - i covi romani in cui si nascondevano Nadia Desdemona Lioce e Mario Galesi: uno nel quartiere Quadraro, rintracciato grazie ad un mazzo di chiavi sequestrato alla Lioce, l'altro nel quartiere Tuscolano,fino a qualche tempo fa ancora operativo.
Circolano alcune domande sulla "fretta" che avrebbe spinto la procura di Roma e la Digos ad accelerare le indagini e a compiere i sei fermi: l'ipotesi corrente riguarda una ipotetica fuga di notizie. L'atto con il quale i pm Ionta e Saviotti hanno dato il via all'operazione di polizia è stato preparato pochissimi giorni fa. Alcuni giornali sarebbero stati pronti ad anticipare l'evento.
Gli arresti di stanotte sono il frutto dei mesi di indagine seguiti all'arresto di Nadia Desdemona Lioce dopo la sparatoria - il 2 marzo scorso - sul treno partito da Roma e diretto ad Arezzo nella quale morirono in un conflitto a fuoco l'agente della Polfer Emanuele Petri e il militante br Mario Galesi. Dai cellulari dei due terroristi è stata possibile la ricostruzione di alcune vicende riguardanti l'organizzazione eversiva. I pm sono riusciti a sfruttare "tracce sottili e labili" e a individuare un intenso traffico telefonico che collegava i cellulari dei due terroristi ad alcune cabine telefoniche di Roma.
Tra il febbraio e il maggio del '99 circa 70 chiamate ai cellulari di Galesi e della Lioce sarebbero partite da una cabina telefonica situata nei pressi della via Salaria, a Roma. Tutte tra le 8 e le 10 del mattino, quando Massimo D'Antona usciva dalla propria abitazione per recarsi in ufficio. Da ciò si dedurrebbe che lo stretto collaboratore di Antonio Bassolino, al tempo ministro del Lavoro - che verrà assassinato poi, poco dopo le 8 del 20 maggio di quell'anno, proprio in via Salaria - sia stato a lungo spiato e pedinato.