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Fiat...La crisi continua di Anna Avitabile
1.11.2003

Fiat / Analisi controcorrente dei bilanci del Lingotto
La crisi continua di Anna Avitabile

Ancora del tutto insufficienti sono i segnali di svolta per considerare la Fiat fuori dalla crisi, anche se fortunatamente nei primi sei mesi di quest’anno si è registrato un certa riduzione della sua esposizione finanziaria. Questa la tesi prospettata nel secondo rapporto sul gruppo torinese realizzato dalla Banca della Solidarietà di Sergio Cusani e dalla società di certificazione Practice Audit, su commessa della Cgil e della Fiom nazionali. Una tesi controcorrente rispetto alla campagna mediatica in corso, tesa ad avvalorare l’idea di un gruppo in via di guarigione.

Il rapporto mostra che nel secondo semestre 2003 i parziali miglioramenti ottenuti dal gruppo sono da imputare, sul piano finanziario, alle dismissioni di patrimonio e, sul piano economico, a un più rigido controllo dei costi e del processo produttivo. Negativi invece appaiono i risultati sul piano dei ricavi, per i quali si registra un’ulteriore flessione.

In sostanza si sono vendute imprese del gruppo, si è ristretta la base produttiva, si è ridotta l’occupazione, si sono aumentati i ritmi di lavoro, ma tutto questo non ha migliorato le performance produttive. Al contrario Fiat Auto continua a perdere quote di mercato più degli altri operatori del settore mentre la sua esposizione finanziaria rimane su livelli allarmanti. Una circostanza, quest’ultima, che incrociata con l’attuale difficoltà a produrre reddito, rischia nel medio periodo di portare fuori controllo l’indebitamento dell’intero gruppo.

A tale proposito va tenuto conto che a fine 2003 Fiat dovrà cominciare a rimborsare le obbligazioni emesse, per un importo complessivo di 10,8 miliardi di euro. Inoltre il parziale risanamento è stato ottenuto tramite la vendita di quote di patrimonio, di cui alcune contabilizzate nel 2002, come il 34 per cento di Ferrari (per 714 milioni) e il 14 per cento di Italenergia (per 189 milioni), mentre altre da inscrivere nel bilancio 2003 come la cessione di Toro e di Fiat Avio. In ogni caso non sembra esserci altro spazio per operazioni analoghe nel corso del 2004, un anno nel quale il Lingotto non ha in programma l’uscita di nuovi modelli, destinati ad arrivare sul mercato solo a partire dal 2005. “Il mancato riequilibrio sul fronte dei ricavi – spiega Cusani – alla lunga è destinato a produrre un aggravamento della posizione Fiat facendo venir meno quegli elementi di positività sin qui rilevati. Preoccupa in tal caso la possibile reazione del gruppo che, nel tentativo di riequilibrare i conti, potrebbe accelerare l’espulsione di lavoratori e la chiusura di siti produttivi, a partire da Mirafiori, con effetti catastrofici dal punto di vista sociale”. Detto altrimenti, in mancanza di decisioni tese a mettere in atto con maggiore incisività il rilancio Fiat, le misure finora assunte dal gruppo potrebbero significare che si vuole semplicemente prendere tempo, che ci si avvia verso un lento traghettamento del gruppo verso General Motors, oppure che non si escludono ulteriori scelte, di tipo estremo, come lo spin off e lo spezzettamento degli asset da mettere separatamente in dismissione per fare cassa.

Questi alcuni dei dati che sostanziano il quadro appena tracciato.

Il risultato netto del primo semestre di quest’anno si chiude con una perdita di 737 milioni di euro, quello della gestione operativa ordinaria con meno 367 milioni, più contenuta rispetto al deficit di 426 milioni del periodo corrispondente nel 2002. L’indice di redditività del capitale investito (Roi) peggiora rispetto al primo semestre 2002, arrivando a meno 3 per cento, ma migliora nettamente rispetto all’intero 2002, anno in cui era sceso a meno 4,70.

Nell’insieme il fabbisogno finanziario (pari a 31.529 milioni) si è ridotto del 7,6 per cento rispetto a fine 2002 e dovrebbe ulteriormente migliorare a seguito dell’aumento di capitale concluso a luglio scorso, per 1.800 milioni, e dei proventi delle cessioni.

Si riducono nettamente gli investimenti, che in valore assoluto scendono a 771 milioni, contro i 1.157 del semestre di riferimento e i 2.771 dell’anno scorso. Un rallentamento, sostiene Practice Audit, che “è probabilmente da mettere in collegamento con il piano di dismissioni e di chiusure previste nel piano triennale 2003-2006”.

Il settore dell’auto mostra i segnali più allarmanti. Il suo risultato operativo rimane negativo (-568 milioni) e il gruppo continua a perdere quote di mercato.

Nei primi nove mesi di quest’anno Fiat scende in Italia al 27,96 per cento, rispetto al 30,94 detenuto nel 2002 (dati Anfia). La casa torinese perde più clienti di altri marchi, in un mercato che comunque si restringe: ancora in Italia, da gennaio a settembre 2003, le immatricolazioni complessive si riducono di 19.279 unità, quelle con marchio Fiat di 45.611 unità. Analoga perdita in Europa occidentale, dove il Lingotto detiene una quota del 3,56 contro il precedente 4,11 per cento. Per rispettare il piano industriale, che prevede una media del 30,2 per cento del mercato interno, il gruppo dovrebbe risalire al 33 per cento medio. Un obiettivo che appare irrealistico, mentre più probabile è che l’anno si chiuda con una perdita di fatturato di questo segmento dell’ordine dell’11 o del 12 per cento.

(Rassegna sindacale, n. 40, 30 ottobre - 4 novembre 2003)

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