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Ultime sulla base della Maddalena
2.12.2003

Ultime sulla base della maddalena
A La Maddalena diventa sempre più acceso il dibattito sulla presenza della
base Usa
L'assessore boccia i marinai girotondini:«Corteo strumentale»
«Abbiamo scoperto con soddisfazione che i maddalenini non sono
apatici: quasi cento barche lo dimostrano»
La Maddalena «Pur rispettando le motivazioni di fondo che hanno
portato alla manifestazione di domenica, che condivido in pieno, non saprei
quanto sia stata strumentale a certe forze politiche e cosa ci sia dietro».
A parlare è l'assessore alle problematiche militari Giacomo Grondona. Dunque
motivazioni precise avrebbero spinto oltre settanta imbarcazioni a
manifestare davanti alla nave americana il malumore nato da una presenza non
gradita e potenzialmente pericolosa per la popolazione isolana e tutta la
Gallura.
L'assessore sostiene che le motivazioni addotte non siano del tutto
condivise, visto che «è stata sentita da pochi, poca spontaneità a livello
di popolo, molto meno, credo, di quanto si aspettavano alcune forze
politiche locali e regionali». Per Grondona il filo del discorso ritorna
alle trattative: «Aspetto di incontrare il governo per avere assicurazioni
altro che proteste di popolo, e poi le opposizioni perché non si sono
adoperate quando ne avevano opportunità. O forse aspettavano che accadessero
certi fatti per muoversi?». Il discorso è chiaro: vigilanza sì, ma senza
eccessi, per arrivare ad un rapporto giusto e sicuro con la presenza
americana sul territorio.
Tutt'altro genere di commento da parte di uno degli organizzatori,
Fabio Canu, che sottolinea «con soddisfazione la scoperta che in fondo i
maddalenini non sono così apatici. Avevamo puntato sulla partecipazione, e
quasi cento barche testimoniano che c'è stata, anche da parte delle
popolazioni frontaliere». Dunque qualcosa si è mosso: «Ciò ci conforta nel
prospettare altre iniziative con tranquillità e serenità. Sì credo che la
manifestazione di domenica scorsa sia stata un ottimo punto di partenza».
Per Gian Luca Lioni, segretario locale de 'La Margherita' «Si sta
manifestando una consapevolezza nuova che non c'era mai stata, sintomo di
una mentalità che sta cambiando, e mi auguro che questo sforzo non rimanga
fine a se stesso». Lo stesso segretario, però, nell'auspicare che «questa
nuova consapevolezza sia la molla per gestire un rapporto nuovo con il
nostro governo sul tema della salute pubblica, ma anche, non
secondariamente, sul tema dei rapporti di lavoro ed occupazionali», lamenta
la non partecipazione dell'amministrazione: «Mi rammarico di non aver visto
in testa a tutti il sindaco, perché questa è una faccenda che riguarda
tutti, amministrazione in prima linea». Antonio Satta, presidente del
consiglio comunale sottolinea il senso pacifico della manifestazione e
tuttavia specifica che «era una manifestazione delle opposizioni, cui noi
non potevano partecipare perché noi non cavalchiamo la protesta: cerchiamo
un rapporto di sicurezza e di parità, una umanizzazione delle strutture come
già detto. Sappiamo bene che non ci saranno ampliamenti. Tutto ciò che
dobbiamo fare è lavorare perché ci sia trasparenza nei rapporti con gli
americani e sicurezza assoluta per tutta la popolazione, dell'isola in primo
luogo, e di tutte quelle vicine a noi».
Ma il dibattito sui rischi della presenza militare americana non si
ferma. Mai in trent'anni se ne era parlato tanto. Sull'altro fronte
politico, questa mattina, il sindaco Rosanna Giudice terrà una conferenza
stampa per parlare dei piani di evacuazione.
Francesco Nardini
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La Maddalena/truffa

La Maddalena/truffa" è la lettera inviata a tutti i parlamentari sardi,
Presidente della giunta, partiti, sindacati, movimenti e riproposta ai
maddalenini e ai parlamentari presenti il 21 e 24 novembre. Il secondo è un
testo è stato consegnato ai maddalenini, ai giornalisti e alle persone che
trovi indicate nella lettera.
21-ottobre 2003
Base Atomica Usa di Santo Stefano-La Maddalena: l'ultima truffa
Governo italiano e compiacenti Stati Maggiori stanno tentando d'imporci la
decisione presa dagli Usa di rafforzare e consolidare la base atomica di
Santo Stefano-La Maddalena. Il metodo usato è il ricorso massiccio a nuovi e
vecchi raggiri che contraddistinguono i trent'anni dell'installazione
militare straniera.
Per evitare l'emergere dell'inconfessabile rapporto di pesante vassallaggio
dell'Italia e il groviglio di tabù, menzogne e illegalità che dal lontano
1972 avviluppa le vicende della Base atomica statunitense, ancora una volta,
si è espropriato il Parlamento del diritto/dovere di discutere pubblicamente
e decidere in piena trasparenza su un tema di vasta rilevanza politica: la
permanenza e il futuro di una aggressiva Base militare straniera sottratta a
qualsiasi controllo dell'Italia, il ruolo strategico-militare della
portaerei-Italia-Sardegna nel nuovo scenario internazionale di Guerra
Infinita.
Con l'escamotage di spacciare come "progetto migliorie" la COSTRUZIONE EX
NOVO DI UNA NUOVA BASE USA si è tentato, maldestramente, di mascherare come
banale questione tecnico-amministrativa una decisione eminentemente politica
che ipoteca la nostra terra e le nostre vite, di relegarla a questione
locale che a stento travalica l'ambito comunale, di ridurla a mero computo
di volumetrie da discutere nell'ambito ristretto di commissioni e comitati
il cui parere è pressoché irrilevante per quanti hanno già deciso, una mera
formalità per salvare una parvenza di look democratico e nascondersi dietro
il penoso paravento dell'ATTO DOVUTO "sentiti i pareri favorevoli."
Infatti, il truffaldino progetto made in Usa presenta come "migliorie" la
cementificazione di Santo Stefano, la costruzione di un nuovo, vasto,
imponente ( e brutto) complesso edilizio in muratura in sostituzione dei
containers e dei prefabbricati amovibili sorti ABUSIVAMENTE nel corso di
trent'anni nella Base ABUSIVA a terra della US Navy. La normativa
urbanistica che non riconosce alla baraccopoli ABUSIVA la condizione di
"volumetrie preesistenti" è totalmente stravolta: scandalosamente si
presenta la NUOVA BASE come un irrisorio aumento del 25% delle cubature.
L'obiettivo ufficialmente sbandierato di offrire "più adeguate condizioni
abitative e lavorative" ai marines è usato alla stregua del classico
specchietto per allodole: permette di lasciare in ombra il potenziamento
delle capacità operative d'intervento, di attacco e di esercizio della
deterrenza nucleare. Si pretende di dare ad intendere che le funzioni e le
attività della Base Usa rimangano invariate, si tenta di dirottare l'
attenzione pubblica sui servizi ricreativi del costruendo "Centro Benessere"
facendo balenare i soliti "tanti posti di lavoro, tanti vantaggi" oggetto di
eterne promesse.

L'esigenza di celare la subordinazione dell'Italia ai diktat del potente
alleato-padrone, mantenere inalterata la farsa da propinare all'opinione
pubblica di "alleanza alla pari", la menzogna di innocuo e irrilevante
"punto d'approdo concesso alla US Navy" e, allo stesso tempo, "salvare la
faccia" ha innescato maldestri tentativi di scarico delle responsabilità.
Stati Maggiori e ministro della Difesa hanno giocato la carta del ricorso a
"prestanome" che si sostituissero a chi aveva già deciso e a chi aveva già
accettato l'inaccettabile.
Dall'iter del progetto si evince con chiarezza che gli Usa hanno
autocertificato unilateralmente che la cementificazione programmata è "opera
correlata alla Difesa nazionale" e unilateralmente hanno deciso di
utilizzare le deroghe previste; Forze Armate e Difesa hanno prontamente
avallato e hanno finto di chiamare vari organismi a "decidere" su decisioni
già state prese. L'Ente Parco e la Sovrintendenza ai Beni Architettonici e
Paesaggistici di Sassari sono subito scattati "sull'attenti"e hanno dato l'
okey allo scempio edilizio finalizzato al rafforzamento della minacciosa
Base atomica statunitense al centro del Parco Nazionale, primo parco
eco-nucleare del pianeta terra. Il CoMiPa, interpretando i sentimenti e la
volontà della stragrande maggioranza del popolo sardo, ha risposto con un
sonoro "signornò"e ha rispedito al mittente il "dono" avvelenato.
Il ministro alla Difesa, costretto a venire allo scoperto, non demorde e
gioca la logora carta dell' "ATTO DOVUTO" in base a accordi internazionali,
ovviamente, coperti dal SEGRETO, utile coperchio buono per tappare ogni
pentola, eludere spiegazioni, cucire bocche e scaricare responsabilità. Del
tutto incurante del deciso e motivato rifiuto espresso per due volte dai
rappresentanti della Regione sarda, dimentico della non conformità di
accordi segreti alla costituzione italiana, dimentico della palese non
conformità della presenza e delle attività della base atomica Usa alle norme
emanate dall'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (AIEA) e
sottoscritte da Italia e Usa, il ministro decreta: " I lavori sono urgenti,
indispensabili e indifferibili, in particolare per gli aspetti riguardanti
la sicurezza del personale della base e sono conformi agli accordi
internazionali sottoscritti dall'Italia".
Ovviamente per il ministro italiano in carica, come per tutti i suoi
predecessori, la sicurezza va garantita esclusivamente agli statunitensi.
"La sicurezza del personale", invocata dagli Usa e ripresa dal ministro
Martino per "giustificare" la NUOVA BASE a terra è un diversivo per
distogliere l'attenzione, non solo dal minaccioso rafforzamento delle
capacità operative della Base nucleare Usa, ma anche dalle funzioni del
"magazzino generale" e del "magazzino di stoccaggio per materiali speciali
e/o soggetti a discarica controllata" che prevede una crescita a dismisura
(aumento di 10 volte la l'attuale cubatura ABUSIVA).
Alle troppe parole spese sul "Centro Benessere" fa riscontro un'allarmante
reticenza sul tipo di materiali e rifiuti che si prevedere stoccare e
decuplicare. Non è stata fornita alcuna informazione sull'inquietante foto
allegata al progetto che mostra il simbolo del nucleare.
Non c'è traccia né di progetto né di volontà politica per porre fine all'
illegalità imperante e tenere in conto la sicurezza della popolazione
esposta al rischio nucleare senza il Piano di prevenzione, emergenza,
evacuazione obbligatorio per legge, "tutelata" da un sistema di monitoraggio
dell'aria giudicato inefficiente e inattendibile, non solo dagli addetti ai
lavori, ma persino da alcuni ex ministri alla Difesa e alla Salute.
La situazione della Maddalena dimostra, e la situazione del poligono della
morte Salto di Quirra conferma, che per i vari Governi italiani le esigenze
civili, i diritti fondamentali della popolazione alla sicurezza, alla salute
e alla vita continuano a ad avere valore zero.
Il popolo sardo ha messo fuorilegge il nucleare civile, ha detto NO, SENZA
SE E SENZA MA, alle ipotesi di potenziamento della Base atomica Usa, NO ad
una Sardegna-poligono- caserma-strumento di guerra. Ha detto NO ai progetti
Jean-Berlusconi di stoccare in Sardegna le scorie radioattive dell'Italia, a
maggior ragione e con maggiore determinazione dice NO alla fabbrica
statunitense di scorie nucleari in terra sarda finalizzata all'esportazione
permanente della guerra.

ESIGIAMO Conoscere :
1 il contenuto degli "accordi internazionali" cui fa riferimento il ministro
Martino; quando e chi li ha stipulati.
2 le motivazioni del parere favorevole alla cementificazione di Santo
Stefano espresso dall'arch. Stefano Gizzi della Sovrintendenza di Sassari e
dal presidente dell'Ente Parco;
3 dove e come, dal 1972 ad oggi, la US Navy ha stoccato e smaltito le scorie
radioattive, normale prodotto dell'attività dei sottomarini a propulsione
nucleare di stanza a Santo Stefano;
4 il Piano di prevenzione e di emergenza nucleare predisposto dalla
Prefettura ai sensi del dl.230/1995 e illegalmente tenuto segreto
ESIGIAMO l'accertamento delle eventuali responsabilità in ordine alla:
- violazione palese della Base Usa alla normativa AIEA,
- violazione del disposto del dl 230/1995 in tema di predisposizione da
parte della Prefettura di piani civili di prevenzione e di emergenza in
situazioni a rischio
- grave inaffidabilità del sistema di monitoraggio ambientale
- assenza di un'indagine epidemiologica e di accertamenti sanitari
INVITIAMO
la Regione Autonoma della Sardegna a sostenere con forza
- l'opposizione del popolo sardo contro l'ulteriore militarizzazione dell'
Isola e la permanenza di una Base atomica
straniera, fabbrica in loco di scorie nucleari
- le sue prerogative e gli impegni già assunti per una significativa
riduzione dei gravami militari che opprimono l'Isola in misura iniqua, sia
livello quantitativo (24.000 ettari di demanio militare a fronte dei 16.000
dell'intera penisola), sia dal punto di vista qualitativo (abnorme intensità
di utilizzo, esercitazioni a fuoco vivo, sperimentazioni);
i parlamentari sardi a
- difendere il diritto del popolo sardo di vivere in sicurezza e decidere
sul suo futuro, sulla sua terra e sul suo mare dando voce alle sue
rivendicazioni
- non consentire che la Sardegna sia usata ancora una volta come merce di
scambio per pagare il prezzo richiesto da insaziabili alleati-padroni
- esigere l'equiparazione della Sardegna alle altre Regioni in termini di
gravami militari;
tutti i parlamentari a
- riappropriarsi del potere/dovere di decidere sul tema eminentemente
politico del ruolo strategico-militare dell'Italia che il potenziamento
della Base nucleare Usa a La Maddalena pone con urgenza
- non consentire che una Potenza straniera si sostituisca alle istituzioni
della Repubblica nell'iter decisionale;
- contrastare l'ennesimo atto di abdicazione di sovranità da parte del
Governo italiano
- dare applicazione alla volontà popolare, espressa con un referendum, per
la messa al bando del nucleare dall'Italia.
Comitato sardo Gettiamo le Basi
Tel 3386132753 070823498

---------
La Maddalena, 21 Novembre 2003
Al Signor Sindaco della Maddalena
Ai Consiglieri Comunali della Maddalena
Al Presidente della Regione
Ai Consiglieri Regionali
Ai Parlamentari
Ci rivolgiamo a tutti Voi, affinché una vostra opinione, una vostra
iniziativa, un vostro impegno contribuisca a mettere fine ad una situazione
non più tollerabile: il diritto alla sicurezza, alla salute, alla vita dei
cittadini negato dalla presenza di una Base militare atomica di uno Stato
straniero che agisce unilateralmente, fuori di qualsiasi controllo della
Nato e dell'Italia.
Riteniamo improcrastinabile l'impegno dei vari livelli di governo sul
controllo, sia dell'impatto ambientale e sanitario delle unità navali
nucleari che transitano e sostano nell'Arcipelago, sia sulle conseguenze di
un eventuale incidente, tanto più in una situazione economica, ambientale e
sociale come quella di La Maddalena che, contro la sua naturale vocazione,
come d'altronde tutta la Sardegna, è stata costretta a mettere a
disposizione delle Marine di Guerra il suo territorio, il suo mare e il suo
cielo subordinando lo sviluppo economico agli interessi militari.
Non intendiamo aprire il discorso - non è questa la sede adatta - sul costo
iniquo imposto alla Sardegna in nome delle "esigenze della difesa": 24.000
ettari di demanio militare a fronte dei 16.000 del restante territorio della
penisola, aree a mare interdette per una superficie che supera quella
dell'intera Isola.
Non intendiamo neanche porre l'interrogativo, sul quale occorrerebbe
tuttavia riflettere: perché l'Italia, che ha abolito il nucleare, "ospita"
materiale nucleare e unità navali nucleari di potenze alleate ma straniere
nell'indifferenza dei poteri e delle autorità istituzionali? In altra sede,
prima o dopo, qualcuno dovrà rispondere.
Lasciamo ai margini il nodo di tutta la "Questione La Maddalena": le
esigenze civili pesantemente subordinate alle esigenze della Difesa
Nazionale e, soprattutto, alle esigenze di "proiezione della potenza e dell'
influenza americana oltre l'Atlantico" (Rapporto del Dipartimento della
Difesa degli Stati Uniti al Congresso 1998).
Lasciamo anche al margine l'interrogativo di fondo se sia equo che lo Stato
italiano (noi contribuenti!) debba sostenere gli altissimi costi che
comporta un Piano affidabile per far fronte al rischio rappresentato dalle
unità militari di una Potenza straniera, In caso d'incidente chi paga i
danni? Sempre l'Italia come per la tragedia del Cermis?
In questa sede intendiamo focalizzare l'attenzione sul piano di prevenzione
e di emergenza nucleare che la normativa in vigore impone al Prefetto di
predisporre e divulgare.
Il decreto legislativo 17 marzo 1995 n.230 " Attuazione alle direttive
Euratom in materia di radiazioni ionizzanti" impone che le popolazioni siano
accuratamente informate delle situazioni di rischio cui sono esposte "senza
che le stesse ne debbano fare richiesta". Le informazioni devono essere
accessibili al pubblico, sia in condizioni normali, sia in fase di
preallarme o di emergenza radiologica" (art.129). L'art.130 recita: "La
popolazione che rischia di essere interessata dall'emergenza radiologica
viene informata e regolarmente aggiornata sulle misure di protezione
sanitaria ad essa applicabili nei vari casi di emergenza prevedibili, nonché
sul comportamento da adottare in caso di emergenza radiologica. (..)
Informazioni dettagliate sono rivolte a particolari gruppi di popolazione in
relazione alla loro attività, funzione e responsabilità nei riguardi della
collettività nonché al ruolo che eventualmente debbano assumere in caso di
emergenza".
Finora la normativa è stata lettera morta, scandalosamente violata dai vari
Governi italiani, scandalosamente ignorata dagli schieramenti di
opposizione. Sappiamo bene che non è impresa di poco conto fare in modo che
le varie Autorità ottemperino alle leggi e che le istituzioni locali, dal
Comune alla Regione, riprendano nelle loro mani i poteri, troppo a lungo
calpestati, di controllo del territorio e riacquistino la capacità di
assolvere il dovere istituzionale di tutela della salute e incolumità dei
cittadini
Ciò che oggi conta maggiormente è che la popolazione tutta possa essere
messa in condizioni di conoscere l'entità del rischio, i modi e i
comportamenti per affrontarlo e, seppure con vergognoso ritardo, sia
attivato un sistema efficiente e affidabile di monitoraggio ambientale e san
itario.
Pensiamo che i Comuni, assieme all'Autorità Prefettizia, alla Provincia,
alla Regione - ognuno per le proprie competenze - debbano farsi carico della
questione in modo che la comunità possa disporre di un sistema di
monitoraggio affidabile e di un valido "Piano di prevenzione e di
emergenza".
Pensiamo che tale piano, predisposto e coordinato dalla Prefettura, debba
trovare gli strumenti attuativi nella costituzione di un "Polo per la
protezione civile" sul mare e sulla terra.
Se un incidente di qualsiasi livello dovesse accadere, le strutture
esistenti sono in grado di far fronte ad una situazione di allarme? Se la
popolazione non né informata né addestrata a praticare le procedure idonee a
ridurre i rischi, quale efficacia può mai avere un Piano di prevenzione?
E' indispensabile porre le domande e ottenere risposte convincenti visto che
conosciamo tutto ..o quasi del piano predisposto dalla Marina Militare per
la base di La Spezia, un poco del piano civile elaborato dalla prefettura di
Taranto, nulla dei piani militari e civili che dovrebbero essere stati
approntati per La Maddalena e per Cagliari.
Per non rimanere nel generico, proponiamo un documento che trae lo spunto
dagli studi del movimento di La Spezia e dalle esperienze maturate nella
predisposizione dei Piani di protezione civile nei siti interessati dalle
centrali nucleari dimesse.
Sappiamo bene che le proposte che avanziamo non sono esaustive e che il tema
dovrebbe essere maggiormente approfondito. Quello che ci preme è porre in
evidenza situazioni la cui eventualità deve essere tenuta in conto e non
ignorata. La popolazione deve conoscere precauzioni, comportamenti e misure
da prendere nel momento in cui dovesse verificarsi "un incidente o qualsiasi
evento o anormalità che possa far temere l'insorgenza di un pericolo per la
pubblica incolumità".
Ci sostengono le norme dell'Europa recepite dall'Italia con il DL 230/95 e
le linee guida tracciate dal Piano Nazionale delle misure protettive contro
le emergenze radiologiche emanato nel luglio 1996.
Comitato sardo Gettiamo le Basi comitatoglb@katamail.com
Tel 070 823498 3386132753
BASE MILITARE USA SANTO STEFANO LA MADDALENA
PIANO CIVILE di PREVENZIONE e EMERGENZA NUCLEARE

INTERROGATIVI e PROPOSTE
del Comitato sardo Gettiamo le Basi
17 novembre 2003

BASE USA DI SANTO STEFANO - LA MADDALENA
proposte per un
PIANO CIVILE di PREVENZIONE e EMERGENZA NUCLEARE
Documento a cura del comitato sardo
Gettiamo le Basi
PREMESSA
Il titolare della cattedra di fisica medica dell'Università di Cagliari,
Prof. Mario Ladu, nel 1988 affermava che se dovesse accadere un incidente
nucleare non rimarrebbe che raccomandarsi l'anima a Dio e a poco servirebbe
se la rete di monitoraggio ambientale e di allarme funzionasse, ma,
concludeva lo scienziato, è necessario che il piano di protezione civile e
la rete di controllo esistano e funzionino.
L'elaborazione e l'applicazione di un Piano di protezione civile per
fronteggiare il rischio nucleare si scontra con due pesanti ostacoli che ne
pregiudicano alla base la validità.
1 Tempestività dell'informazione
L'efficacia delle misure di protezione è in rapporto alla rapidità d'
intervento. Infatti, il "Piano Nazionale delle misure protettive contro le
emergenze radiologiche" (luglio 1996) prevede i casi di "Incidenti a natanti
a propulsione nucleare in area portuale" e "Incidenti a natanti a
propulsione nucleare in navigazione" e detta gli schemi d'intervento;
dispone che il Comandante della Capitaneria del porto di arrivo della nave o
il Comando Generale delle Capitanerie di Porto, venuto a conoscenza di un
incidente o di qualsiasi evento o anormalità che possa far temere l'
insorgenza di un pericolo per la pubblica incolumità, dia IMMEDIATA
COMUNICAZIONE e si attivino le strutture competenti: Dipartimento della
Protezione civile, CEVAD (Centro Valutazione Dati), Ministero dell'Interno,
Centrale degli Allarmi DC 75, Servizio Sanitario Nazionale, ANPA (che in
Sardegna non esiste ancora nonostante i vari disegni di legge depositati da
almeno 6 anni), Comando Generale della Guardia di Finanza, Dipartimento di
monitoraggio in mare, Sezione Rischio Nucleare della Commissione Nazionale
per la Prevenzione dei Grandi Rischi, Presidente della Regione, Prefetto,
Vigili del Fuoco.
L'incidente accaduto il 25 ottobre al sommergibile Hartford mette a nudo la
totale subalternità dell'Italia e la sua impotenza, evidenzia la noncuranza
degli Stati Uniti delle esigenze di sicurezza della popolazione, manifesta
il loro sovrano disprezzo delle norme internazionali e delle norme del Paese
che li "ospita".
E' Palese la totale violazione delle norme internazionali che impongono l'
immediato allontanamento dai porti dell'unità sinistrata. L'obbligo di
"comunicazione IMMEDIATA di un incidente" si è trasformato in optional, l'
individuazione e il controllo del danno, la definizione del livello di
rischio è diventata prerogativa esclusiva delle Autorità militari Usa.
Paradossalmente chi ha provocato il danno si è auto attribuito la piena
competenza di definirlo e quantificarlo, si è arrogato il ruolo di
controllore unico esautorando pesantemente le autorità militari e civili
dell'Italia!
L'omessa comunicazione dell'incidente da parte degli Stati Uniti, l'
ambiguità e inaffidabilità delle versioni date, l'azzeramento delle
prerogative dell'Italia non è un fatto isolato ma una perversa prassi
consolidata nell'assenza scandalosa di reazioni da parte delle Istituzioni
italiane. Un solo esempio tra i tanti: lo scontro tra la portaerei J.F.
Kennedy e l'incrociatore Belknap, entrambi statunitensi, avvenuto il 21
novembre 1975 nello Ionio è stato reso noto nel 1989. Dopo ben quindici anni
si è saputo che è stata sfiorata la catastrofe nucleare.
Se l'incidente non è comunicato tempestivamente a nulla servono i Piani di
protezione civile, sono carta straccia gli Accordi internazionali e la
normativa europea recepita dall'Italia con il DL 230/1995.
2 Tipologia delle unità nucleari e segreto militare
L'impatto sanitario e ambientale di navi e sottomarini nucleari non
differisce, in linea di massima, da quello di una centrale nucleare a terra.
Tutti gli organismi scientifici sono concordi su questo punto.
"I reattori utilizzati per la propulsione di mezzi militari navali pongono
problemi di sicurezza certamente non inferiori a quelli delle centrali
elettronucleari civili. Le caratteristiche dei reattori civili e militari
sono analoghe, ma su un mezzo navale non possono essere imbarcate pesanti
schermature, né potrà sempre essere garantita nelle vicinanze un'adeguata
assistenza in caso d'incidente. E gli incidenti ai sottomarini nucleari sono
più frequenti di quello che comunemente si pensa" (Giuseppe Longo fisico
dell'Università di Bologna).
CNEN, CAMEN- ENEA, ISS (Istituto Superiore della Sanità), concordemente, da
tempo sostengono che "per una corretta valutazione dell'impatto sanitario e
la predisposizione del piano di emergenza si deve giungere almeno
all'acquisizione di un insieme «minimo» di elementi tecnici della fonte
inquinante, però, per quel che riguarda i sommergibili nucleari, non si
dispongono informazioni dettagliate sulle loro caratteristiche".
Com'è noto, navi e sommergibili a propulsione nucleare e armamento atomico
in transito e sosta nell'Arcipelago maddalenino appartengono agli Stati
Uniti che mantengono lo stretto riserbo militare sulla tipologia degli
impianti. Di conseguenza, manca una conoscenza descrittiva delle unità
nucleari, non si conosce né il tipo di reattore né il suo funzionamento, non
si sa dove è conservato il combustibile per caricare, dove finiscono le
scorie dopo l'utilizzo, quali siano i sistemi di trattamento dei rifiuti
radioattivi.
Sono molti i punti oscuri di basilare importanza per approntare un Piano di
Protezione e di Emergenza adeguato, molte le domande inevase. Di quanti
elementi è costituito il nocciolo reattore? Di quante barre? Quale tipo di
pastiglie di uranio contiene? Quali sono i sistemi ausiliari del reattore?
Quali sono gli impianti destinati a funzioni di refrigerazione,
purificazione e sicurezza?...
Come sottolineano numerosi organismi scientifici, ai fini del Piano di
protezione civile e di emergenza, è fondamentale oltre la conoscenza della
tipologia dell'impianto anche la conoscenza del sistema di funzionamento dei
sistemi di sicurezza usati, quali siano le garanzie del sistema di
protezione che, ogni qualvolta le grandezze fisiche misurate nel sistema
nucleare superano limiti prestabiliti, provoca l'arresto rapido ed
automatico del reattore. E quali sono questi limiti? E' altrettanto
importante sapere quali sono i sistemi di refrigerazione di emergenza del
nocciolo, di depressurizzazione automatica, di isolamento del contenitore
primario, (che inizia il processo automatico di chiusura delle valvole di
isolamento di tutte le linee che sono potenziali vie di rilascio
all'ambiente di materiale radioattivo), e qual è il sistema di ventilazione
che aspira e filtra l'aria.
Inoltre, è indispensabile conoscere come avviene, sia durante la navigazione
sia in fase di sosta, lo smaltimento dei vari tipi di rifiuti - dalle resine
ai fanghi, alla carta, agli stracci, etc. - che vengono prodotti all'interno
della nave, CHI e COME attua il controllo.
Il serpente si morde la coda. Da una parte il "segreto militare" della
Potenza straniera che usa il mare e la terra della Sardegna, dall'altra
l'esigenza d'informazione di base su tipologia e modalità di funzionamento
degli impianti per organizzarsi al controllo e predisporre un serio piano di
protezione per la cittadinanza, adeguato alla situazione e in relazione alla
conformazione del territorio.
I due nodi problematici mettono in luce il rapporto di pesante vassallaggio
dell'Italia, esautorata di fatto dalla competenza e tenuta all'oscuro delle
informazioni fondamentali necessarie per prevenire e gestire il rischio
nucleare in situazione di "normalità" e in caso di emergenza. Ne consegue
una scarsa o nulla capacità gestionale di un serio Piano protettivo contro
il rischio nucleare. Lo scioglimento dei due nodi non può che essere il
risultato di una decisa battaglia politica di cui al momento non s'intravede
traccia.
Esempio di un Piano di protezione civile contro l'emergenza nucleare:
Taranto
Il Piano predisposto dalla prefettura di Taranto è il primo ad essere stato
parzialmente "desecretato" e reso noto dopo una forte e decisa pressione
popolare e istituzionale. Il Piano di protezione civile in caso d'incidenti
a unità a propulsione nucleare prevede che l'unità sinistrata sia
allontanata entro un'ora e scatti il blocco del traffico marittimo, della
pesca e della balneazione, il controllo della radioattività nell'acqua e
nell'aria e la convocazione urgente del Comitato provinciale.
In relazione al tipo di avaria e alle possibili modalità di evolversi dell'
incidente il Piano stabilisce tre livelli d'intervento articolati in tre
aree comprese in tre cerchi concentrici attorno al luogo del sinistro che
vanno dai 200metri/5 chilometri, km 5/10, km 10/20.
Il Piano prevede l'evacuazione della popolazione ma poco o nulla dice sulle
concrete modalità operative. Il "Piano Particolareggiato" si limita ad un
elenco di enti da informare (questura, carabinieri, provveditorato agli
studi ecc.), interdizioni (divieto di pesca, pascolo, coltivazione), beni da
requisire (cibo, vestiario, autobus, scuole, alberghi .), beni da
sequestrare (prodotti alimentari, pescato, animali ..).
La genericità e l'estrema vaghezza delle modalità operative fanno sorgere
pesanti e seri dubbi sulla sua efficacia.
Un'indagine condotta da Peacelink ha dimostrato che farmacie e strutture
sanitarie non sono gravemente impreparate a far fronte anche ad un incidente
di primo livello (quello più basso).
Il Piano, superficiale e approssimativo nelle linee generali di azione e
soprattutto nei cosiddetti interventi di secondo e terzo livello, appare
gravemente insufficiente, lontano anni luce dalla concretezza dei piani di
prevenzione in uso nelle situazioni di rischio "non militare" come la
centrale nucleare dimessa di Corso, zone interessate da terremoti, eruzioni,
alluvioni.
Non basta, infatti, prevedere l'evacuazione della popolazione dalla zona
potenzialmente pericolosa, l'istituzione di posti di controllo sanitario e
di decontaminazione, la regolazione del traffico, l'adozione dei
provvedimenti di profilassi alimentari, la distribuzione di viveri e acqua,
la sistemazione degli sfollati presso alberghi e edifici scolastici. Non
basta prevedere in termini generici. Occorre essere molto più precisi.
Inoltre, l'emergenza da fronteggiare è di enorme portata, è ben diversa da
un'epidemia o da una calamità naturale, non ha " zone di rispetto" poiché
interessa anche l'atmosfera e contamina il suolo per millenni.
********
INDICAZIONI
per un Piano di Emergenza Esterna Incidenti Unità Militari a propulsione
nucleare

Il sistema di controllo da parte delle autorità civili
Un piano di protezione civile, per essere efficace, DEVE
ispirarsi a quelli relativi a centrali nucleari ad uso civile,
deve prevedere sia la situazione di "normalità" sia l'emergenza,
essere emanato e gestito dalle Autorità civili della nostra Repubblica in
stretta collaborazione con i Comuni coinvolti,
prevedere un'adeguata copertura finanziaria.
Quest'ultimo punto è di fatto il più importante, è quello che qualifica il
Piano. E' del tutto evidente che ad un Piano a costo zero corrisponde una
protezione a livello zero. I Piani previsti per le centrali nucleari civili
implicavano costi altissimi. In quale capitolo di bilancio è inserito il
costo del Piano di Protezione contro il rischio nucleare connesso alla Base
atomica Usa? A quanto ammontano i fondi stanziati?
Tralasciamo in questa sede l'interrogativo della legittimità del costo
economico scaricato sui contribuenti italiani per "ospitare" una Base
atomica gestita unilateralmente da uno Stato straniero che opera fuori del
controllo Nato.
Intendiamo porre alcuni interrogativi su un aspetto qualificante del Piano
di emergenza civile: quali sono e come devono attivarsi gli strumenti di
controllo civile, istituzionale. Le Autorità Civili hanno un ruolo nell'
individuazione e controllo del danno rispetto alla definizione data dall'US
Navy o dalla Marina Militare? E' competenza esclusiva delle Autorità
Militari impartire l'ordine di allontanamento della nave o del sottomarino
sinistrato? E chi sono le Autorità militari competenti? Sono italiane o
statunitensi? La definizione del livello d'incidente è attribuita all'
Autorità civile o militare? Quale tipo di rete si rende necessaria per
misurare e sorvegliare prelievi di campioni ambientali per analisi di
laboratorio?
Si tratta di un problema di competenze e di attribuzione di responsabilità
in caso di "normalità", emergenza, o rispetto all'evolversi dell'incidente
nucleare, un insieme di quesiti da cui discende tutta la tematica delle
strutture idonee al monitoraggio al controllo e all'intervento nella
"normalità" e nell'emergenza.
Un Piano serio e affidabile non può che essere legato alla costituzione di
un "Polo per la protezione civile" dove si concentrino professionalità
qualificate e pluridisciplinari.
Il sistema di monitoraggio
Ancora prima del controllo del danno occorre sapere chi controlla i rilasci
radioattivi anche in condizioni di "normalità". Per esemplificare: se un
sommergibile, una nave a propulsione nucleare entrano in porto, chi, come,
quando effettua i controlli degli scarichi radioattivi? E in condizioni di
anormalità? E in caso di incidente?
Un monitoraggio affidabile deve assolvere il compito di effettuare in più
luoghi un controllo costante dell'ambiente circostante l'unità nucleare allo
scopo di:
a) fornire con continuità informazioni trasparenti sull'entità dei rilasci
radioattivi per dimostrare in ogni momento all'autorità di sicurezza
competente che i rilasci reali, in condizioni di normalità, non superano i
limiti autorizzati;
b) fornire immediatamente allarmi affidabili, nel caso di rilasci anormali,
avendo un contatto terra-mare che consenta eventuali azioni automatiche o
manuali degli operatori dell'unità nucleare, controllando la certezza
dell'intervento e stabilendo regole e criteri precisi di comportamento;
c) fornire i dati sui rilasci radioattivi per il calcolo delle dosi che si
riversano sulla popolazione
L'attuale sistema di cosiddetto monitoraggio del sito nucleare di Santo
Stefano, ottenuto verso la metà degli anni ottanta ( a ben quindici anni di
distanza dall'insediamento della Base atomica Usa!) dopo una lunga lotta
popolare, fin dal suo nascere è giudicato inattendibile, non solo dagli
esperti, ma persino dai ministri alla Difesa a alla Sanità (7-11-1988) e
dalla Commissione Affari Esteri della Camera (risoluzione 11-2-1990).

I sistemi di controllo in condizioni di "normalità" debbono essere riferiti
a:
Terreno - aria - acqua del mare - acqua della rete di distribuzione - acqua
dei pozzi - pesci - mitili - carni - vegetali - latte - uova.
In condizioni normali, nel periodo di sorveglianza ambientale, per conoscere
meglio e raffrontare i dati rilevati al momento del passaggio o della sosta
di unità nucleari, si dovrà avere una frequenza di prelievo secondo i tipi
di campione.
Ad esempio, l'acqua del mare dovrà essere sottoposta a un controllo
permanente, l'aria dovrà essere controllata settimanalmente, i frutti di
mare e i pesci ogni tre mesi. Il controllo dovrà essere trimestrale anche
per carni, latte e uova; semestrale per frutta e verdura; quadrimestrale per
l'acqua della rete e così via.
Proponiamo in questi termini la rete di controllo e sorveglianza nucleare:
50 punti di prelievo di campioni ambientali;
70 punti di rilevamento dei livelli integrati di esposizione.
5 stazioni fisse per la misurazione costante dei livelli di radioattività
nell'atmosfera e per la misurazione discontinua (settimanale) di accumulo di
iodio e particolati.
Dato che il CNEN ipotizza una possibile contaminazione nucleare in
atmosfera, occorre partire da questa considerazione. Il controllo delle
condizioni meteorologiche deve, dunque, funzionare regolarmente sulle 24
ore, deve trovare un impiego di massima utilità in caso di emergenza
nucleare e, pertanto, deve attuarsi attraverso un sistema che effettua le
seguenti misure: componente orizzontale della velocità del vento, componente
orizzontale della direzione del vento ( deviazione, fluttuazione
orizzontale ), variazione della temperatura dell'aria con l'altezza.
In condizioni di emergenza debbono essere previsti, ovviamente, degli
interventi straordinari e specifici in ogni campo ambientale.
Riguardo ad altre possibili contaminazioni come quella del suolo, e
conseguentemente della catena alimentare, per la quale gli organismi
scientifici ipotizzano valori significativi entro un raggio di circa 40 km.,
riteniamo che vada previsto, non solo il blocco temporaneo delle derrate
alimentari eventualmente soggette a contaminazione e i controlli
radiometrici, ma che venga assicurata, oltre tale raggio, una zona
denuclearizzata tale da garantire l'approvvigionamento dei beni di consumo
alimentare in modo naturale ( anche se è fondamentale prevedere delle scorte
per far fronte ad un'emergenza che può essere dell'ordine di qualche
settimana o di qualche mese ).
Il Piano che noi riteniamo maggiormente conforme alle circostanze deve
prevedere, comunque, l'eventualità di allontanamento di tutta la popolazione
oltre il raggio dei 20 km. e la sistemazione temporanea in alberghi, scuole,
strutture pubbliche oltre quella zona.
Il sito dell'attracco di navi e sommergibili a propulsione nucleare.
E' necessario uno studio sulle caratteristiche del sito, ad esempio le
condizioni atmosferiche e climatiche della zona di passaggio e di attracco
delle navi e dei sommergibili della US Navy. Santo Stefano e l'intero
Arcipelago sono, infatti, soggetti all'influenza di molti fattori
atmosferici, soprattutto del vento. Il fondale del mare si presenta di varia
natura; se si studiasse con attenzione si scoprirebbe il danno irreversibile
da esso subito fino a punti molto profondi, mappando lo stesso fondale si
potrebbero scoprire eventuali sacche o "ombelichi" formati e nascosti dalla
natura. Non meno importanti sono da considerarsi i livelli di profondità del
mare e la stessa velocità delle correnti.
Non vogliamo, ora, sviluppare dei ragionamenti, né fare delle analisi
superficiali, ma riteniamo opportuno e indispensabile uno studio serio della
situazione del sito in cui passano e attraccano le navi/ i sottomarini
nucleari, da portare avanti con un'azione di monitoraggio ai vari livelli di
profondità marina e in superficie. Uno studio che parta da accurate indagini
per giungere a conclusioni precise e all'adozione di provvedimenti adeguati
in relazione alla conformazione dell'ambiente.
Le caratteristiche demografiche del territorio
Seguendo le indicazioni dei piani di emergenza conosciuti, quelli di La
Spezia e Taranto, per definire la zona contaminata, da evacuare in caso
d'incidente, prendiamo come parametro un raggio di 20 chilometri a partire
dall'ubicazione dell'unità nucleare.
L'area interessata comprende La Maddalena, Caprera, Palau, Arzachena, l'
intera Costa Smeralda e lambisce Santa Teresa. Nel periodo estivo i flussi
turistici fanno salire vertiginosamente il numero delle persone coinvolte e
pongono particolari problemi.
La riflessione che facciamo in proposito è che in situazione di emergenza il
sistema di comunicazione viaria gioca un ruolo fondamentale: se le vie di
comunicazione sono poche, come nel nostro caso, l'evacuazione in condizioni
di emergenza diventa estremamente problematica. Occorre conoscere e mappare
le caratteristiche demografiche del territorio, i flussi e le strutture
turistiche, tenendo conto dei mezzi di trasporto usati dai residenti e dai
turisti in modo che TUTTI, residenti e turisti, siano addestrati e messi
nelle condizioni di essere pronti a eventuali evacuazioni e spostamenti.
Sono tutte questioni di enorme importanza ai fini di un Piano di emergenza
nucleare, così come non devono essere ignorati i servizi legati
all'informazione ( TV, radio, giornali ) per la rilevanza pubblica che essi
rivestono.
Trasporti
Sul sistema dei trasporti occorrerebbe fare un ragionamento molto
approfondito: le comunicazioni via terra sono limitate, in caso di incidente
nucleare provocato da navi o sottomarini a propulsione atomica il mare non
può essere usato per facilitare l'evacuazione della popolazione. Per l'isola
di La Maddalena non resta altro che l'evacuazione con elicotteri.
La questione a questo punto si complica. Si rende necessaria una conoscenza
precisa delle possibilità offerte, in caso di emergenza, sia dal trasporto
tramite elicottero, sia dai servizi pubblici su strada, sia dai mezzi di
trasporto privati anche nel periodo estivo di massima affluenza di turisti
in stragrande maggioranza senza auto al seguito
Ipotesi M.I.C. ( Massimo Incidente Credibile).
Il massimo incidente ipotizzato nei piani di Emergenza Nucleare resi noti
( La Spezia e Taranto) consiste nella "rottura del circuito primario del
reattore con perdita di refrigerante, conseguente fusione del nocciolo e
fuoriuscita dei prodotti di fissione". La diffusione della nube radioattiva
contamina l'atmosfera e le superfici con le quali viene a contatto.
La relazione del CNEN valuta come prima conseguenza l'irraggiamento esterno
delle persone che, si dice, è inferiore al livello di riferimento entro due
ore dall'inizio del rilascio della nube radioattiva. Il piano di emergenza
militare di La Spezia, a questo riguardo, appare più prudente, infatti,
dispone l'allontanamento IMMEDIATO delle persone irraggiate.
La seconda conseguenza è l'inalazione di cesio, stronzio, iodio radioattivo
con contemporaneo irraggiamento esterno della tiroide.
La tempestività nell'allontanamento dell'unità sinistrata e delle persone è
indicata come misura idonea a ridurre i rischi da irraggiamento diretto e
inalazione. " La contaminazione del suolo sarebbe invece sempre rilevante
fino a distanze notevoli", oltre i 40 chilometri e risulta incontrollabile.
La "probabilità molto bassa" - sostenuta dal CNEN - di incidenti o avarie
con contaminazioni atmosferiche, è alquanto discutibile, considerato che i
numerosi incidenti nucleari avvenuti negli anni molti hanno avuto origine
proprio nel sistema di raffreddamento del reattore.
Se l'ipotesi MIC è ha un livello di probabilità molto basso, perché nessuna
assicurazione stipula polizze di risarcimento in caso d'incidente nucleare?
Significa che le assicurazioni attribuiscono all'evento una concreta
probabilità statistica?
Onde evitare polemiche in proposito, diciamo che la questione fondamentale è
essere pronti anche a ogni "lontana" eventualità, come sono stati pronti il
Prefetto di Taranto e la Marina Militare di La Spezia che hanno stabilito
misure anche nell'ipotesi MIC e previsto l'evacuazione della popolazione nel
raggio di venti chilometri.
Il Piano che riteniamo maggiormente conforme alle circostanze deve prevedere
l'eventualità di allontanamento di tutta la popolazione oltre il raggio dei
20 km. e la sistemazione temporanea in alberghi, scuole, strutture pubbliche
oltre quella zona.
Simulazione d'incidente nucleare
Da oltre trent'anni la popolazione, i Comuni, la Provincia, la Regione, sono
completamente sprovveduti di fronte al rischio nucleare della Base navale
statunitense. Nella consapevolezza del danno incalcolabile che subirebbe la
popolazione direttamente coinvolta e l'intera Sardegna, sta la motivazione
di questa nostra istanza, la quale pone una serie di interrogativi affinché
le Istituzioni forniscano le necessarie e urgenti risposte.
Una volta ricevuta la segnalazione dell'incidente quale ruolo svolge l'
Autorità civile nel controllo del danno e nella definizione del livello d'
intervento? Qual'è la sede della Task-Force che, in relazione all'entità
dell'incidente, ne stabilisce il livello e dichiara conseguentemente lo
stato di emergenza per l'attuazione delle misure previste ai vari livelli?
Chi assume la direzione delle operazioni di intervento?
Una volta informate tutte le autorità, secondo gli schemi stabiliti dal
Piano Nazionale contro Le Emergenze Radiologiche, dal Prefetto al Ministro
dell'Interno, al Questore, al Comando Carabinieri, ai Vigili del Fuoco, ai
Sindaci, al Medico provinciale, al CNEN, come viene informata la popolazione
e quali disposizioni vengono date?
Le strutture di emergenza esistenti, dalla protezione civile ai vigili del
fuoco, sono in grado di far fronte ad una situazione di allarme nucleare?
Ammesso che vi sia una rete di ponti- radio, come si procede? Quali sono i
livelli di coordinamento? Come funziona la " sala operativa"? Chi determina
con ordinanza, in relazione allo stato di contaminazione, le limitazioni o i
flussi di circolazione delle persone e dei mezzi, in un'ipotetica intesa con
il Piano della Marina Militare e in un'improbabile correlazione all'
eventuale Piano della Marina USA?
Quali sono le sedi previste per la decontaminazione, il pronto soccorso e il
controllo medico? Le strutture sanitarie esistenti sono attrezzate per
adottare le misure indispensabili del caso?
Come si procede per l'evacuazione della popolazione? Quali sono i punti di
raccolta? Dove vengono sistemate le persone? Come si procede per i
trasferimenti e il trasporto? A chi spetta reperire i mezzi di trasporto
necessari?
Quali sono le strutture attrezzate in modo stabile per rifornire e
distribuire viveri, acqua minerale, vestiario? E i Sindaci, di quali
conoscenze, ruoli, compiti, funzioni, attrezzature, strumenti sono in
possesso per far fronte al pericolo?
CONCLUSIONI
Non intendiamo drammatizzare né allarmare, ricordiamo che la simulazione
d'incidente è prevista per il personale militare ed è prassi acquisita dalle
comunità che si trovano in situazioni a rischio o comunque delicate ( ad es.
la Centrale dismessa, di Caorso, le zone esposte al rischio di terremoti,
eruzioni, alluvioni ).
Il problema vero è, dunque, quello di creare un Piano di emergenza adeguato
alle condizioni strutturali del territorio, con un'adeguata informazione
fornita ai cittadini e con la predisposizione di strutture e strumenti di
intervento, sapendo che è la legge stessa che lo impone (DL 230/95).
Ribadiamo che il Piano deve essere strettamente legato alla costituzione di
un POLO PER LA PROTEZIONE CIVILE. Pensiamo di aver argomentato le ragioni
per cui un SERIO "Piano di Emergenza Esterna" debba essere dettagliatamente
conosciuto dalla popolazione, dai soggetti che dovrebbero applicarlo. Per
queste stesse ragioni a noi sembra logico e giusto che,
in assenza di un Piano EFFICACE e CREDIBILE di prevenzione e di emergenza,
non sia consentito il transito e la sosta di unità militari a propulsione
nucleare.

Appare superfluo rimarcare che riteniamo sia da eliminare alla radice la
situazione che rende necessari piani di protezione civile in caso d'
incidente nucleare ai mezzi militari.

fonte: unione sarda cronaca Gallura del 2\12\2003

* materiale inviato da giuseppe <giuseppe_scano@hotmail.com>

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