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Battere il nuovo terrerismo di Sergio Segio
2.11.2003

Pubblichiamo due note di Sergio Segio sui temi del terrorismo.
"Le BR si muovono, oggi come allora, in una logica di partito che vuole prevaricare e imporsi nei confronti dei movimenti, tentando di arruolarne singoli militanti. Questi movimenti sono visti dalle BR come avversario politico. Di più: sono disprezzati e non conosciuti nella loro essenza sociale e politica. Esattamente com’è stato per il movimento del 77, considerato dai brigatisti ribellismo piccolo-borghese privo di progetto ma ampiamente utilizzato e parassitato come base di reclutamento. E ovviamente per reclutare bisogna frequentare. Per reclutarne singoli militanti bisogna puntare sulla sconfitta del movimento."
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Sul tema di come battere il terrorismo e le Brigate Rosse in particolare apriamo un discussione, convinti che non vi debba essere nessuna giustificazione alla teoria della lotta armata. La storia e le nostre lotte ci hanno affidato un sistema democartico, che seppur imperfetto,va difeso e migliorato con battaglie civili e non violente e con il grande consenso dei mivimenti di massa, a partire dai sindacti e dalla Cgil in particolare che in questi giorni si trova ad essere ingiustamente attaccata. La democrazia si difende con la democrazia.
Grazie dell'attenzione.
la redazione di welfare cremona news

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A proposito del comunicato del portavoce (a vita) dei Cobas, Piero Bernocchi
(vedi Ansa 29-OTT-03 16:35)

Nel suo livido comunicato Bernocchi dice solo una cosa giusta: che il brigatismo ha inferto danni catastrofici ai movimenti e ai lavoratori (e, aggiungerei, alla società tutta). Anch’io ho fatto la mia parte nel produrre questi danni, con l’organizzazione armata Prima Linea di cui ho fatto parte. È successo 25 anni fa. A differenza di quanto è avvenuto per le BR, nel 1983 abbiamo collettivamente e pubblicamente sciolto PL. Io e l’intera Prima Linea ci siamo assunti la responsabilità umana e politica dei danni prodotti. In carcere abbiamo promosso e prodotto un lungo processo di rivisitazione critica dell’esperienza armata. Nelle carceri speciali abbiamo politicamente combattuto sia il continuismo armato delle BR sia il cannibalismo dei pentiti. Ne abbiamo pagato lo scotto: con le campagne di falsificazione e calunnia, nonché di aggressione fisica da parte dei brigatisti, che riverberano sino a oggi, e con la concreta avversione dei magistrati dell’emergenza antiterrorismo, che cercavano di promuovere il pentitismo.
Abbiamo scontato lunghe pene. Io ho terminato la mia poche settimane fa. Nell’intervista a Repubblica che Bernocchi mi contesta, parlavo dei danni che oggi il brigatismo produce, sempre e ancora nei confronti dei movimenti, dei lavoratori e della società tutta. E dell’assenza di memoria e della pervicace miopia che lo rende possibile. E indicavo dunque la necessità di contrastare politicamente l’opzione delle armi e la proposta brigatista. Proposta che non è venuta meno, come sanguinosamente e tragicamente si è dimostrato in questi anni.
Contrastare politicamente vuol dire non chiudere tartufescamente gli occhi di fronte alla realtà e non abdicare all’intelligenza critica. Vuol dire anche e per primo non mistificare l’identità delle BR. Che non sono “comunisti su Marte” né esseri alieni, né tanto meno sono fascisti, come qualcuno vorrebbe, oggi come ieri, per allontanare da sé il sospetto di contiguità e il problema che le BR pongono. Anzi impongono al movimento. Ovverossia la strategia della lotta armata come “linea giusta”. Le BR si muovono, oggi come allora, in una logica di partito che vuole prevaricare e imporsi nei confronti dei movimenti, tentando di arruolarne singoli militanti. Questi movimenti sono visti dalle BR come avversario politico. Di più: sono disprezzati e non conosciuti nella loro essenza sociale e politica. Esattamente com’è stato per il movimento del 77, considerato dai brigatisti ribellismo piccolo-borghese privo di progetto ma ampiamente utilizzato e parassitato come base di reclutamento. E ovviamente per reclutare bisogna frequentare. Per reclutarne singoli militanti bisogna puntare sulla sconfitta del movimento.
Che le BR appartengano all’album di famiglia della sinistra lo scrisse tanti anni fa Rossana Rossanda, riscuotendo da parte di molti pezzi ed esponenti della sinistra di allora sdegno e invettive. Vedo che oggi, nel mio piccolo, succede esattamente lo stesso, e che dunque il nervo è sempre scoperto e l’ipocrisia sempre imperante.
Per contrastare le BR occorre riconoscere la loro identità, che è quella di militanti comunisti. Che una volta spesso avevano in tasca una tessera del PCI o del sindacato e che oggi, fatte le debite proporzioni di numeri e di contesti, hanno quella del sindacalismo di base e della FIOM, come nel caso di 3 su 6 degli ultimi arrestati. Naturalmente, le accuse sono tutte da dimostrare e riscontrare giudiziariamente. Però, Roberto Morandi, che si è già dichiarato militante delle BR-PCC, era aderente ai Cobas (cfr. il Manifesto 25 ottobre).
Questo è un fatto. Un fatto che non significa nulla di più e di diverso di quello che ho dichiarato: le biografie dei militanti BR non sono esterne ai percorsi e alle lotte del movimento e del sindacalismo. Non significa certo che i Cobas siano compiacenti o contigui alle BR. Sarebbe una enorme stupidaggine, che non ho mai detto né pensato. Così come è un fatto che Galesi e altri gravitavano e militavano in un centro sociale romano e nelle lotte per la casa e contro il precariato. Il che mi pare meritorio, se però non è strumentale all’arruolamento nelle organizzazioni armate. Il che non significa che i centri sociali siano compiacenti o contigui con le BR: sarebbe un'altra stupidaggine che non ho mai detto né pensato. Ho detto, e lo ripeto, e lo dimostrano questi fatti citati, che le BR sono interne ai luoghi e al dibattito del movimento.
Proprio per evitare equivoci generalizzanti e appigli criminalizzanti, ho utilizzato un termine che non mi piace, parlando di infiltrazione nel sindacalismo di base.
Io, invece - posso rassicurare Bernocchi, che incautamente e falsamente lo scrive - non mi sono mai infiltrato da nessuna parte. Prima della lotta armata, ho militato nei movimenti studenteschi e in Lotta Continua. A viso aperto, senza nascondermi dietro alle parole né alle persone. Esattamente come ho fatto ora con l’intervista a Repubblica.
Ai fatti Bernocchi reagisce con l’insulto. Questo fa parte del suo stile. Ma i fatti non per questo mutano e non per questo viene meno l’esigenza per il movimento di fare una battaglia politica e culturale al proprio interno per togliere spazio all’opzione armata, la quale – essa sì, non certo le mie parole – è pretesto per la criminalizzazione e per le campagne di Libero.
Negare questi fatti significa non contrastare politicamente l’opzione brigatista, come Bernocchi assume di fare dagli anni 70.
Quella battaglia, che però non è solo contro le BR ma, più radicalmente, contro la cultura e la pratica della violenza politica che della proposta BR costituisce la legittimazione teorica e politica (e su questo non si può continuare a fare gli ipocriti), mi pare invece e appunto necessaria per sgravare il conflitto sociale e i movimenti, le giuste lotte per la casa e quelle contro il lavoro interinale, proprio dalle ansie criminalizzatrici, così come dal parassitismo arruolatore. Certo, qualcuno ben più interno di me ai movimenti dovrebbe assumersi il coraggio e la lungimiranza di farla. Ma farla per davvero.
Per ultimo, viene da sorridere all’accusa di ultra-protagonismo che mi rivolge Bernocchi: detto da un portavoce a vita somiglia proprio alla favola del bue che dice cornuto all’asino.

Sergio Segio 29 ottobre 2003
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Lettera aperta
Di nuovo a proposito di BR e movimenti

Due parole e precisazioni sulle polemiche che hanno seguito la mia intervista a Repubblica del 29 ottobre. Parole per parte mia conclusive, data l’evidente non volontà di discutere e la campagna di aggressioni e insulti di cui sono stato fatto oggetto da parte di rappresentanti di alcuni spezzoni del movimento.

Per fortuna, il movimento è qualcosa di più di un insieme di sigle. Il movimento è molto più ricco, generazionalmente e culturalmente, di quel ceto politico, composto spesso da molti piccoli don Abbondio, che pretende di rappresentarlo in maniera esaustiva e “proprietaria”.

Per la verità, ieri e oggi ho ricevuto pure molte telefonate private di consenso e solidarietà, anche da parte di esponenti politici e sindacali.

L’unica (che a me risulti) dichiarazione a sostegno pubblica è stata quella del senatore dei Verdi Fiorello Cortiana, che ringrazio altrettanto pubblicamente. Forse appunto perché unica, non se ne trova traccia sui giornali di oggi, invece omogenei nel riferire gli attacchi violenti che mi sono stati rivolti ieri, ma anche, quasi tutti, nell’omettere le mie repliche (compreso il quotidiano Repubblica, che, secondo Liberazione di oggi, sarebbe addirittura artefice di una «campagna di stampa»).

In tutte le telefonate che ho ricevuto, nessuna esclusa, ricorreva l’aggettivo “coraggioso”. E francamente non capisco perché per esprimere valutazioni politiche, giuste o sbagliate che siano considerate, occorra essere coraggiosi. O, meglio, forse non volevo capirlo ieri ma devo farlo ora, dopo la violenza degli insulti ricevuti e il conformismo delle repliche.

Evidentemente ho detto delle piccole e addirittura ovvie verità che molti pensano e quasi nessuno dice. E che, come tutte le verità, possono fare molto male, ma anche molto bene se, di fronte a esse, non si chiudono gli occhi e la testa.

Vediamole in sintesi.

Ho detto, e ribadisco, che le BR sono dentro e contro il movimento.

1) Che siano dentro lo testimoniano le biografie degli arrestati, interne a sedi e percorsi di lotta del movimento. È una presenza, come ho detto, ultra-minoritaria e isolata, ma è una presenza. Per alcuni di loro vale la presunzione di innocenza, che ovviamente rispetto e affermo. Altri si sono invece rivendicati quali appartenenti alle BR-PCC.

Credo che quelle biografie non possano essere negate, essendo un fatto e non un opinione. Ciò ovviamente non significa, né io mi sono mai sognato di dire o di pensare, che se Morandi era aderente ai Cobas o Galesi e Boccaccini interni a un centro sociale questo significhi che Cobas o centri sociali siano compiacenti o contigui alle BR. In passato, alcuni brigatisti avevano la tessera della CISL o provenivano dalla FGCI ma nessuno si è mai azzardato a dire che CISL o FGCI fossero compiacenti con BR. Proprio per evitare equivoci generalizzanti e appigli criminalizzanti, ho utilizzato un termine che non mi piace, parlando di infiltrazione. Peraltro, che quelli del movimento e del mondo del lavoro siano gli ambiti dei tentativi di reclutamento brigatista è una ovvietà certo non nuova, come rimarca Bruno Trentin in un’intervista a Repubblica di oggi.

Però negare quelle biografie significa fare un torto all’identità politica dei brigatisti e contemporaneamente rinunciare a contrastarli politicamente. Le BR non sono “comunisti su Marte” né esseri alieni, né tanto meno sono fascisti, come qualcuno vorrebbe, oggi come ieri. Le BR si muovono, oggi come allora, in una logica di partito che vuole prevaricare e imporsi nei confronti dei movimenti, tentando di arruolarne singoli militanti. Ieri e oggi le BR sono il partito della crisi del movimento, che viene dunque favorita e auspicata per parassitarne gli attivisti.

Le BR, insomma, per quanto allucinate nell’analisi e criminali nella pratica, sono quello che dicono di essere. Riconoscerlo e dirlo è stato un tabù 25 anni fa (solo temporaneamente e meritoriamente infranto da Rossana Rossanda) e, incredibilmente, continua a esserlo oggi.



2) Che le BR siano contro il movimento, i sindacati, le forze politiche della sinistra mi sembra altrettanto evidente, negli effetti e negli intenti. Perché lo sono nella loro pratica e analisi politica, e perché vengono strumentalmente utilizzate per colpire sindacati e sinistra e per criminalizzare l’intero movimento. Anche questo lo si è visto in talune dichiarazioni di ieri e in alcuni articoli di oggi.

E, anche questo, non è un fatto nuovo. Negli anni Settanta, lo scontro più acceso è stato tra la parte armata ed eversiva del movimento e il sindacato, in particolare la CGIL, e il PCI.

La differenza – decisamente rilevante – è che allora l’opzione armata era maggioritaria nel movimento. Oggi, per fortuna, è isolata e infima numericamente. Pure, è presente. E non vederlo e non dirlo serve solo a renderla meno isolata, a facilitarne i propositi di reclutamento.

Non dirlo, da sinistra, per timore di strumentalizzazioni è miope. Perché così facendo si lascia campo aperto alla destra, che oggi tende e talvolta concretamente tenta di criminalizzare il conflitto sociale e sindacale in quanto tale. Il quale, viceversa, è antidoto e barriera nei confronti del terrorismo, così come lo sono i movimenti e le lotte di massa e di piazza. Se si criminalizza il conflitto sociale, se si indeboliscono i movimenti, se si perseguono o equiparano le azioni di semplice disobbedienza e le pratiche radicali ad atti di terrorismo, si rafforza l’opzione armata e si fa un favore alle BR.

· In definitiva, non è politicamente produttivo e intellettualmente onesto dire che le BR sono contro il movimento se non si ammette che sono anche dentro, pur, ripeto, in modo isolato e in numeri risibili. Una mezza verità è, e diventa, anche una mezza bugia. Questa mezza bugia la stanno recitando in troppi. Molti, in malafede.

3) A parte le volgarità e gli insulti, mi è stato rimproverato (da “disobbedienti”, dal portavoce a vita dei Cobas Bernocchi e dal Sin.Cobas) di leggere la realtà e il movimento di oggi con occhi vecchi, di essere rimasto fermo al passato. Questa argomentazione non capisce o finge di non capire che non io ma ben appunto le BR, le loro logiche politico-organizzative e le loro modalità operative, sono rimaste le stesse. E con questo bisogna fare i conti, anche se annoia, me per primo. Cioè tocca affrontare una battaglia politica contro quanto di vecchio e polveroso, pur isolato, resiste e vorrebbe rigenerarsi dentro i luoghi e il dibattito dei movimenti e magari anche dentro le componenti organizzate da loro stessi rappresentate.

L’alternativa, comoda ma autolesionistica, è quella di mettere la testa sotto la sabbia. Ed è quanto le figure più note e rappresentative dei disobbedienti e dei Cobas stanno facendo, preferendo la scorciatoia dell’insulto e dell’anatema. Mi spiace per loro e per le aree che rappresentano.

4) Un’altra stupidaggine che è toccato leggere è che le mie dichiarazioni odierne contro le BR farebbero parte di mie antiche polemiche con quell’organizzazione, la cui identità di sinistra, peraltro, mi tocca ora paradossalmente affermare e “difendere”.

È ovvio a chiunque non sia in malafede che la mia posizione e proposta di dibattito politico e culturale è contro la logica e l’opzione delle armi dentro il conflitto sociale. Siccome oggi, e per fortuna a differenza del passato, solo le BR portano avanti la lotta armata e l’omicidio politico, evidentemente il mio attacco è nei loro confronti.

Per la verità, la mia posizione è ancor più netta. Io credo che vada rifiutata e combattuta la stessa logica e pratica della violenza politica, che sia contro le persone o anche solo contro le cose, perché essa comunque è e diviene legittimazione delle stesse BR e piano inclinato che porta legittimità e può portare militanti alla strategia della lotta armata. Altrettanto decisa è la mia adesione ai contenuti radicali, alle culture di alternativa, alle proposte di un rinnovamento della politica che un movimento mondiale ha portato avanti da Seattle in poi, seppur con molte contraddizioni, errori e limiti.

È ben vero, per fortuna, che parte significativa dei nuovi movimenti ha una cultura e una pratica nonviolenta. È altrettanto vero che tale cultura non riguarda e non è acquisita da tutte le sue componenti.

Sergio Segio 30 ottobre 2003

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