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Vogliono cancellare il 25 aprile - da www.unita.it
23.04.2003

Silvio Berlusconi, benché presidente del Consiglio italiano, non vuole celebrare la festa della Liberazione. Ha spiegato la ragione alcuni giorni fa.

Il silenzio istituzionale che ha seguito e circondato il suo argomento ha incoraggiato gli esponenti del suo partito e della sua maggioranza a tenersi lontani dalla festa della Liberazione o a screditarla, o a descriverla in versioni insultanti e spregevoli. Ha detto Berlusconi: «la Costituzione italiana ha una impronta sovietica».

Il fondatore di Forza Italia ha visto e anticipato il nesso: la Costituzione repubblicana esiste perché esiste la liberazione dal fasismo e dal nazismo, un evento che finora gli italiani hanno celebrato ogni 25 aprile.

La liberazione dal nazismo e dal fascismo è Resistenza e lotta di popolo, anni di opposizione, di persecuzione e di morte nelle campagne e nelle città italiane dal Sud al Nord. C’è stato il formarsi e il saldarsi di una intera classe dirigente. C’è stata la presenza attiva della cultura giovane e anziana del Paese, da Benedetto Croce a Primo Levi.

Sono coloro che hanno salvato il volto e la reputazione di un Paese che altrimenti sarebbe stato ricordato soltanto come persecutore di ebrei (protagonita attivissimo, in questo orrido impegno, subito dopo la Germania) folle costruttore di finti imperi, e invasore - con debito bagaglio di armi chimiche e di gas asfissianti - di Paesi africani.

Il giorno 22 aprile, scrivendo sulla Stampa della festa della Liberazione, Maurizio Viroli, consigliere culturale del Quirinale e docente di Storia all’Università di Princeton, suggerisce una analogia «fra l’ingresso delle truppe alleate nelle nostre città e l’ingresso delle truppe americane e inglesi nelle città irachene, anch’esse accolte festosamente...».

Lui stesso avrà notato che nel caso della liberazione italiana ha scritto «truppe alleate». Infatti quelle truppe non erano solo espressione della alleanza fra i diversi Paesi (Stati Uniti e Inghilterra in testa) che hanno combattuto nel mondo il fascismo. Erano alleate dell’Italia antifascista, che ha combattuto sui due fronti della guerra partigiana e di quello dei soldati italiani che hanno risalito la penisola da alleati, con gli Alleati.

Come non vedere che si tratta di situazioni radicalmente diverse? Lo prova il fatto che soltanto la liberazione italiana è stata festa, una grande festa di popolo.

Infatti quel che è successo in Italia, non si è ripetuto in Germania, non poteva ripetersi: non c’erano i resistenti e i combattenti. C’è stata la vittoria contro, come dimostra il processo di Norimberga. Non la vittoria insieme, che è la celebrazione del 25 aprile italiano. Ma, scrive Viroli: «A quella liberazione i partigiani e i soldati che combatterono contro i tedeschi hanno dato un contributo di altissimo valore morale e politico. Ma le vittorie militari alleate furono decisive». Strana affermazione, specialmente per uno storico. Se la Storia è maestra, l’insegnamento dovrebbe essere: in caso di dittatura statevene rintanati in attesa del liberatore.

Mai rischiare da soli libertà, vita e galera, perché quello che conta è la potenza militare. Strana affermazione anche per l’ostacolo che crea alla definizione di «alleanza». Si ricava questa lezione: non allearti mai con qualcuno più potente di te. Magari avrai partecipato, ma è inutile che vai in giro a vantartene. La vittoria sarà sempre e soltanto la sua.

Sono imbarazzato nel dire a Viroli, che conosco e che stimo, ciò che mi è accaduto di dire varie volte, in molti dibattiti, ad antagonisti di cultura postfascista: il 25 aprile è la nostra vittoria italiana.

Noi, italiani liberi che si riconoscono in quella data e nella Costituzione, non abbiamo subito una invasione come i tedeschi e come - adesso - gli iracheni (che sono felici di essersi tolto il peso di Saddam Hussein ma ripetono ogni giorno di non aver nulla da spartire con i nuovi arrivati). Noi, italiani liberi, siamo gli autori della nostra liberazione pagata a prezzo immenso. E siamo autori della Costituzione che quel giorno celebriamo. E dunque autori di quel ripudio della guerra, incluso nella Costituzione, che consente (di nuovo mi rivolgo a Maurizio Viroli che ne dubita) di essere antifascisti e di opporsi, da antifascisti, all’orrore dei conflitti armati nell’epoca della potenza unica e immensa e delle grandi organizzazioni internazionali.

Viroli conclude così il suo scritto sul 25 aprile: «La Resistenza non fu il primo passo verso una rivoluzione sociale che non venne ne poteva venire, ma la rinascita della Patria».

Vorrei ricordargli che la Patria non è rinata come prima, non è una povera fotocopia del pre-fascismo. E’ rinata con una Costituzione fra le più aperte, innovative, libere e ricche di valore sociale (uguaglianza, diritti, protezione dei deboli) del mondo. Per questo chi detesta e nega la Resistenza, detesta e nega e cerca di vandalizzare la Costituzione. Per questo la definisce impunemente «sovietica».

E’ nel nesso fra Liberazione e Costituzione il senso del 25 aprile. C’è in quella festa il ritratto di chi vuole negarla.

Editoriale di Furio Colombo dall'Unità del 23 aprile 2003

da www.unita.it

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