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Fecondazione assistita di Maurizio Mori
6.12.2003

Una legge molto controversa. Il parlamento inizia la votazione sul progetto di legge sulla fecondazione assistita.
Le opinioni di Maurizio Mori

Oggi (3 dicembre 2003) è un giorno storico per l’Italia. È uno di quei giorni in cui prendono forma le grandi scelte legislative che possono plasmare la vita sociale e la cultura di un paese. È il giorno in cui inizia la votazione sul progetto di legge circa la fecondazione assistita (mi rifiuto di parlare di “procreazone” perché tale termine – pur essendo usato spesso – ha una valenza squisitamente teologica che fuorivia il discorso). Dopo anni di controversie sul piano culturale e di iter legislativi iniziati nel 1997, il Senato comincia a votare in materia, e non sembrano possibili scappatoie: o l’aula approva il testo che è stato “blindato” in Commissione, o introduce un qualche emendamento significativo equivalente ad una bocciatura. Infatti, se il testo dovesse tornare alla Camera la sua approvazione nella legislatura diventerà molto difficile, forse impossibile.
Se il testo fosse approvato, avremo la “legge cattolica” sulla procreazione assistita. Alcuni non vogliono sentir parlare di “legge cattolica”, affermando che essa difende i diritti dell’embrione ed il benessere del nascituro, valori che dovrebbero essere condivisi da tutti – laici inclusi. In realtà, come è noto, sulla questione dell’embrione c’è un’annosa controversia e i laici non credono affatto che l’embrione sia “uno di noi”, né credono che il modo migliore di tutelare il benessere dei figli sia porre divieti di legge, invece che fare appello alla responsabilità delle persone. Ma non è questa la sede per discutere su questi temi: quella in esame è e resta la “legge cattolica” perché fortemente voluta dai cattolici. Persino il papa è sceso in campo a richiederne la rapida approvazione. Di fronte a questo appello esplicito, le altre sottili distinzioni sono sofismi che non convincono più nessuno.
Rattrista non poco vedere l’unanimismo mostrato dai fedeli: non c’è stato alcun dissenso né voce discordante. A volte, a tavola o in conversazioni private, alcuni autorevoli esponenti mi hanno manifestato il loro disaccordo personale con le posizioni ufficiali, mostrando di avere una visione più aperta e duttile. Ho detto loro: “perché non prendi il telefono, chiami un grande quotidiano e rilasci una pubblica dichiarazione. Vedrai che la tua voce non cadrà nel vuoto”. Ma nessuno l’ha fatto. L’iniziale approvazione di una visione più duttile si trasforma in una cocente delusione, perché è triste vedere quanto limitata sia la libertà di pensiero e di espressione. Questa situazione vale non solo sul piano intellettuale ed accademico, ma anche su quello politico: vasti pensare alle dichiarazione di voto di formazioni politiche della Sinistra!
Se la “legge cattolica” fosse approvata, per l’Italia sarà una catastrofe. Le leggi sono come le grandi vie di comunicazione che servono per consentire la coordinazione sociale nel rispetto delle libertà fondamentali. Come non fare una strada in un dato posto può isolare una comunità impedendone lo sviluppo, così non fare una legge o fare una legge sbagliata può impoverire la vita delle persone, che si vedono private di opportunità. Come per fare una strada bisogna prevedere i futuri “flussi di traffico”, così per fare una buona legge bisogna prevedere quali sono le esigenze delle persone e cercare di regolare i corrispondenti comportamenti.
La “legge cattolica”, invece, tende solo a creare ingorghi e intoppi: le norme previste sono contraddittorie e in generale poco applicabili. Come è stato varie volte ribadito, porterà alla clandestinità o al cosiddetto “turismo procreatico”. Lo scopo della legge non è regolare i comportamenti delle persone, ma è tracciare in modo aprioristico una “linea del Piave”, una “barriera intransitabile”, issando una bandiera.
Il problema grave è che si tratta della bandiera sbagliata, perché le tecnologie riproduttive non sono in sé cattive, socialmente dannose o “contro l’uomo”. Solo obsoleti pregiudizi possono far credere questo. La fecondazione assistita allarga la capacità riproduttiva e con essa la libertà delle persone. Ma avere figli è cosa buona, e la libertà riproduttiva è un diritto civile fondamentale. La “legge cattolica” è tutta tesa a porre vincoli e divieti, un fatto che mostra come i cattolici non abbiano colto l’aspetto nuovo e positivo apportato dalla tecnologia. Ancora una volta hanno perso il treno della storia. Peccato.
L’approvazione della “legge cattolica” sarebbe un disastro non solo perché la normativa impoverirebbe la vita sociale del paese, che subirebbe un’ulteriore battuta d’arresto (dopo quella che ha bocciato alla Camera il cosiddetto “divorzio breve”), ma anche per i cattolici stessi. Infatti, la legge pretende di tutelare l’embrione, ma permette pur sempre la fecondazione omologa. Come osservato Carlo Famigni (in un articolo in uscita su Bioetica. Rivista interdisciplinare, 2003, n. 4) così facendo i cattolici rinnegano il principio di inscindibilità del significato unitivo e procreativo dell’atto coniugale. Mentre al tempo del divorzio hanno preferito perdere la battaglia politica e difendere il valore morale dell’indissolubilità del matrimonio, adesso preferiscono portare a casa la “legge cattolica” ed abbandonare il principio d’inscindibilità. Di fatto a gran voce chiedono una legge che permette la fecondazione assistita, cioè una pratica che prevede “metodiche artificiali di per sé moralmente inaccettabili” – come le ha definite il papa. Il passo compiuto è gravissimo: forse che l’indissolubilità è più importante dell’inscindibilità? Forse anche al riguardo dovremo aspettare la prossima generazione per impostare correttamente il discorso.
Infine, la “legge cattolica” sarebbe un disastro perché porterebbe ad un isolamento dell’Italia dal resto d’Europa. Il 19 novembre il Parlamento dell’Unione Europea ha approvato l’accesso ai fondi del VI Programma quadro, ed il 3 dicembre il Consiglio dell’Unione Europea avrebbe dovuto decidere come risolvere la questione. Grazie all’azione del Presidente italiano, il ministro Letizia Moratti, la riunione non ha portato ad alcun risultato, per cui i finanziamenti saranno decisi caso per caso, dopo la valutazione dei singoli protocolli. Poiché nel primo semestre 2004 la Presidenza è irlandese ed è nota la cattolicità degli irlandesi, c’è da attendersi che la decisione del Parlamento Europeo debba aspettare ancora qualche tempo prima di diventare prassi accolta.
La vicenda meriterebbe un libro apposito dedicato a illustrare le incredibili traversie di un progetto d ricerca scientifica. Ma quando la decisione passerà, nei paesi in cui ciò è legalmente stabilito, si potrà sperimentare sulle cellule staminali embrionali e cercare nuove terapie, mentre in Italia non si potrà fare nulla. Ancora una volta il nostro paese resterà al palo. A me pare che questo sia gravissimo: anche di questo dobbiamo ringraziare in primo luogo i cattolici.
Ho cominciato dicendo che oggi (3 dicembre) è un giorno storico. Speriamo non sia da annoverare tra i giorni bui e negativi.


* Maurizio Mori è' coordinatore della sezione Bioetica del Centro studi Politeia di Milano, socio fondatore e segretario della Consulta di Bioetica di Milano e fondatore e direttore della rivista "Bioetica". Membro del direttivo della International association of bioethics, insegna Bioetica all'Università di Torino. Risiede a Cremona.

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