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La vera storia della Legge Gasparri - di Cirano
6.12.2003

Cari fratelli della rete, è già un po' di tempo che il vostro Cirano non vi rompe le scatole per raccontarvi cosa pensa dell'universo mondo, ma in questi giorni proprio non ce la fa a trattenersi. Oggi vuole raccontarvi la vera storia della Legge Gasparri, e, sfidando la vostra pazienza, comincia un po' indietro: e cioè dal 1985.

Berlusconi, temporibus illis, aveva una serie di televisioni locali che trasmettevano non contemporaneamente, con scostamenti anche di pochi secondi, gli stessi programmi. Era una furbata che permetteva di violare la legge, visto che allora era vietato a soggetti privati di possedere televisioni nazionali. Fino a che un oscuro pretore, se non ricordo male, di Latina, decide di farla applicare quella maledetta legge, di smascherare la "furbata" e quindi di oscurare le televisioni del Biscione (e non solo perchè nel frattempo Fininvest aveva acquistato prima Italia 1 e poi Rete 4).

Ma Berlusconi si mette d'accordo con Craxi che gli fa un decreto legge "ad personam". E fin qui è tutto noto anche se ogni tanto è bene ricordarlo in questo periodo di beatificazione post tangentopoli del leader " cosiddetto" socialista (e se era socialista lui io sono una foca monaca).

 

Così Berlusconi ha finalmente tre televisioni nazionali vere. Ma molti storcono il naso perchè, essendo possibili solo 11 reti nazionali, è un pò anomalo che un solo imprenditore se ne prenda tre. Che diamine! Non siamo nel Far West che il primo che arriva si prende tutto...

 

Nel 1994 la Corte Costituzionale, con la sentenza 420/94, stabiliva, in difesa non solo del pluralismo "tout court" ma della libertà d'informazione, che un unico soggetto privato non potesse detenere tre reti nazionali, concedendo un periodo di transizione e rimettendo il problema al legislatore per una soluzione definitiva entro e non oltre l'agosto 1996.

 

Arriva il 1996, scade nell'indifferenza generale la decisione della Corte Costituzionale e Berlusconi continua ad avere tre tv.

Nel 1997 la legge Maccanico stabiliva che un soggetto non potesse detenere più di due reti, e che, finchè non ci fosse stato un "congruo sviluppo" delle nuove tecnologie (satellite e cavo), Rete 4 avrebbe potuto continuare a trasmettere via etere, decisione quest'ultima in palese contrasto con le decisioni della Corte Costituzionale che aveva imposto un limite improrogabile (agosto 1996).

 

Nel 1999 D'Alema, una volta diventato capo del governo, decide di risolvere la questione (ma toh!) e indice una gara d'appalto per l'assegnazione delle concessioni delle reti nazionali.

La commissione nominata dal Ministero è presieduta da un avvocato di Mediaset (ho cercato di scardinarmi il cervello per ricordare il nome ma non c'è stato nulla da fare; scherzi dell'età). Berlusconi spera, o forse è sicuro, che finalmente possa ottenere legittimamente, con un regolare mandato dello Stato, le concessioni per tre frequenze e quindi per le tre reti televisive.

Nel luglio 1999 si svolge la gara d'appalto; per partecipare si richiedono requisiti spaventosi e sembra chiaro che nessuno riuscirà a scombinare i giochi che sembrano già fatti.

 

Invece, colpo di scena.

 

Si presenta alla gara un tipo e dice: "Buon giorno sono Francesco Di Stefano di Europa 7, e partecipo alla gara per due reti nazionali."

Immagino che i funzionari del Ministero delle Telecomunicazioni l'abbiano guardato come un pazzo. Ma non era un pazzo; si apprestava a diventare il loro peggior incubo. Anche perchè vince la gara per l'assegnazione di due frequenze.

 

I solerti Funzionari del Ministero fanno le buccie alla sua offerta e iniziano a mettergli i bastoni tra le ruote:

"Le manca il certificato 1815!" "No, c'è l'ho!"

"E Il modulo 36 quater compilato in 8 lingue?" "Ne ho due di lingue, possono bastare?"

Ma, a forza di spaccare il capello in quattro, trovano un giuridico rampino:

"Il bando di gara richiede di avere 12 miliardi di capitale versato per rete, lei ne ha solo 12, può chiedere e ottenere una sola tv."

"Tutte Balle!" Risponde il signor Di Stefano, "I dodici miliardi servono per concorrere alla gara e non per ognuna delle frequenze che un concorrente chiede di ottenere".

(parentesi: vi sarete accorti che il racconto ha assunto una fisionomia romanzata, e si sa nei romanzi qualche invenzione c'è: ebbene si, lo confesso: il certificato 1815 e il modulo 36 quater me li sono inventati di sana pianta. Chiusa parentesi).

Morale: la commissione di gara gli aggiudica l'appalto solo per una concessione.

 

 

A questo punto che ti fa il buon Di Stefano? Ricorre al Tar e poi al Consiglio di Stato e vince, cioè si riaggiudica l'appalto anche per la seconda concessione, proprio a svantaggio di Rete 4.

Insomma alla fine gli devono dare una concessione per una rete nazionale e presto anche per una seconda perchè ne ha diritto, e a Berlusconi ne tolgono una. Non che la debba chiudere, deve "solo" traslocarla sul satellite che ormai è ricevuto da 18 milioni di italiani, ma che non ha, piccolo particolare, raccolta pubblicitaria essendo per il momento ancora una pay tv.

 

Immagino le reazioni negli studi Mediaset; una serie di, per dirla con gli americani, "brians storm" (tempeste di cervelli), e cioè riunioni su riunioni in cui consulenti finanziari, avvocati, commercialisti, amministratori e politici del "partito azienda", tutti sul libro paga del miliardario ridens, studiano il modo per arginare il ciclone Di Stefano, arrivando alla conclusione che a questo Di Stefano non gli vogliono e non gli debbono dare proprio niente.

 

Ma evidentemente lui deve essere uno che da piccolo giocava a "Davide contro Golia" perchè avvia una serie incredibile di procedimenti giudiziari. Ingiunzioni, citazioni, memorie, diffide, cause penali, civili, regionali, addirittura la Commissione Europea. E vince tutti i ricorsi, tutti gli appelli, tutte le perizie.

Ma ve la faccio breve.

Alla fine di questo tribolato iter giudiziario arriva alla Corte Costituzionale, che nel novembre 2002, sentenza numero 466/2002 (siamo in pieno Governo Berlusconi), stabilisce inequivocabilmente che:

1) Retequattro dall'1 Gennaio 2004 dovrà emigrare sul satellite;

2) le frequenze resesi disponibili dovranno essere assegnate a Di Stefano.

 

L'avete sentito dire ai vari telegiornali?

 

Ma cerchiamo di riassumere:

1) sono trascorsi ben nove anni dalla famosa sentenza della Corte Costituzionale, ma Mediaset continua a detenere e utilizzare tre reti nazionali su un totale di sette concessioni assegnate sulle undici assegnabili (comprese quelle Rai)

2) Nel luglio 1999 Europa 7 partecipa alla gara per due concessioni; una (Europa 7) la ottiene, l'altra (7 Plus) no in quanto non ritenuta idonea per la mancanza del requisito del capitale sociale

3) Una sentenza del Consiglio di Stato riconosce esistente il requisito del capitale sociale per la richiesta di una o più concessioni, per cui Di Stefano ha diritto ad avere la seconda concessione

4) Non ve lo dico perchè un racconto horror come Dio comanda (e questo decisamente lo è) deve avere la sua brava dose di suspense.

 

L'impresentabile Gasparri, Ministro delle Telecomunicazioni, dopo la senstenza della Corte del Novembre 2002 prende tempo. Ma ad un certo punto rompe gli indugi, e come lo fa? Si organizza per salvare Rete 4, e qui comincia l'avventura della sua Legge

 

Il D.D.L. Gasparri (la futura Legge Gasparri), art. 20 comma 5 e art. 23 comma 1, realizzava in pratica un condono (si vede che hanno la mania dei condoni questi!), riconosceva cioè il diritto di trasmettere a "soggetti privi di titolo" (la dicitura è presa direttamente dal D.D.L.) che occupano frequenze in virtù di provvedimenti temporanei. In pratica una evidente e clamorosa discriminazione verso imprese come Europa 7 che avevano una legittima concessione, il tutto sempre con lo scopo di salvaguardare Rete 4.

Infatti quest'ultima, secondo la proposta Gasparri, avrebbe potuto continuare a trasmettere, in barba alle sentenze del 1994 e del 2002 della Corte Costituzionale e della legge 249/97 (legge Maccanico), pur non avendo ormai da quasi quattro anni la concessione, mentre Europa 7 non avrebbe potuto trasmettere, dimenticando che nel luglio 1999 c'èra stata una regolare gara dello Stato per assegnare le concessioni, gara persa da Rete 4 e vinta da Europa 7.

In sostanza, chi ha perso la gara (Rete 4) può continuare tranquillamente a trasmettere, e chi l'ha vinta (Europa 7), perde definitivamente tale diritto (questo, in sintesi, il contenuto dei due articoli del D.D.L.).

 

Straordinario vero?

 

Ma (altro colpettino di scena) i deputati del Polo, travolti da un miracoloso quanto inaspettato afflato ideale e civico, bocciano alla Camera dei Deputati il decreto Gasparri proprio nei punti a sfavore di Europa 7 (si era in Giugno di quest'anno).

Ricordate gli strepiti sommessi del miliardario ridens, anche se era difficile riconoscerli perchè eravamo in pieno processo di "autobeatificazione da semestre italiano di presidenza europea"?

Era chiaro però che l'agitazione di Berlusconi di quei giorni è servita anche e soprattutto per ricompattare i suoi, che se lo mollavano proprio allora...

 

Il resto è cronaca di queste settimane. Il passaggio al Senato e il ritorno definitivo alla Camera che ci hanno riconsegnato la legge, a suon di votazioni "blindate", praticamente col testo originario.

 

Ora bisogna vedere se il Presidente Ciampi la firma una legge del genere.

 

Il modestissimo parere del vostro Cirano, a differenza di quanto ha dichiarato proprio ieri "Fiero Passino", è di tirare non solo la giacca al Presidente, ma anche il collo della camicia, la cravatta, i calzini e perfino le mutande.

Perchè se firma saremmo all'oltraggio definitivo del concetto stesso di stato di diritto.

Un conto è fare una legge per non finire in galera (cosa già grave), un conto è fare una legge per prendersi qualche cosa che appartiene a un altro.

Perchè (e qui sciolgo la suspense) il fatto che un soggetto, a cui è stata data una concessione (in concessione si dà un bene pubblico, in questo caso le frequenze), non riceva poi materialmente il bene è un avvenimento che non ha precedenti al mondo, aggravato dal fatto che il beneficiario di questa storia è il nostro immarcesibile Presidende del Consiglio.

Aveva proprio ragione Piero Gobetti a sostenere, "solo" 80 anni fa, che in Italia per ottenere qualcosa di cui hai diritto, si deve chiederla come fosse un piacere.

 

Quindi, cari fratelli della rete, sappiate che in questo momento si sta giocando una partita incredibile, forse decisiva. Se questa legge viene promulgata quel che è "nostro" diventa "suo".

 

Proviamo un po' a far girare questa mail! Caso mai li innervosiamo un po' perchè internet non conta niente in borsa ma siamo comunque una bella paccata di milioni...

 

Oppure proviamo a fare quello che il mio amico Deo Fogliazza su www.welfarecremona.it ha proposto di fare: e cioè mandare una cartolina alla signora Franca, moglie del Presidente, scrivendo:

Gentile signora Franca, abbiamo apprezzato in passato la Sua attenta critica ai programmi televisivi che, con l'approvazione della legge Gasparri, diventeranno sempre più "deficienti" e faziosi. Per favore ci aiuti a contrastare questo declino della democrazia. Con fiducia e stima (e qui naturalmente ci vuole la firma).

 

Io l'ho già fatto oggi pomeriggio, ma se siamo solo in due a mandarla (io e Deo) non servirà a niente; ma se invece siamo qualche migliaio allora qualche speranziella c'è.

 

E il momento del solito grido di battaglia (non ve lo sarete mica dimenticati vero?):

POSSONO DIRE O DISDIRE, FARE O DISFARE, ROMPERE O CORROMPERE MA LA PAROLA D'ORDINE E' SEMPRE LA STESSA: ORA E SEMPRE RESISTENZA!!!

Ciao

 

PS. vi chiederete da dove ho preso tutte queste notiziole. Beh, da quel pericolosissimo giornale comunista che si chiama "Il Sole 24 Ore", quotidiano di Confindustria, che per esigenze professionali leggo tutti i santi giorni E' strano il mondo no?

 

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