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Il cardinale, Milano, la Borsa: la finanza e l'etica
26.11.2003

Il cardinale, Milano, la Borsa - La finanza e l'etica

Nella grande enciclica Rerum Novarum (15 maggio 1891) del grandissimo Papa Leone XIII, vi è un piccolo passaggio, oggetto di scarsa attenzione da parte dei commentatori. E’ il punto in cui il pontefice afferma la necessità di un approccio morale nella gestione economica perché i «vizi non solo consumano le piccole, ma le grandi sostanze, e mandano in rovina i più lauti patrimoni». Trattando di temi economico-sociali, Leone XIII non radica il suo appello in una prospettiva solo teologico-morale, ma la colloca nella prospettiva del corretto funzionamento di una buona società. Quante volte, scrutando nella vita di grandi patrimoni e delle imprese abbiamo potuto verificare, empiricamente, quanta verità sia racchiusa in queste parole? E non si collega tutto ciò, sia pure in un ambito più ampio, a quello che dice il teologo economista americano Novack quando sottolinea che, per bene funzionare, la logica della democrazia e la logica del mercato richiedono anche una forte base etica? In quelle poche parole della Rerum Novarum poteva radicarsi un grande spunto per elaborare una forte dottrina dell’economia responsabile. Purtroppo ciò non è avvenuto e questo importante spunto di Leone XIII non ha avuto grande seguito. Così come non ha avuto seguito ed approfondimento quell’altro passaggio fondamentale della Rerum Novarum, dove si sottolinea che i lavoratori sono al contempo risparmiatori e che dunque il risparmio va difeso e tutelato («Da ultimo è dovere dei ricchi di non danneggiare i piccoli risparmi dell’operaio né con violenza, né con frode, né con misure manifeste e palliate»).

La Chiesa ha preferito ritrarsi sui grandi disegni e sui grandi principi, evitando di confrontarsi con la realtà volgare della vita economico-finanziaria, come aveva fatto, invece, con lucido empirismo, Leone XIII. Perciò non può che suscitare plauso e speranza vedere che la Chiesa milanese, con il suo cardinale, Dionigi Tettamanzi, entra sul campo difficile del confronto con i fatti del mondo economico-finanziari.

Per chi pensa (come io penso) che non esista atto della vita in cui non si ponga un problema morale, essendo la morale null’altro che il rapporto che uno ha verso la vita nelle sue manifestazioni singole e nell’insieme, è più che legittimo, doveroso, auspicabile e anzi necessario che «ratione peccati» la Chiesa porti su ogni vicenda umana la sua parola, la sua stimolazione, la sua sfida. Ma dalle macerie dell’economia dell’affarismo, la Dottrina sociale della Chiesa emerge come una visione di grande attualità ed importanza, non solo «ratione peccati», ma anche in relazione al buon funzionamento dell’economia.

Il discorso si fa lungo e complesso. Ma il punto fondamentale è che a questi temi ci si accosti non con ritualità e con falsità, tanto per far contento e ingraziarsi il prelato di turno, ma per testimoniare, con la concretezza dei comportamenti, la necessità di ricostruire un’economia e una società meno orrenda e truffaldina di quella che abbiamo costruito. Tutti, grandi e piccoli, famosi e sconosciuti, hanno la possibilità e il dovere di dare il proprio contributo, di portare il proprio granello di sabbia, per iniziare la ricostruzione della città di Ambrogio. Ovunque, intorno a noi, vi sono macerie e anche se ci sembra di non vederle, esse non sono meno laceranti di quelle dell’agosto 1943.

di Marco Vitale

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